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Roberta Ragusa “inedita”: Rino Sciuto racconta la mamma amorevole che mai avrebbe abbandonato i suoi figli [INTERVISTA]

28/11/2020 18:58

Quando per anni scrivi di cronaca nera in un certo qual modo ‘entri’ dentro le vite che racconti. In quelle delle vittime e di chi resta dopo di loro. Tanti i casi giudiziari che hanno segnato, negli ultimi dieci anni, l’opinione pubblica italiana. Tra questi ce n’è uno che più di altri mi è rimasto dentro. Quello di Roberta Ragusa, la mamma 44enne di Gello (Pisa) scomparsa misteriosamente la notte a cavallo tra il 13 e 14 gennaio 2012. Un caso ormai ‘chiuso’ per la giustizia italiana, che ha condannato a 20 anni di carcere il marito di Roberta, Antonio Logli. L’accusa, che lui da sempre respinge, è pesantissima: omicidio volontario e distruzione di cadavere.

Inutile negare – essendo stato un processo indiziario – che la verità processuale abbia lasciato delle zone d’ombra che, per forza di cose, non è stato possibile chiarire. Spiegare, capire. Di Roberta Ragusa manca il corpo, mai ritrovato. Se quindi si cerca la prova concreta del fatto che non sia più in vita, essa non c’è. L’assenza del corpo inevitabilmente ha creato varchi, spazi all’interno dei quali il nuovo pool difensivo di Antonio Logli sta provando ad introdurre scenari ‘altri’ rispetto a quelli delineati dalla Procura e cementificati da tre sentenze. Piste alternative che possano scagionarlo.

Riconosciuto il legittimo ricorso di Logli alla possibilità di intraprendere l’iter della revisione del processo in caso emergano nuove prove, questa mia riflessione esula da questo aspetto. E si attiene agli atti, a tre sentenze, ai dati oggettivi emersi durante le indagini che ci dicono che Roberta è morta. Ho voluto provare a conoscere il lato inedito di questa donna dallo sguardo dolce e malinconico, e per riuscirci mi sono rivolta ad una persona che a mio avviso può farlo meglio di chiunque altro. Si tratta di Rino Sciuto, investigatore dei Ros di Roma, oggi in pensione, che condusse le indagini sul caso Ragusa dal 2012 al 2016. L’ex investigatore nei mesi scorsi ha pubblicato un diario di indagine sul caso, dal titolo “L’amica che non ho mai conosciuto” (Prefazione di Nicodemo Gentile, introduzione di Francesca Carollo).

Libro Rino Sciuto

L’umanità, empatia ed immensa disponibilità di Rino Sciuto mi hanno permesso di conoscere una Roberta Ragusa inedita. La nostra è stata una conversazione fuori dal comune, che delicatamente ha voluto affrontare una vicenda dolorosa e amara entrata ormai nelle nostre case. E ho il piacere di condividerla con i lettori di UrbanPost:

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Rino, in riferimento al titolo del suo libro “L’amica che non ho mai conosciuto”, le dico che in realtà forse lei è l’unico ad aver conosciuto davvero Roberta, sebbene ‘a posteriori’, scandagliando la sua vita, le tracce che di sé aveva lasciato tra le sue mura domestiche … Cosa ha visto, ‘sentito’, percepito? Qual è stata la prima sensazione provata entrando nella sua casa?

«Questa è una storia che mi è rimasta dentro. Sì, paradossalmente l’ho conosciuta meglio di tante altre persone … La sensazione che si ha entrando in quell’ambiente, la casa in cui Roberta viveva con i figli e il marito, è quella di una tipica mamma ‘italiana’, premurosa, affettuosa e presente. Su questo non ci sono dubbi. Una mamma credo dedita al 95% ai figli […] L’ordine intellettuale della donna, quello oggettivo e domestico, se andiamo a considerare le cose materiali, è inconfutabile e lo si tocca con mano»

Durante le perquisizioni voi inquirenti avete avuto accesso al suo privato, in un certo qual modo. Avete letto le sue riflessioni appuntate su un’agenda …

«Proprio qualche giorno fa rileggevo i suoi diari. E riflettevo sul fatto che questa donna annotava tutto. ‘Giorno 5 mattina, in autoscuola con x’, ‘Pomeriggio vado in città con Daniele’, ‘Passo da zia, dopo dentista per Alessia’, per citare alcuni dei particolari appuntati. Annotava tutto quello che le capitava, quando ad esempio partecipava ad una festa di compleanno, addirittura cosa portava come regalo. Se era stata bene o no.»

Quando si interrompe la sua scrittura?

«Noi abbiamo dati fino a qualche giorno prima della sua scomparsa. Aveva iniziato l’agenda del 2012 …».

Le prove, queste, di una progettualità che accompagnava la sua quotidianità e quella dei giorni a venire. Una donna metodica.

«Sìsì, assolutamente metodica. Tanto che ricordo durante una perquisizione in casa notammo un biglietto sul quale c’era scritto ‘Giorno 20 o 21 gennaio visita otorino’ per uno dei suoi figli, scriveva tutto.».

