Quinta ondata Covid in Italia, sta accadendo davvero? Non ne è affatto convinto Massimo Clementi, direttore del Laboratorio di microbiologia e virologia dell’università “Vita-Salute San Raffaele” di Milano, che ha spiegato le sue ragioni in una lunga intervista all’Adnkronos Salute. (Continua a leggere dopo la foto)
Quinta ondata Covid in Italia, Clementi: “E’ la prima ondata di un altro virus, potrebbe diventare un’infezione stagionale”
“E’ vero, i casi salgono. Ma non si può parlare di quinta ondata di Covid-19, a mio avviso. C’è chi, come l’infettivologo Matteo Bassetti, l’ha definita prima ondata di un altro virus. E ritengo che sia quello che sta succedendo: il virus è cambiato, togliamoci dalla testa il vecchio Sars-Cov-2 in questa fase. E’ un virus che nella sua evoluzione ha modificato non soltanto le caratteristiche genetiche, ma anche quelle fenotipiche: dà cioè un’infezione diversa. E, se continua così, auspicabilmente potrebbe diventare un’infezione stagionale delle vie aeree superiori”.
E’ l’analisi di Massimo Clementi, direttore del Laboratorio di microbiologia e virologia dell’università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Alla luce di questo, spiega all’Adnkronos Salute, “il percorso di riaperture va portato avanti così come è stato annunciato. A fine marzo o ai primi di aprile penso che i casi dopo essere aumentati torneranno a decrescere. Non vorrei essere smentito, però penso che ci avvieremo verso una situazione più tranquilla. Poi sarà tutto da riverificare a settembre-ottobre, ma con una situazione che forse si è stabilizzata”.
Quindi avanti verso il ‘freedom day’, è la visione di Clementi. Che concorda anche con il collega Andrea Crisanti quando dice che con questo livello di trasmissione indugiare sulle restrizioni non serve a nulla. “E’ un po’ che dico che dobbiamo farlo circolare questo virus, adesso che dà queste infezioni leggere” nei vaccinati “perché facendolo circolare stiamo immunizzando delle persone. Certo i fragili vanno protetti e concordo anche su questo punto”.
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Secondo Clementi “Omicron 2 ha una contagiosità superiore ma non è molto diversa dalla precedente”, quindi si auspica un basso tasso di ricoveri
“Omicron 2 ha una contagiosità superiore a quella di altri coronavirus e rispetto alle altre varianti di Sars-CoV-2. Certamente però non ha le caratteristiche del morbillo: non ha la capacità che ha il morbillo di indurre una risposta immunitaria molto potente, né di abbassare le difese immunitarie. Ci sono delle caratteristiche biologiche molto diverse rispetto ad altri virus. Però la sottovariante di Omicron BA.2 è certamente un virus molto diffusivo e che replica molto nelle prime vie aeree, in una parte del nostro corpo che è più a contatto con l’esterno”, spiega.
Oggi vediamo “prevalentemente correre il contagio fra i giovani, con una sintomatologia assente o modesta e una progressiva riduzione delle ospedalizzazioni. Omicron 2 – analizza l’esperto – è ancora più trasmissibile rispetto a Omicron 1. C’è chi stima di un 30% in più o anche di un dato maggiore ma sono conteggi difficili da fare. Quello che è più semplice e corretto valutare è l’andamento nella popolazione infettata, cioè quanto il nuovo virus è in grado di sostituirsi al precedente. Questo è quello che conta alla fine”.
“In passato abbiamo avuto varianti come quella identificata per la prima volta in Brasile”, la Gamma, “che hanno preoccupato tantissimo. Succedeva mentre in Gb correva l’Alfa. Si era temuto che Gamma corresse”, perché sulla carta sembrava averne le capacità, “ma a parte alcuni casi, pochi in Italia e un po’ di più in Sudamerica e in altre parti del mondo, non è stata una variante di successo. Per Omicron 2 è diverso: la variante sostituirà la 1, ma la linea evolutiva, e questo è importante, è sempre quella di Omicron e finché rimane una variante in questo ambito evolutivo va guardata con attenzione ma ci fa confidare che il virus non sia sostanzialmente cambiato molto”, rispetto a Omicron 1.