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Governo Draghi ribaltone al Senato, chi è che ha davvero più voti: l’effetto boomerang

19/02/2021 09:47 - Aggiornamento 19/02/2021 09:56

Pirandello avrebbe parlato di relativismo. Effettivamente a seconda di come lo si guardi, il Governo Draghi potrebbe essere “più di destra” o “più di sinistra”. Che è di fatto l’accusa che gli stanno muovendo in queste ore la leader di Fratelli di Italia Giorgia Meloni, che ha parlato di una fortissima impronta rossa, e Nicola Fratoianni di Leu, certo che si tratti, invece, di un esecutivo spostato verso destra. A destabilizzare ancor di più lo strappo nel M5s, che potrebbe lasciare «prateria aperta» a Berlusconi e Salvini, i politici che il Pd teme forse di più.

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Governo Draghi ribaltone al Senato, chi è che ha davvero più voti: l’effetto boomerang

Nel corso della giornata di mercoledì 17 febbraio 2021, a Palazzo Madama, Draghi ha raccolto 262 favorevoli contro soli 40 contrari. Risultato non meno soddisfacente ieri alla Camera: 535 sì e 56 no. Eppure questo dato non è sinonimo di stabilità, non può far dormire al già insonne ex dirigente della Bce sogni tranquilli. La maggioranza del nuovo esecutivo presenta tante anime diverse, è decisamente (forse troppo) eterogenea. L’alleanza Pd-M5S-Leu potrebbe non bastare, come spiega “Il Giornale”. Lo scrive chiaramente Giuseppe De Lorenzo il motivo: “Dei 6 senatori di Leu, alla fine, solo 4 sono tecnicamente in maggioranza: la componente di Mdp ha garantito la fiducia, mentre Sinistra Italiana (con alcuni distinguo) è andata all’opposizione”. Peggio “nel M5s: contro “l’apostolo delle élite” hanno alzato la mano ben 15 grillini, già di fatto espulsi, che diventano 21 defezioni se si contano i 6 senatori “assenti non giustificati” alla chiama. La scissione non incrina soltanto la stabilità dei pentastellati, che scendono così da 92 a 71 senatori e rischiano l’implosione, ma consegna di fatto il Senato ad una virtuale maggioranza di centrodestra”, spiega il giornalista.

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Matteo Salvini esulta: «Siamo forza di maggioranza rispetto a Pd e Cinque Stelle», il ruolo chiave di Renzi

Ad esultare Salvini: «Siamo forza di maggioranza rispetto a Pd e Cinque Stelle». Difatti i malumori tra i grillini producono non pochi benefici al centrodestra: “la verità è che senza i voti degli Azzurri e del Carroccio, Draghi non avrebbe la maggioranza assoluta in Senato: se ai 262 senatori si sottraggono quelli di Lega, Cambiamo! e Forza Italia, ieri il governo avrebbe raccoto solo 148 voti. Molti meno di quelli raggranellati da Conte all’ultimo giro. Tradotto: il centrodestra può tenere in pugno la durata dell’esecutivo”, scrive sentenzioso De Lorenzo.

La scelta dei dem, grillini e Leu di dar vita ad un intergruppo parlamentare si è rivelata un boomerang: mostrarsi uniti in maggioranza contro il centrodestra, tenendo vivo quel che resta dell’ex premier Conte, ha fatto emergere ancor di più i dissapori nel MoVimento. In tutto questo Renzi dove lo mettiamo? Continua ad essere lui con la sua Italia Viva l’ago della bilancia. “Nella variopinta maggioranza, infatti, tutte le anime del centrosinistra messe insieme (Pd-Leu-M5S-Azione-Europeisti-un pezzo del Misto) contano 127 senatori; il centrodestra (Fi-Lega-Cambiamo!) arriva invece a 118. In caso di stallo o contrapposizione, sarebbero i 18 renziani a fare la differenza”, conclude De Lorenzo. Draghi deve tenere bene a mente la “favola del rospo e dello scorpione”. La preferita, a quanto pare, di Renzi. Finora però pericoli di questo tipo all’orizzonte non ce ne sono: basti pensare alla “dichiarazione d’amore” di Giachetti al neo premier: «Altro che Ronaldo, lei è il Totti della politica». Leggi anche l’articolo —> Processo Gregoretti, Lamorgese e Di Maio in aula: la “nuova prova” di cui parla Salvini

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