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Sentendo le sue parole immagino una mamma che si (pre)occupa per i suoi figli, che li accompagna in ogni momento della loro vita. Poteva una madre del genere abbandonare di punto in bianco i suoi adorati bambini? 

«No. Questo infatti secondo me esclude l’ipotesi dell’allontanamento volontario della donna».

Quale clima ha trovato all’arrivo a Gello di San Giuliano Terme? Com’era il contesto familiare di Roberta? Erano in ansia per lei? La cercavano, l’aspettavano?

«No, no. Nulla di tutto ciò. Io non sono arrivato nell’immediatezza della scomparsa di Roberta Ragusa ma un paio di mesi dopo. Addirittura io e i miei colleghi per Antonio eravamo i suoi antagonisti, i suoi nemici. Ricordo un particolare che mi è rimasto impresso nella mente: ad ottobre (2012 ndr) stavamo effettuando degli escavi con una ruspa proprio in via Gigli, nel punto in cui il testimone disse di avere visto un uomo litigare con una donna. Lui è passato in macchina per andare alla Motorizzazione e non si è nemmeno fermato. Non ha nemmeno chiesto cosa stessimo facendo, se ci fossero novità. Lui ci guardava proprio come se il nostro lavoro fosse un attacco nei suoi confronti.».

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Oggi Antonio Logli lancia appelli dal carcere, invita la moglie, rivolgendosi a lei come se fosse ancora in vita, a tornare a casa per il bene dei loro figli. Un elemento che stride non poco con l’immagine che Logli diede di sé all’epoca dei fatti, quando sua moglie scomparve all’improvviso, da un’ora all’altra, nel cuore della notte. In pigiama e pantofole, senza portare niente con sé. 

«Dalle intercettazioni agli atti dell’inchiesta, emerge un suo continuo allertare i figli sul fatto che fossero sotto intercettazione […] Ne parlo anche nel mio libro, è un particolare che ho preso dagli atti: nel pomeriggio, appena partita la macchina delle ricerche su diktat del sindaco di San Giuliano Terme e del responsabile della Protezione civile, Antonio Logli era in Autoscuola. Al lavoro. Era scomparsa la moglie, mamma dei suoi figli …».

Non c’era apprensione per Roberta? 

«Assolutamente no. Tutto filava come sempre, scorreva normalmente … Si aspettava piuttosto – è nelle intercettazioni – il ritorno di Roberta, abbronzata, da spiagge caraibiche. Era tutto così ‘normalmente andante’ …».

Il nuovo pool di Logli lavora per ottenere la revisione del processo. Lei crede possa esserci uno spiraglio in tal senso?

«Ritengo di no. Il nostro ordinamento lo prevede ed è giusto che Logli ne fruisca, che il suo team ci provi. Condivido quanto detto dall’avvocato Nicodemo Gentile (legale della cugina di Roberta Ragusa nonché Presidente dell’associazione Penelope ndr) ovvero che non c’è alcun appiglio».

Logli sembrava sicuro, da subito, del ‘non ritorno’ a casa di Roberta. Per gli inquirenti la decisione di iniziare una così prematura convivenza con Sara, che coinvolgesse anche i figli Alessia e Daniele allora minorenni, in quel momento così traumatico e delicato per loro, fu come la prova del fatto che sapesse che la moglie non sarebbe più tornata.

«Quella che per me è la ipotesi più ‘logica’ è che il corpo di Roberta abbia seguito la ‘filiera dei rifiuti’. Rileggendo gli atti mi sono accorto che 5-6 giorni dopo la sua scomparsa, Antonio dalla chiusura totale mi è sembrato fosse passato ad una lieve apertura, che avesse cambiato atteggiamento. Secondo me perché pensava che ormai il corpo fosse stato ‘distrutto’ e che ormai non vi fosse più la possibilità di ritrovarlo. Da quel momento in poi c’è stata un’escalation familiare e domestica ben precisa e Sara Calzolaio ha cominciato a frequentare quella casa … per i figli di Roberta fino a poche settimane prima lei era solo la ‘tata’ …». 

Il caso Roberta Ragusa sarà ricostruito in un documentario che vedrà anche il suo contributo.

«Sì, lo sta realizzando Discovery Channel. Abbiamo ripercorso tutto l’iter investigativo e ho fatto le osservazioni miei personali sul caso, molto ben fatto ed interessante». 

Rino, lei sta scrivendo un secondo libro che uscirà a ridosso del Natale, può anticiparmi qualcosa? Riguarderà sempre il caso Ragusa?

«Sì, è un libro scritto in maniera molto ‘carabinieresca’, ci tengo ed essere sempre me stesso. Qualcosa ho il piacere di anticipargliela: esalta la figura di un operatore del mio ambito, di cui molti non conoscono le peculiarità, compiti e incarichi, e poi faccio dei rimandi ben precisi al caso Roberta Ragusa …».