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Coronavirus Italia boom di casi: «Gestione schizofrenica. Non è di certo successo perché la gente va al parco»

21/03/2020 15:07 - Aggiornamento 21/03/2020 15:15

Coronavirus Italia boom di casi. Quello che forse non tutti capiscono è l’eccezionalità di un evento, come quello dell’epidemia di Covid-19 nel nostro paese. Un situazione inaspettata. Senza dubbio sottovalutata in principio. Un dramma che porta con sé una serie di problematiche contraddizioni: da un lato il limitare la libertà individuale del cittadino, dall’altro il consentire che fabbriche, supermercati e aziende restino aperte. Da questo conflitto, che sembra esprimere due posizioni diverse, antitetiche addirittura, del governo, deriverebbe la ‘schizofrenia’ di chi non vuole proprio rinunciare alla corsetta al parco, ora vietata; all’assembramento in strada e alla stretta di mano, proibiti da oltre dieci giorni. Come a dire “Non mi permetti di uscire, ma lasci che un operaio vada a lavorare”. Discorso che lascia sottintendere che il denaro, l’economia tout court, conti più della vita stessa. Di tutto questo ha parlato Valerio De Stefano, Research Professor of Labour Law all’università di Lovanio, all’AGI. Un’intervista curata da Maria teresa Santaguida da leggere.

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Coronavirus Italia boom di casi: «Gestione schizofrenica. Non è di certo successo perché la gente va al parco»

«La gestione politica ha lasciato alle imprese in modo unilaterale la possibilità di decidere di rimanere aperte», ha dichiarato Valerio De Stefano. Un diritto che «stride con una compressione delle libertà dei cittadini senza precedenti in nessuna democrazia e forse nemmeno nei regimi autoritari: si sta sostanzialmente mettendo un’intera popolazione agli arresti domiciliari e allo stesso tempo costringendone una fetta ad andare a lavorare». Uno sbilanciamento di diritti egualmente garantiti dalla Costituzione senza precedenti forse: «Da un lato quelli alla libertà e alla salute, dall’altro quello al lavoro: in questa situazione di emergenza i primi due sono più importanti e non si può protendere verso il secondo!», ha spiegato nel corso dell’intervista il docente.

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Il giuslavorista Valerio De Stefano: «Commissariato un intero Paese pensando alla gestione della crisi economica…»

Valerio De Stefano punta il dito contro lo Stato, che avrebbe «commissariato un intero Paese pensando alla gestione della crisi economica, mentre siamo ancora nel pieno di quella sanitaria». Ancora una volta il denaro davanti a tutto? Ed è un po’ la soluzione che auspicano tutti quanti quella di «mettere in lockdown tutte le attività, mantenendo aperte soltanto quelle essenziali o la cui produzione non può essere fermata, come per esempio gli altiforni», quella del giuslavorista. Deleteria sarebbe l’ipotesi di bloccare i soli trasporti, una decisione che metterebbe in difficoltà le persone che debbono andare a lavorare. Il professor Valerio De Stefano ha detto la sua anche sugli ‘incoscienti’ che continuano ad uscire nonostante i divieti del decreto firmato dal premier Conte: «Questi rispondono all’esigenza di cercare capri espiatori in una situazione già gravissima: si impone alle persone di non uscire, anche se rispettano la social distancing, si espongono i runners al ‘social shaming’, mentre una buona fetta di persone è costretta ad uscire per andare a lavorare». 

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Coronavirus Italia: «Dovremmo chiederci perché il contagio abbia corso così veloce in quelle regioni dove il tessuto produttivo non si è fermato»

Sul finale il docente ha fatto una riflessione di carattere geografico. Come tutti sappiamo il Covid-19 ha colpito più duro in Lombardia, nello specifico nelle province di Bergamo e Brescia, dove si concentra gran parte della produzione con almeno mezzo milione di lavoratori attivi. Stando ai dati forniti dagli stessi industriali il 73% delle imprese è rimasto aperto e sono i sindaci ora ad implorarne la chiusura. «Dovremmo chiederci perché il contagio abbia corso così veloce in quelle regioni dove il tessuto produttivo non si è fermato. Non è di certo successo perché le persone vanno al parco», ha affermato il giuslavorista, che trova anche approssimativo il modo con cui vengono diffusi i dati: «Dovremmo ricevere ogni giorno, oltre al conteggio di contagiati e morti, anche i numeri su quale sia la percentuale delle imprese che hanno chiuso, altrimenti non abbiamo modo di capire che cosa stia davvero succedendo». 

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