È ormai tramontata l’ipotesi di un Mattarella bis, che avrebbe fatto “comodo” ai partiti. Secondo quanto riportato da «Affari Italiani» “Mario Draghi continua ad avere la golden share della partita del Colle e se il suo auspicio di diventare presidente della Repubblica diventasse una candidatura ufficiale i leader dei partiti di governo non potrebbero far altro che assecondare questa richiesta del premier”. Ma sul cammino dell’ex numero uno della Bce ci sarebbero non pochi ostacoli, due insormontabili: il pericolo dei franchi tiratori e il fatto che non ci sia nessun altro in grado di tenere unita una maggioranza così variegata. È un dato di fatto, l’ha ribadito anche il leader di Italia Viva Renzi, ieri ospite al programma di La7 “In Onda”: “Il valore aggiunto di questo governo è Draghi, non è possibile un governo Draghi senza Draghi”. Nel caso in cui il premier vedesse tramontare il suo sogno, avrebbe già in serbo un piano B: per garantire al suo esecutivo massima agibilità politica il banchiere avrebbe pensato di “scommettere” tutto su una persona.
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Draghi sogna il Quirinale, ma resta con i piedi per terra: pronto già un piano B
Il sogno di Mario Draghi di chiudere la sua carriera in bellezza al Quirinale, andando a coprire la più alta carica dello stato, trova sulla sua strada due impedimenti. Il primo scoglio è quello dei franchi tiratori, sparsi qua e là in seno ai vari partiti, che nel timore di un ritorno anticipato alle urne e conseguente perdita dello stipendio, potrebbero non appoggiare la candidatura dell’economista al Colle. L’ipotesi di un governo gemello nel caso di Draghi presidente della Repubblica non è nemmeno così rassicurante. Difficile credere che un tecnico, come la ministra Cartabia o il ministro Franco, possa tenere in piedi il peso di una maggioranza già sfilacciata. Che ci sia oggi poca stabilità è apparso chiaro all’ultimo consiglio dei ministri, in cui lo stesso Draghi ha dovuto indossare i panni scomodi di mediatore. Per questo come scrive Alberto Maggi “SuperMario ha la golden share ma il suo nome rischia davvero di portare al voto in primavera”. E Draghi avrebbe messo a punto in queste ore un piano di riserva. Secondo le fonti citate, se l’attuale presidente del Consiglio non riuscisse a traslocare al Quirinale spenderebbe la sua influenza sui partiti della maggioranza per sponsorizzare la candidatura di Giuliano Amato.
Riuscirebbe il suo candidato sul serio a spuntarla?
“SuperMario, dicono in Parlamento, considera l’ex presidente del Consiglio (due volte) ed ex ministro del Tesoro (due volte) una sorta di maestro su come muoversi e vivere nelle istituzioni, una figura sia politica sia tecnica che gode di piena e totale fiducia e stima da parte dell’ex numero uno della Banca Centrale Europea”, scrive Maggi su «Affari Italiani». Ma riuscirebbe sul serio a spuntarla Amato? Verrebbe certamente votato (almeno ufficialmente) da Pd, Forza Italia, renziani e centristi vari e (seppur senza troppo entusiasmo) dal Movimento 5 Stelle. Senza dubbio potrebbe trovare il no della Lega per il prelievo forzoso del 1992, che rende Amato poco popolare tra l’altro. Scontato anche il no di Fratelli d’Italia. Con Amato al Quirinale, Draghi potrebbe restare a Palazzo Chigi fino al 2023. Almeno sulla carta. Comunque nelle stanze dei bottoni. Leggi anche l’articolo —> Prova di nervi per Mario Draghi, strigliata ai partiti: cosa è successo all’ultimo Cdm