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Focolaio Covid in palestra a Milano, salgono a 14 i positivi alla variante Delta

17/06/2021 12:38 - Aggiornamento 17/06/2021 12:40

I casi legati al focolaio Covid in palestra a Milano salgono a quota 14, secondo i tamponi effettuati sul personale e sui frequentatori della palestra che erano entrati in contatto con i primi casi rilevati. Lo rende noto l’Ats della Città metropolitana di Milano. (Continua a leggere dopo la foto).

focolaio Covid in palestra a Milano

Dalle indagini sono risultate altre due persone positive a Sars-CoV-2 per le quali è stato chiesto il sequenziamento, informa l’Ats Città metropolitana di Milano, spiegando che “fra i 14 positivi, in 5 casi è stata accertata la variante Delta” identificata per la prima volta in India. Nove campioni sono ancora in fase di analisi da parte dei laboratori incaricati.

Focolaio Covid in palestra a Milano: struttura chiusa in via precauzionale per una settimana

L’Ats prosegue l’attività di contact tracing sui frequentatori della palestra entrati in contatto con i nuovi casi individuati, che vengono posti in isolamento e inviati ad eseguire il tampone di controllo. In funzione dell’evoluzione del fenomeno, la palestra ha dichiarato che resterà chiusa in via precauzionale per una settimana, in attesa che possa essere conclusa la ricerca delle varianti sui casi individuati e completata l’attività di tracciamento ed esecuzione dei tamponi.

La prossima comunicazione da parte dell’Ats sul focolaio Covid in questione verrà quindi diramata alla fine delle attività, dichiara l’Agenzia di tutela della salute milanese, “quando sarà possibile comporre un quadro stabile e definitivo di quanto accaduto”.

Che cos’è la variante Delta

Cos’è la variante Delta, impropriamente definita “indiana” (ce ne sono infatti diverse classificabili genericamente come “indiane”, in quanto individuate per la prima volta in quello stato, ndr). Spiega il sito del ministero della Salute: la variante VUI-21APR-01 – nota anche come B.1.617 – include una serie di mutazioni tra cui E484Q, L452R e P681R, la cui contemporanea presenza desta ragionevole preoccupazione per la potenziale maggiore trasmissibilità e il possibile rischio di reinfezione. Sono state inoltre riscontrate anche varianti appartenenti al ceppo indiano, quindi geneticamente correlate, ma sprovviste della mutazione E484Q. Ad oggi – dice sempre il Ministero – non ci sono prove che queste varianti causino malattie più gravi o rendano i  vaccini attualmente impiegati meno efficaci.