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Coronavirus, in Italia grazie alle misure restrittive evitati 38mila morti

31/03/2020 16:38 - Aggiornamento 31/03/2020 16:47

Coronavirus Italia. L’Imperial College London, una delle più prestigiose università pubbliche del Regno Unito, ha pubblicato un rapporto sul Covid-19, in cui è stata fatta una stima del numero di infezioni e dell’impatto degli interventi non farmaceutici sul Coronavirus in 11 paesi europei. Nello specifico è stato messo sotto la lente di ingrandimento come le limitazioni imposte dai vari governi abbiano contribuito ad evitare un’ecatombe, pari a 120mila morti. Uno studio scientifico, rilanciato anche da ‘Il Post’, che dimostra quindi come le misure di distanziamento sociale abbiano evitato il collasso stesso del sistema sanitario

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Coronavirus Italia: grazie alle misure restrittive evitati 38mila morti

L’interessante ricerca è l’esito di una fruttuosa collaborazione tra il Dipartimento di Epidemiologia delle malattie infettive, quello di Matematica e Statistica dell’Imperial College London, con il Centro di collaborazione OMS per la modellistica delle malattie infettive, il Centro MRC per l’analisi globale di queste ultime e l’Abdul Latif Jameel Institute for Disease and Emergency Analytics. A livello periodico saranno prodotti altri rapporti, che potranno essere d’aiuto alle Nazioni per capire l’efficacia dei provvedimenti adottati per fronteggiare l’emergenza Covid-19. L’analisi ha interessato 11 paesi europei: Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Italia, Norvegia, Spagna, Svezia, Svizzera e Regno Unito. Grazie alle misure restrittive, si stima, siano state evitate tra le 21mila e le 120mila morti al 31 marzo 2020

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Dopo la Cina l’Europa

Il nuovo coronavirus (SARS-CoV-2) si è diffuso in poco tempo al di fuori della Cina, mettendo a dura prova l’Europa. In risposta all’epidemia, molti paesi hanno implementato interventi non farmaceutici senza precedenti, tra cui l’isolamento dei casi, la chiusura di scuole e università, il divieto di raduni di massa come pure eventi pubblici e, più recentemente, blocchi locali e internazionali. Nel rapporto dell’Imperial College London si è fatto ricorso ad un “modello gerarchico Bayesiano semi-meccanicistico” per tentare di capire l’impatto di questi interventi restrittivi in 11 paesi del vecchio continente. Lo studio ha messo insieme i dati provenienti dalle varie nazioni, tentando di coordinare le rilevazioni sui nuovi casi di contagi, il totale dei positivi e i decessi per COVID-19.

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Coronavirus Italia, contagiata una persona su dieci

Il modello utilizzato nell’ultimo rapporto si è concentrato sul numero di riproduzione di base (R0), ossia il numero di persone che in media sono contagiate da una persona positiva. Più il numero è alto, più l’epidemia ha possibilità di diffondersi tra la popolazione; se scende invece al di sotto di 1 la malattia inizia a rallentare il suo corso. Gli studiosi hanno dichiarato che i cambiamenti in R0 siano un buon indicatore per valutare l’andamento delle misure restrittive, in tempi relativamente brevi. Dalle analisi statistiche appare chiaro che i paesi dove sono state adottate le limitazioni hanno ridotto R0 sensibilmente. I ricercatori hanno così scoperto che il rallentamento dell’incremento dei decessi giornalieri segnalati in Italia è coerente con un impatto significativo degli interventi realizzati diverse settimane prima. Da noi l’équipe ha stimato che il numero di riproduzioni effettive, RT, è sceso a quasi 1 nel periodo di blocco (11 marzo).

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Gli interventi in tutti gli 11 paesi europei avranno evitato 59.000 decessi fino al 31 marzo

Complessivamente gli studiosi hanno constatato che i paesi capaci di imporsi con misure restrittive sono stati riusciti a mettere un freno all’epidemia. Con gli attuali interventi si prevede che tutti gli 11 paesi europei avranno evitato 59.000 decessi fino al 31 marzo [intervallo credibile del 95% 21.000-120.000]. Ci saranno molti meno decessi sta tali misure saranno garantite fino a quando la trasmissione non scenderà a livelli bassi. Gli studiosi ritengono che, in tutti gli 11 paesi, il SARS-CoV-2 abbia infettato fino al 28 marzo tra 7 e 43 milioni di persone. Circa tra l’1,88% e l’11,43% della popolazione.

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Coronavirus Italia, «Fondamentale è che gli attuali interventi rimangano in atto»

In Italia sarebbe ormai stato contagiato il 9,8 per cento della popolazione, con un intervallo tra il 3,2 e il 26 per cento. Stando ai dati della Protezione Civile, i casi positivi rilevati finora sono 101.739 (lo 0,2 per cento della popolazione). In Spagna la situazione è più grave: contagiato il 15 per cento della popolazione, con un intervallo tra il 3,7 e il 41 per cento. Al momento, infatti, in Europa il tasso più alto dell’epidemia è in Spagna, seguita proprio dall’Italia; mentre il più basso è in Germania e Norvegia. «Fondamentale è che gli attuali interventi rimangano in atto e che le tendenze nei casi e nei decessi siano attentamente monitorate nei prossimi giorni e settimane per rassicurare che la trasmissione di SARS-Cov-2 sta rallentando», hanno spiegato gli stessi ricercatori.

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Spagna il paese più colpito dal Covid-19

Nell’ultima parte della disamina gli esperti hanno preso in considerazione il tasso di letalità del coronavirus. In Italia e in Spagna, dove l’epidemia è avanzata, grazie alle misure restrittive del governo, secondo lo studio, sono stati evitati rispettivamente 38.000 [13.000-84.000] e 16.000 [5.400-35.000] morti. E bisogna tenere conto che questi numeri stanno ad indicare solo i decessi che avrebbero dovuto aver luogo fino al 31 marzo. «Se dovessimo includere il decesso di individui attualmente infetti (che sarebbero avvenute ad aprile) le vittime scansate sarebbero sostanzialmente più alte». Queste le conclusioni degli esperti dell’Imperial College London. 

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