Una vera e propria truffa: approvati farmaci oncologici di fatto inutili. I meccanismi di approvazione dei farmaci seguono percorsi che noi immaginavamo rigorosi e accurati, dunque stupisce, e preoccupa molto, quanto riportato dalla massima rivista scientifica internazionale, il British medical journal, ovvero che addirittura il 41%, quasi uno su due, dei farmaci antitumorali approvati dall’EMA (European medicine agency) tra il 1995 e il 2020 era pressoché inutile, non comportava benefici, se non per il cartello farmaceutico. Entriamo nel dettaglio dell’allarmante ricerca.
La maggior parte dei farmaci è entrata nel mercato senza prove di benefici circa la sopravvivenza del paziente oncologico o la qualità della vita: ad un minimo di tre anni e tre mesi dall’ingresso sul mercato, secondo lo studio, non vi erano ancora prove evidenti che tali farmaci prolungassero o migliorassero la vita. (Continua a leggere dopo la foto)
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Approvazioni concesse senza il giusto rigore
I ricercatori olandesi dell’Università di Utrecht, inoltre, hanno confutato le tipiche affermazioni di Big Pharma secondo cui i prezzi dei farmaci sono elevati per compensare i costi della ricerca e dello sviluppo (R&S), lo studio mostra che più della metà di questi farmaci, compresi quelli con beneficio minimo o nullo, recuperano i costi della R&S entro tre anni. E sappiamo che, invece, i farmaci oncologici sono tra i più costosi in assoluto, al punto che numerosissimi pazienti non riescono neppure ad accedere a cure adeguate. Al netto di tutto ciò, si prevede che le spese globali per i farmaci oncologici passeranno dai 167 miliardi di dollari nel 2020 a 269 miliardi di dollari nel 2025. Alcuni effetti terapeutici “potrebbero essere stati esagerati”, afferma lo studio olandese. Un discorso valido, ad esempio, per alcuni farmaci citati nello studio degli scienziati olandesi: bevacizumab studiato per glioblastoma, cancro metastatico al seno e cancro ovarico avanzato; axitinib per il carcinoma a cellule renali avanzate; everolimus per il cancro metastatico al seno e atezolizumab per il cancro uroteliale. (Continua a leggere dopo la foto)
Costi e benefici
Delle 458 valutazioni di beneficio aggiunto, 103 (23%) sono state classificate come beneficio aggiunto minore e 189 (41%) come beneficio aggiunto negativo o non quantificabile (specie quelli approvati con autorizzazione condizionata o in circostanze eccezionali). Medici e pazienti non dovrebbero dare per scontato che solo perché un farmaco è nuovo, è per questo motivo efficace. Secondo gli esperti andrebbero riconsiderati regolamentazione e meccanismi di rimborso dei farmaci. “Durante la sperimentazione la loro efficacia è stata solo dedotta sulla base di parametri indiretti – è scritto nello studio dei ricercatori olandesi – come ad esempio la massa tumorale o il livello di un certo marcatore nel sangue, piuttosto che sulla verifica dell’obiettivo principale”. (Continua a leggere dopo la foto)
Un business molto redditizio
Larga parte dei farmaci analizzati, pertanto, risultano essere dei “me too”. Ovvero: principi attivi con una struttura e un’efficacia molto simili a quelle rilevabili in prodotti già in commercio, che spesso promettono il raggiungimento del medesimo obiettivo di cura in un tempo ridotto. “I nostri risultati – sostengono i ricercatori – evidenziano la necessità di migliorare la progettazione, la conduzione, l’analisi e la rendicontazione degli studi sul cancro. Le agenzie regolatori e i loro requisiti di evidenza definiscono le caratteristiche di progettazione degli studi fondamentali. I farmaci antitumorali sono un grande business, e abbiamo già scritto di come, ora che il Covid è cessato, paiono essere la nuova frontiera per Big Pharma. Recentemente, con le acquisizioni miliardarie di Seagen e di Trillium, aziende biotecnologiche, il gruppo americano Pfizer ha messo le mani su due molecole per il trattamento dei tumori del sangue. Una tecnologia innovativa sulla quale i concorrenti Gilead e AbbVie sono già presenti.