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“Il Salvini furioso”, pizza indigesta quella tra Giorgetti e Di Maio | Retroscena

03/11/2021 17:42 - Aggiornamento 03/11/2021 18:22

Draghi al Quirinale? Retroscena – Una pizza da Michele, sulla Flaminia, nella capitale. A tavola due ministri della stessa maggioranza, appartenenti però a partiti diversi, che in passato si sono trovati a governare insieme. Non proprio una grande notizia, direte voi, anche “loro” mangiano. Tuttavia la foto pubblicata su «Il Corriere» ha già preso a rimbalzare da un sito all’altro: e non tanto per i protagonisti, Giancarlo Giorgetti e Luigi Di Maio, quanto per la tempestività con cui si è consumata la cena, che taluni hanno ribattezzato già «antisovranista». La pizza alla «Mario Draghi» è stata gustata al termine di una giornata di scontro nella Lega. Le dichiarazioni del ministro verde, contenute nell’ultimo libro di Bruno Vespa, hanno creato un frastuono sia all’interno del suo partito che fuori. Tra i più risentiti ovviamente Matteo Salvini, a cui non sarebbe andato proprio giù l’atteggiamento del suo numero due. Troppo vicino al premier, intimo. “GG”, come lo chiamano gli amici, è uno dei pochi che si permette il lusso di dare del tu all’ex numero uno dell’Eurotower. Un rapporto coltivato nel tempo, di stima reciproca, sottovalutato all’inizio, ma che ora spaventerebbe il segretario del Carroccio, che come scrive Federica Fantozzi sull’«HuffPost», non sarebbe più disposto a porgere l’altra guancia. Prendendo così alla lettera l’insegnamento di Andreotti: «Se è vero che per essere un buon cristiano bisogna porgere l’altra guancia, è pur vero che Gesù Cristo, con molta intelligenza, di guance ce ne ha date due», diceva il Divo Giulio.

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draghi Quirinale

“Il Salvini furioso”, pizza indigesta quella tra Giorgetti e Di Maio | Retroscena su Draghi al Quirinale

È senza dubbio la fotografia del giorno, quella pubblicata dal «Corriere». Lo scatto, che mostra il ministro degli Esteri Luigi Di Maio e quello dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti ieri sera in un locale in via Flaminia, ha scatenato politologi, giornalisti e quanti amano sbirciare dal buco delle serratura, per scoprire i “meccanismi” del potere. Una pizza per Draghi? Sono lontani i tempi in cui l’ex capo del M5s si permetteva di criticare il professore: «Secondo me siamo in un momento in cui bisogna tifare Italia e mi meraviglio che un italiano si metta in questo modo ad avvelenare il clima ulteriormente», così diceva Di Maio, nel 2018, mentre Draghi era alla guida della Bce. Oggi il ministro degli Esteri difende il premier a spada tratta: «Io credo che l’Italia sia stata molto fortunata che nel momento della crisi del Conte II Draghi abbia accettato di prendere questo incarico di premier» per «portare l’Italia fuori dalla crisi economica e completare la campagna vaccinale». Ed è l’immagine di un Di Maio sempre «meno grillino» e «più draghiano».

«Matteo è abituato a essere un campione d’incassi nei film western», le anticipazioni dal nuovo libro di Vespa

La cena è arrivata alla fine di una giornata difficile per la Lega. Anche perché Giorgetti è avaro di considerazioni, ma quando parla fa rumore. «Taciturno inverochè laconico, ma quando che parla ogni parola è una sentenza», direbbe “Peppe er Pantera” de «I soliti ignoti». E le sue recenti dichiarazioni a favore di Draghi ne sono la prova: «Il problema non è Giorgetti, che una sua credibilità internazionale se l’era creata da tempo», ha detto il ministro, mentre Salvini incontrava Jair Bolsonaro. «Il problema è se Salvini vuole sposare una nuova linea o starne fuori. Questa scelta non è ancora avvenuta perché, secondo me, non ha ancora interpretato la parte fino in fondo. Matteo è abituato a essere un campione d’incassi nei film western. Io gli ho proposto di essere attore non protagonista in un film drammatico candidato agli Oscar. È difficile mettere nello stesso film Bud Spencer e Meryl Streep. E non so che cosa abbia deciso», ha proseguito Giorgetti.

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«Draghi potrebbe guidare il convoglio anche da fuori»

«Draghi potrebbe guidare il convoglio anche da fuori (dal Colle, ndr). Sarebbe un semipresidenzialismo de facto in cui il Presidente della Repubblica allarga le sue funzioni approfittando di una politica debole», la riflessione sul Quirinale, contenuta nelle anticipazioni dell’ultimo libro di Bruno Vespa“Perché Mussolini rovinò l’Italia (e come Draghi la sta risanando)”, in uscita il 4 novembre da Mondadori Rai Libri. Una fuga in avanti quella di Giorgetti che ha gettato il caos dentro la Lega. Sempre secondo il «Corriere», “Il Salvini furioso” avrebbe convocato a sorpresa il consiglio federale.

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Draghi al Quirinale: cosa ne pensano i leader

Sull’ipotesi di un trasloco di Draghi da Palazzo Chigi al Quirinale si sono espressi quasi tutti i leader politici. Da Giuseppe Conte, che pure vorrebbe sbaragliare la concorrenza (“Non lo escludo, ma se ci fossero le condizioni non vuol dire che si andrà a elezioni anticipate”) allo stesso Matteo Salvini (“Voterei Draghi subito, ma gli scenari cambiano ogni giorno. No a elezioni anticipate”). Giorgia Meloni si è detta favorevole (l’importante per lei è che si torni il prima possibile alle urne): “FdI appoggerà Draghi al Colle se si voterà subito”. Enrico Letta ha detto a riguardo: “La cosa peggiore che possa capitare che adesso si parli esclusivamente di elezioni al Quirinale, del Colle si parlerà dopo l’approvazione della legge di bilancio”Antonio Tajani di Forza Italia vorrebbe lasciare le cose come stanno: “Draghi sarebbe un ottimo Capo dello Stato, avrebbe tutte le carte in regola, ma io penso che fino al 2023 Draghi debba completare il lavoro che ha avviato, portare avanti il Recovery plan e la battaglia per sconfiggere il Covid”. Si continua però a fare sempre lo stesso errore: decidere per lui, per Draghi. Nel tentativo di incensarlo un giorno sì e l’altro pure, si finisce col trattarlo da meno di ciò che è, “un uomo di raffinata intelligenza”, come lo ha definito la cancelliera Angela Merkel. La discriminante su quel che sarà la farà Draghi, con le sue scelte. Cosa anela? Troppo presto per dirlo. Leggi anche l’articolo —> Salvini, perché non basta il faccia a faccia con Draghi per liquidare il “mediatore” Giorgetti (GG)

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