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Cosa sappiamo della variante inglese del virus

22/12/2020 10:51 - Aggiornamento 22/12/2020 12:15

L’apparizione di una variante inglese del Sars-CoV-2, annunciata in Regno Unito a metà dicembre, ha provocato una reazione di allarme. Tuttavia, la comunità scientifica invita a non lasciarsi prendere dal panico. Gli esperti infatti concordano nell’affermare che è poco probabile che la nuova variante inglese del Coronavirus resista ai vaccini studiati finora. Inoltre, numerosi esperti dicono che non c’è alcuna prova del fatto che questo nuovo virus, sebbene più contagioso, possa essere più letale. Come riporta Internazionale.it, tutti scoraggiano dal fare speculazioni: è inutile prevedere cosa potrebbe comportare la variazione del virus senza avere prima i dati necessari dai laboratori. Di seguito, ricapitoliamo cosa sappiamo finora della variante inglese.

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La variante inglese: cosa sappiamo?

La variazione identificata nel nuovo virus si chiama B.1.1.7, o anche VUI-202012/01 (che sta per “Variant Under Investigation”). La nuova variante, individuata nel Regno Unito alla fine di settembre, porta 17 mutazioni. Alcune di queste mutazioni influenzano il modo in cui il virus si aggancia, tramite la proteina spike, alle cellule umane. E’ possibile che i cambiamenti della proteina spike permettano alla variante B.1.1.7 di agganciarsi più facilmente alle cellule, rendendolo più contagioso. La stima tuttavia si basa su modelli al computer, e deve essere confermata dagli esperimenti di laboratorio. Alla luce dei dati disponibili finora, però, la variante non sembra far aumentare le forme gravi di Covid o la mortalità.

Ciò che può sembrare preoccupante, è il numero di variazioni: 17 sono tante per un virus. La sequenza genetica di un virus è in continua evoluzione, e già tantissime variazioni del Sars-CoV-2 sono state identificate. A luglio, ne erano già state registrate almeno 12mila. Finora, il virus ha accumulato mutazioni a una velocità di circa uno o due cambiamenti al mese. Comunque, molte delle mutazioni che emergono sono rare, e spesso i virus che ne sono portatori muoiono. Tuttavia in questo caso, è la velocità e la quantità di mutazioni accumulate da un singolo virus. Gli scienziati infatti non hanno mai visto un virus acquisire più di una dozzina di mutazioni nello stesso momento. L’accumulo, suppongono gli esperti, potrebbe essere avvenuto durante una lunga infezione di un singolo individuo, che ha dato tempo al Sars-CoV-2 di variare.

Quali sono le variazioni che preoccupano?

Le mutazioni che preoccupano di più sono due di quelle del gene codificante per la proteina spike. Queste sono N501Y e 69-79del. la prima, N501Y, ha dimostrato di facilitare il legame con la cellula d’ingresso. La seconda, 69-79del, causa la perdita di due amminoacidi della proteina spike, permettendo al virus di eludere più facilmente la risposta immunitaria nei pazienti immunodepressi. L’osservazione del virus, però, suggerisce anche variazioni potenzialmente in grado di indebolirlo. Per esempio, la variante porta anche una delezione (la perdita di un segmento di dna) in un altro gene virale, ORF8, che secondo studi precedenti potrebbe ridurre la capacità del virus di diffondersi.

Ancora è presto per dire se siano questi fattori a facilitare la circolazione del virus in determinate aree, perché mancano evidenze scientifiche. Spesso il fatto che una variante si diffonda di più di un’altra è puramente casuale. In ogni caso le note misure (distanziamento fisico e uso della mascherina) dovrebbero difendere dalle infezioni anche se la variante fosse davvero più contagiosa. Come anticipato, non c’è nessuna prova che il virus provochi una malattia più grave. Le mutazioni che rendono i virus più infettivi non li rendono necessariamente più pericolosi.

L’epidemiologo Massimo Ciccozzi, responsabile dell’unità di Statistica medica ed epidemiologia dell’Università Campus Bio-Medico di Roma, ha usato toni rassicuranti in un’intervista a IlSole24Ore, riportata da Agi.”Non dobbiamo avere paura delle mutazioni”, ha spiegato. “E’ attraverso le mutazioni che si favorisce l’adattamento del virus all’uomo. E questa che arriva dalla Gran Bretagna non è la prima”.

Variante inglese

I vaccini saranno efficaci?

Molti esperti sono positivi riguardo l’efficacia del vaccino. Secondo alcuni, ci vorranno anni, e non mesi, prima che il virus si evolva abbastanza da rendere impotenti i vaccini attuali. La notizia positiva è che due dei vaccini che si sono dimostrati più efficaci negli studi, quelli a Rna, possono essere facilmente modificati se il virus dovesse cambiare molto. Inoltre, se anche l’amministrazione dei vaccini potrebbe far aumentare la pressione selettiva del virus, che potrebbe far emergere varianti per eludere la risposta immunitaria, si tratta di processi molto lenti. Il virus dell’influenza, per esempio, ha bisogno dai 5 ai 7 anni per raccogliere mutazioni in modo da minare l’efficacia del vaccino. Anche per i comuni Coronavirus da raffreddore ci vogliono anni.

Federico Giorgi, genetista dell’Università di Bologna, ha spiegato a Ill Fatto Quotidiano che la nuova variante è la quarta attualmente più diffusa nella proteina spike. “Si sta studiando questa mutazione del SarsCov2 (la N501Y) da ottobre. Circolava già in Usa e Australia, oltre che nel Regno Unito”. Anche Federico Giorgi rassicura sull’efficacia del vaccino“La proteina spike è costituita da 1.250 mattoncini, gli amminoacidi” spiega, “e la mutazione N501Y rappresenta un solo mattoncino. In genere non basta a rendere inefficace un vaccino”. Anche il professor Massimo Galli del Sacco di Milano, in un’intervista al quotidiano Domani, dichiara: “Davanti alla mutazione del genoma di un virus nessuno può dire con certezza se i vaccini appena scoperti saranno utili oppure no, ma stavolta dico – con il beneficio del dubbio – che sono moderatamente ottimista”, e “ci sono buone possibilità che la profilassi in arrivo proteggerà anche dal ceppo inglese”.

Diffusione della nuova variante

La variante B.1.1.7 potrebbe già essere molto diffusa. All’inizio di dicembre è stata individuata nei Paesi Bassi, e negli scorsi giorni anche in Italia. Per precauzione, molti paesi, tra cui l’Italia, hanno sospeso i voli col Regno Unito. Tuttavia, il processo evolutivo che ha portato alla B.1.1.7 può avvenire anche altrove, in maniera indipendente. >> Tutte le news di UrbanPost