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Bucha, il racconto del becchino delle fosse comuni: “Tracce di maltrattamenti e torture”

09/04/2022 10:50 - Aggiornamento 09/04/2022 10:54

Lorenzo Cremonesi inviato del «Corriere della Sera» ha raccolto la dolorosa testimonianza di Sergey Matuk, che è stato costretto dai russi a raccogliere i cadaveri lasciati in strada. È lui il becchino delle fosse comuni di Bucha, uno dei luoghi simbolo della ferocia delle milizie di Putin.«Uno dei primi giorni di marzo gli ufficiali russi sono venuti a dirmi che in quanto responsabile del cimitero comunale avevo il dovere di recuperare i cadaveri per la strada e metterli qui nella fossa comune scavata dai bulldozer nel parco dietro la chiesa di Sant’Andrea», ha raccontato, soppesando le parole. Quanti deceduti in tutto? «Circa 300, e di questi quasi 240 sono sepolti nella fossa comune per il fatto che attorno si combatteva e non potevamo avere accesso ai cimiteri. La maggioranza erano uomini, uccisi da proiettili sparati dai soldati russi da distanza ravvicinata».

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Bucha, il racconto del becchino delle fosse comuni: «Tracce di maltrattamenti e torture»

«I russi non volevano che la popolazione si occupasse dei morti. Sparavano a chiunque uscisse di casa. Però i corpi andavano raccolti, iniziavano a decomporsi e stavano diventando preda dei cani abbandonati per la strada, cresceva il rischio della diffusione di malattie. Mi hanno detto che dovevo lavorare da solo, ma ho preso due miei aiutanti, ci siamo muniti di guanti di gomma e mascherine e abbiamo iniziato a pattugliare la città», ha raccontato Sergey Matuk al «Corriere della Sera».

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«La città era deserta, i russi impedivano non solo di uscire ma anche di aiutare»

«La città deserta, i russi impedivano non solo di uscire, ma anche di aiutare. Non si poteva soccorrere i feriti, vietato recuperare i cadaveri, fare funerali, o anche cercare di salvare la gente da sotto le macerie», ha aggiunto. Sotto la pioggia insistente l’inviato ha visto che ad un certo punto hanno tirato fuori dalla fossa una donna. «Tra queste prime quaranta salme credo vi siano tre donne. I russi non facevano grandi differenze, chiunque uscisse di casa diventava ai loro occhi un obbiettivo legittimo». Dettagli raccapriccianti: «Su alcuni c’erano evidenti tracce di maltrattamenti e torture, tanti sono stati colpiti da proiettili alla testa, una ventina ho scoperto che avevano le mani legate dietro la schiena. Voglio essere preciso: soltanto tre su trecento sono soldati ucraini morti combattendo», ha rimarcato il becchino delle fosse comuni di Bucha. Leggi anche l’articolo —> Strage di Bucha non è un fake, complottisti non demordono: “I morti si muovono” [VIDEO]

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