Kim Ki-Duk è morto oggi, 11 dicembre 2020, in Lettonia, all’età di 59 anni, per complicanze legate al Covid. Non pare che il regista avesse condizioni pregresse. Secondo quanto racconta il quotidiano lettone Delfi, il registra ha infatti trovato la morte in un ospedale in Lettonia. Ki-Duk si trovava nella Repubblica Baltica dal 20 novembre per ottenere dei finanziamenti il suo prossimo film, che sarebbe stato il ventiquattresimo. Il soggiorno in Lettonia sarebbe dovuto durare qualche mese, ragione per cui il regista stava per acquistare una casa a Jurmala e richiedere un permesso di soggiorno. Ma il direttore dell’Art Doc Fest di Riga, Vitalijs Manskis, ha detto che Kim non si era presentato all’incontro, non lasciando traccia. Tant’è che i suoi colleghi avevano iniziato a cercarlo negli ospedali. Fino alla notizia diffusa dal giornale lettone. La morte del regista è stata confermata anche dalla sua interprete, Daria Krutova.
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Il cinema e le controversie
Il sudcoreano Kim Ki-duk è stato regista, sceneggiatore, montatore, direttore della fotografia molto attivo, ma anche un autore estremamente divisivo, tanto che, nonostante le partecipazioni continue ai più prestigiosi festival mondiali, è stato sempre tenuto a debita distanza dall’establishment dell’industria coreana del cinema. Per questo, da un lato Ki-Duk non disponeva mai di budget importanti, ma dall’altro non aveva diktat da rispettare. Tra le controversie che circondarono la figura di Kim Ki-Duk, lo scandalo per l’accusa di molestie sessuali da parte di un’attrice, nel contesto del movimento #MeToo. Nonostante il caso fosse stato archiviato per mancanza di prove, la condanna dell’opinione pubblica coreana e la conseguente fine della carriera arrivò con l’accusa di altre tre attrici.
I film di Kim Ki-Duk
La popolarità in Occidente delle sue pellicole arrivò nel 2000, con “L’isola”, premiato al Festival di Venezia. “L’isola”, come tante pellicole sudcoreane, è una rappresentazione cruda e iperrealista che racconta una realtà umana insolita. Il film del 2000 racconta la storia carnale di un uomo e una donna in un’ambientazione particolarmente evocativa, un nebbioso e piccolo villaggio di pescatori. I dettagli simbolici e carnali portati fino all’estremo esprimono il cinema dirompente e incisivo di Ki-Duk, che condivide alcune caratteristiche con la creazione di Bong Joon-Ho vincitore dell’Oscar 2020 per “Parasite”.
Kim Ki-Duk tornò nel 2001 con “Address Unknown”, un flm legato all’occupazione statunitense nel Paese natale del regista. Il tema della guerra in Corea del Sud torna anche in “The Coast Guard”, del 2002, e in “Geumul”, del 2016, distribuito in Italia con il nome “Il prigioniero coreano”. E’ del 2003 “Primavera, estate, autunno, inverno e ancora…primavera”. Nel 2004 esce un altro capolavoro, “Ferro 3”, film che finirà al Concorso del festival di Venezia. “Pietà”, pellicola che si è aggiudicata il Leone d’Oro a Venezia, è del 2012. Lo stesso tema di questa pellicola, ovvero una tensione tra amore, dolore e violenza, torna in “La samaritana”, “L’arco” e “Moebius”. >> Tutte le news