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«Coronavirus arma biologica sfuggita in laboratorio», la Cina replica alle teorie del complotto

21/02/2020 10:46 - Aggiornamento 21/02/2020 10:59

Emergenza sanitaria globale, la paura del contagio, unita ad un pizzico di razzismo, e la tuttologia dilagante sui social messe insieme non possono che produrre una bomba di disinformazione spaventosa. A pagarne lo scotto la Cina, che ha dovuto rispondere a delle accuse choc secondo cui il Coronavirus sarebbe nato in un laboratorio di Wuhan«Coronavirus arma biologica sfuggita da un laboratorio», questa la teoria del complotto, lanciata sulla provenienza del COVID-19. Fino ad oggi 75.775 contagi, di cui 2.130 morti. 2.029 solo nella provincia dell’Hubei. Secondo un portavoce del Ministero degli Esteri cinese alla base di queste assurde ipotesi ci sarebbero «cattive intenzioni» o «assurda ignoranza».

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«Coronavirus arma biologica sfuggita in laboratorio», la Cina replica alle teorie del complotto

Stando ad alcuni media il virus di Covid-19 potrebbe avere a che fare con il programma di guerra biologica cinese, anzi sarebbe proprio un’arma biologica sfuggita da un laboratorio. Le ripetute smentite non hanno impedito il diffondersi di tali teorie. A tal proposito Il Manifesto cita alcuni esempi, come quello del TGCom24, che in un articolo ha definito il coronavirus un’«arma batteriologica», citando una fonte «attendibilissima», che in realtà è il Washington Times – da non confondere con il noto Washington Post – in cui si dà per assodata l’origine «militare» del virus sulla base di pure congetture.

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Un’altra teoria che ha fatto sfaceli sui social è quella che sostiene che il coronavirus sia stato creato da un istituto di ricerca inglese, il Pirbright Institute, che produce vaccini. La prova «inconfutabile» sarebbe un brevetto di vaccino per il coronavirus, depositato nel lontano 2015. In realtà questo stesso brevetto, ritirato fuori e commercializzato al momento opportuno (cioè ora), come spiega sempre Il Manifesto, non parla affatto del Coronavirus 2019-nCoV. Esso riguarda «lo sviluppo di una forma indebolita del coronavirus che potrebbe essere potenzialmente utilizzata come vaccino per prevenire le malattie respiratorie negli uccelli e in altri animali». Il Pirbright Institute, infatti, si occupa di malattie infettive che colpiscono il bestiame.

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«Non ci sono prove che il virus responsabile di Covid-19 sia frutto della fabbricazione di armi biologiche»

Ad ogni modo Geng Shuang, il vicedirettore del dipartimento di informazione del ministero degli Esteri della Repubblica popolare cinese, ha voluto replicare a tutte queste accuse. Obiettivo smentire la tesi di una guerra batteriologica e del coronavirus come un’arma sfuggita da un laboratorio di Wuhan«Speriamo che la comunità internazionale, mentre lavora insieme per combattere il virus, continuerà farlo contro le teorie del complotto e altri ‘virus politici’», ha detto il portavoce in una conferenza stampa online. Geng ha fatto presente che il capo dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha ripetutamente affermato che non ci sono prove che il virus responsabile di Covid-19 sia frutto della fabbricazione di armi biologiche.

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«Dobbiamo cercare il trionfo della scienza sull’ignoranza»

Come riporta Leggo Geng Shuang ha ricordato che anche ‘The Lancet’ ha pubblicato una dichiarazione congiunta firmata da 27 tra i principali scienziati mondiali nel campo della sanità pubblica a sostegno della ricerca cinese. «Voglio sottolineare che, di fronte a un’epidemia, ciò di cui abbiamo bisogno sono scienza, ragione e cooperazione. Dobbiamo cercare il trionfo della scienza sull’ignoranza, dissipare le voci con la verità e sostituire i pregiudizi con la cooperazione», ha detto il portavoce. Questi ha evidenziato poi che il popolo cinese sta combattendo una battaglia contro Covid-19 non solo per sé, ma soprattutto per la salute pubblica globale.

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L’analisi genetica dimostrerebbe, secondo gli esperti, che questo coronavirus ha avuto origine nella fauna selvatica. Le teorie del complotto, al contrario, sono prive di riscontri scientifici. Un discorso quello di Geng Shuang che arriva dopo che Pechino ha revocato le credenziali a tre giornalisti del Wall Street Journal come ritorsione per un titolo “razzista” e un testo diffamatorio sugli sforzi cinesi nella lotta al coronavirus. Il portavoce del Ministero degli Esteri ha dichiarato che non si tratta di una questione legata alla libertà di parola: a detta di questi sarebbero stati violati fatti oggettivi, oltre che l’etica professionale, che dovrebbe contraddistinguere un giornalista.

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