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Irma Brandeis, Montale e la passione segreta consumata in una pensione fiorentina

12/10/2021 12:23 - Aggiornamento 12/10/2021 12:29

È un po’ un cliché, antico come il mondo. E ci cadde anche Eugenio Montale, di cui ricorre oggi l’anniversario dalla nascita. Pure lui, intellettuale, giornalista e critico letterario si lasciò sedurre da una giovane di belle speranze, appassionata di letteratura. Irma Brandeis, così si chiamava, la Clizia delle «Occasioni» (1928-1935), lo incantò proprio come riuscì alla piccola Shahrazād col re persiano Shāhrīyār ne «Le mille e una notte». Una relazione sentimentale idealizzata, accarezzata dalla poesia. Tant’è che lei, la “ragazza americana” è stata molto più che una dolce ossessione. Irma Brandeis era una musa, la donna angelo, in grado di ridare senso alla sua vita travagliata.

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Eugenio Montale e Irma Brandeis, la notte di fuoco alla stanza 9 della pensione Annalena

Quando Irma Brandeis, di origini newyorkesi, arrivò in Italia nell’estate del 1933 per motivi di studio, era ben decisa a conoscere il suo poeta preferito, Eugenio Montale. Voleva fargli sapere della sua esistenza, congratularsi per i suoi componimenti. Avrebbe potuto scrivergli un biglietto, penserete voi, ma osò di più. Il 15 luglio la giovane bussò alla porta del Gabinetto Scientifico e Letterario Vieusseux di Firenze, dove lui lavorava. Con quella sincera timidezza che subito colpì il poeta de «Gli ossi di seppia». Alta e magra, occhi azzurri, i capelli corti a caschetto. Quell’italianista ebrea non lo lasciò indifferente. Fu proprio Montale ad aprirle e quello non fu che il primo incontro, ben documentato in un fitto carteggio tra i due (156 lettere), avvenuto tra il 1933 e il 1939. «Siamo diventati amici! Abbiamo parlato di Ezra Pound, di T.S. Eliot, dell’Inghilterra, dell’America e dell’Italia», scrisse lei in una lettera. «Vestito con buon gusto», ma già vecchio a 37 anni (lei 28), molto gentile, «davvero semplice, alquanto brutto e spesso, persino, piatto», son sempre parole della Brandeis, che nonostante questo subiva il fascino del genovese.

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Si incontravano raramente da soli: passeggiate al parco o lungo il fiume

Come racconta Rosanna Bettarini, filologa montaliana d’eccezione per una raccolta d’eccezione come sono le Lettere a Clizia (Mondadori 2006), si sono successi dopo quel 15 luglio «pochi giorni di presumibile incantato corteggiamento, con scambio di libri e di pareri letterari come strategia d’avvicinamento». Irma ed Eugenio si incontravano raramente soli. Quando capitava, il luogo degli appuntamenti poteva essere un caffè, un’osteria, il parco oppure il fiume. Gli appuntamenti avvenivano con tutto quel romanticismo che avrebbe stuzzicato la fantasia di alcuni scrittori negli anni a venire. Tra cui spicca, ad esempio, il casertano Francesco Forlani, che ha avuto l’idea di scrivere il romanzo “E Turning doors. La veranda di Montale”, e-book edito per Quintadicopertina, incentrato sulla notte di passione che l’intellettuale genovese e Irma Brandeis avrebbero vissuto in un albergo di Via Romana. Era la stanza numero 9 alla Pensione Annalena. L’immaginazione di Forlani si inserisce lì dove la poesia di Montale è allusiva: ne Interno/Esterno lui scriveva che i due erano intenti a chiacchierare in terrazza e a «spulciare le rime del venerabile / pruriginoso John Donne». Nella stanza però il letto era disfatto, le lenzuola stropicciate da una notte accaldata; i cuscini alla spalliera di velluto rosso con ancora con il solco delle teste.

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Eugenio Montale e Irma Brandeis: ecco chi è la «Clizia» delle «Occasioni», la donna angelo

Quella notte di passione, il 5 settembre, lasciò un segno indelebile nella vita di Montale«Non dimenticherò mai quel ritorno tra scale acque e terrazze. Mi sentivo ubriaco non di quel fiasco a triplo fondo, cara Irma, ma di te e della tua presenza. E dopo… quando si è stati così felici almeno per un’ora si può fare ancora qualcosa per essere riconoscenti alla sorte e per vincere le difficoltà». La storia, come sappiamo tutti, si interruppe bruscamente: Montale era legato allora già a Drusilla Tanzi, la «Mosca», con cui sarebbe convolato a nozze nel ’63. Irma Brandeis, la studiosa newyorkese di Dante, che Gianfranco Contini descrive come una personalità «di eccezionale valore umano, di squillante intelligenza», gli restò tuttavia addosso, come un intrigante profumo.

Non era il solo suo corpo, lo slancio vitale di una giovinezza che forse Montale sentiva perduta. La ragazza americana si impossessò del cuore del poeta, graffiandogli l’anima. Un’intesa più pura, profonda, in cui si mescolavano i sogni dell’uno e gli ideali dell’altro. Lo provano poesie incantevoli come La casa dei doganieri, in cui il tu femminile è lei, Clizia. «Tu non ricordi la casa dei doganieri / sul rialzo a strapiombo sulla scogliera: /desolata t’attende dalla sera / in cui v’entrò lo sciame dei tuoi pensieri / e vi sostò irrequieto», tra i versi più belli mai scritti. Dopo la morte di Drusilla Tanzi avrebbe potuto Montale raggiungere Irma Brandeis in America? Beh, sì. La realtà però forse avrebbe rotto l’incanto, non sarebbe stata all’altezza del desiderio. Di quella passione resta dunque la stanza numero 9 alla Pensione Annalena, quella in cui tanti italiani, ancora oggi chiedono, di poter dormire. Leggi anche l’articolo —> Eugenio Montale e il disprezzo per il regime: quando fu preso a ceffoni per la strada dai fascisti

Eugenio montale e irma brandeis