Quello relativo all’omicidio del piccolo Lorys Stival è stato uno dei casi di cronaca nera più sconcertanti degli ultimi anni. La morte del bimbo, strangolato a 8 anni dalla madre Veronica Panarello, sconvolse l’Italia. Ci lasciò tutti senza parole. E poiché è inimmaginabile che una mamma possa, lucidamente, anche solo concepire l’idea di togliere la vita al sangue del suo sangue, abbiamo provato, in primis i giudici, a trovare una motivazione che spiegasse l’abominevole gesto.
Com’è noto una spiegazione – sebbene non possa esisterne una plausibile che giustifichi un gesto tanto orribile – non è stata trovata. Non in tre gradi di giudizio. La condanna definitiva con la quale la Corte di Cassazione nel novembre 2019 ha confermato 30 anni di reclusione per Veronica Panarello, non è stata infatti in grado di chiarire il perché la giovane madre abbia strangolato il suo bambino. Nessuno conosce il movente del delitto.
La verità processuale ci dice che a Santa Croce Camerina (Ragusa), la mattina del 29 novembre 2014, Veronica Panarello dopo aver avuto una discussione con il figlio di 8 anni, ed avere accompagnato all’asilo il secondogenito, torna a casa e strangola Lorys con delle fascette da elettricista mai più ritrovate. Da sola carica il cadavere in auto e lo porta in contrada Mulino Vecchio, appena fuori dal paese, e se ne libera gettandolo nel canalone di cemento dove il cacciatore Orazio Fidone lo troverà alle 17 circa dello stesso giorno.
Un delitto senza movente
Una notizia che per mezza giornata tenne con il fiato sospeso l’opinione pubblica che fino all’ultimo sperò il piccolo fosse ritrovato in vita. Nel dicembre di 6 anni fa, quando da pochi giorni la madre di Lorys, Veronica Panarello, era formalmente indagata per l’omicidio volontario del figlio, nelle case degli italiani non si parlava d’altro. Lorys era subito diventato il figlio, fratellino, nipote di ognuno di noi. E non era concepibile nemmeno ipotizzare che fosse stata la madre ad ucciderlo in quel modo barbaro. Per mesi abbiamo sperato che la verità, per quanto dolorosa, fosse un’altra, ma invano. Veronica Panarello ha agito lucidamente: “Non versava in stato confusionale, come la stessa ha cercato di far credere, al contrario era perfettamente cosciente e orientata nell’attività di eliminazione delle tracce del commesso reato e di depistaggio delle indagini”. Lo si legge nelle motivazioni della sentenza.
Ricordando il caso Lorys Stival con Rino Sciuto
Oggi UrbanPost con questa intervista vuole fare un viaggio a ritroso nel tempo, e tornare a quei drammatici e concitati giorni che seguirono al 29 novembre di 6 anni fa. Quando ancora la dinamica dei fatti non era stata chiarita e avevamo tutti il cuore spezzato per ciò che era accaduto al piccolo. Abbiamo scelto di ricordare Lorys, a un mese dal sesto anniversario della sua morte, con il gentilissimo Rino Sciuto, investigatore del Ros (Raggruppamento Operativo Speciale) dei Carabinieri di Roma che si occupò del caso. A fatica e con la voce rotta dall’emozione nel ricordare quei tristi eventi, Rino Sciuto ci ha raccontato:
«Noi del Ros fummo attivati subito dopo il ritrovamento del corpo. Avemmo subito un incontro con il comandante del gruppo investigativo, all’epoca il capitano Spataro. E ci raccontò che, insomma, molto probabilmente si era capito già l’epilogo di questa triste storia … ».
Quindi già dalle primissime ore si ipotizzava il coinvolgimento della Panarello?
«Sì pare che già fosse stata acquisita qualche telecamera che indirizzava l’indagine verso Veronica, insomma. Sì sì non solo sospetti. Eravamo già oltre quel ‘famoso’ ragionevole dubbio. Avevamo però bisogno di conferme certe prima di dare in pasto ai media una notizia non assolutamente certa …».
«La quadratura del cerchio era già stata fatta dopo 48 ore e anche prima perché tutte le immagini già visionate portavano lì … restava solo da ricostruire quel puzzle e tutti gli spostamenti di Veronica che purtroppo ci hanno portato a non avere più alcun dubbio. Già sapevamo che era stata Veronica, insomma.».
Il momento del ritrovamento del corpo di Lorys, nel canalone di cemento, ha sconvolto tutti
«Credo che il bambino non sia stato appoggiato ma buttato giù … Ho visto le foto del fascicolo dei rilievi tecnici eseguiti dai colleghi … e sono foto che, come tutta la vicenda, lasciano il segno. Purtroppo è stato il più brutto risultato investigativo della mia carriera.».
Manca una tessera di questo puzzle investigativo?
Le sentenze dicono che Veronica ha agito da sola e lucidamente
«Noi non abbiamo constatato la presenza di altre persone in quel frangente. Tutte le verifiche di celle telefoniche e quant’altro non hanno portato ad elementi che non siano stati già resi noti, insomma.».
«A 59 anni, nella mia esperienza di 34 anni nell’Arma posso dire che l’essere umano è una gran bella macchina ma purtroppo a volte può perdere qualche colpo. Quasi che nella mente di Veronica ci sia stato un black out. Dico questo ‘da profano’, ma ho questa sensazione».
A fronte di una condanna passata in giudicato, quello in oggetto è ancora un caso con molte zone d’ombra. Come se mancasse una tessera, importante, per completare il puzzle. Ho come l’impressione che in futuro torneremo a parlare di questa storia …
«Anch’io ho quella sensazione».