“Più che un abbraccio è un assedio, per impedire al premier di andare al Quirinale”. La faccenda è tutta qui. Come scrive Francesco Verderami su «Il Corriere della Sera» non si era mai vista una situazione simile prima d’ora: da Berlusconi a Conte, da Letta a Salvini, in questi giorni i leader dei partiti di maggioranza si sono stretti attorno a Mario Draghi per tenerlo bloccato alla guida del governo «fino al 2023». Come se non ci fosse un piano B (ed effettivamente è così): perché se l’economista passasse al Colle, chi si siederebbe a Palazzo Chigi? Le elezioni anticipate, fatta eccezione per Giorgia Meloni, non solleticano il palato a nessuno. Lo stesso Salvini, dopo l’ennesima giravolta, ha detto: “Per quanto riguarda Draghi, condivido le parole di Berlusconi, sta lavorando bene e mi auguro che vada avanti a lungo come presidente del Consiglio”.
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Corsa al Quirinale, l’assedio dei partiti: “Draghi sconta un handicap in questa fase”
“Esponenti del Pd raccontano che ‘i consiglieri del presidente del Consiglio da settimane sono in pressing’, il segretario dell’Udc Cesa sostiene che ‘lui si sta muovendo anche di persona’, e pure Renzi ha confidato la stessa cosa ad alcuni dirigenti di Iv”, scrive Verderami sul «Corriere». Ma è una situazione tutt’altro facile, anche perché il rischio concreto, come ha dichiarato Luca Zaia in un’intervista di stamani uscita sempre sul «Corriere» è «che potremmo ritrovarci Draghi non eletto al Quirinale ma nemmeno più a Palazzo Chigi. Sarebbe un disastro». Per evitarlo, a detta del governatore del Veneto, i partiti dovrebbero fare una cosa sola: «Se si vuole che Draghi diventi presidente della Repubblica va eletto al primo scrutinio da una maggioranza molto ampia. Altrimenti, meglio lasciar perdere perché con il voto segreto è possibile ogni cosa».
Letta sbarra la strada a Berlusconi
L’economista non si è mai sbilanciato finora: “Non c’è dubbio che il premier sia al crocevia dei giochi per il Quirinale. E nonostante l’accerchiamento, al crocevia resta. Certo, in questa fase sconta l’handicap dell’assenza di un kingmaker, ed è sempre complicato imbastire delle trattative dovendo fare i registi di se stessi. In più un’antica regola della Corsa ha sempre escluso l’uomo forte dalla competizione. Ma i partiti oggi non hanno i numeri e nemmeno i candidati per imporre un’alternativa”, scrive nel suo lungo articolo Verderami. E ha ragione, basta citare a mo’ di esempio l’intervista del leader dei Dem Enrico Letta a “Cartabianca”: “Il Pd non voterebbe Berlusconi al Colle? Non mi sembra ci siano dubbi. Non credo che la candidatura di Berlusconi sia in grado di essere votata dal Pd e nemmeno da un larga maggioranza. Ho pronosticato che il presidente o la presidente sia eletto da una larga maggioranza. E anche dall’opposizione. È per il bene del Paese”. Da Bianca Berlinguer Letta ha detto pure: “L’elezione del nuovo capo dello Stato non potrà che essere a larga maggioranza o cade il governo. È assurdo pensare a candidati di bandiera di uno dei due schieramenti, come lo sarebbe Berlusconi”. La guida del Pd ha mandato in frantumi il sogno del Cavaliere. Ma la sua sortita di fatto non mette fuori gioco il leader di Forza Italia, che potrebbe spuntarla alla quarta votazione. La spinosa questione resta. Al di là di Draghi c’è un altro nome su cui potrebbero trovare un accordo Pd, la Lega, Forza Italia e M5S? Sembrerebbe di no. I partiti, ad ogni modo, devono trovare una risposta e farlo in fretta. Leggi anche l’articolo —> Zaia: «Draghi al Quirinale? Solo al primo scrutinio. Intravedo un rischio e sarebbe un disastro»