Se guardiamo indietro alle elezioni dei vari presidenti della Repubblica un fatto emerge chiaro come il sole: alla fine si è sempre mandata al Colle una figura autorevole, la persona più adatta. Il che è sorprendente, direi quasi commovente, se si pensa alle sabbie mobili in cui si son trovati negli anni i partiti, per un motivo o per un altro. Il futuro del prossimo capo di Stato non è stato ancora scritto. A 12 giorni dalla prima votazione non c’è uno straccio di accordo, alcuna strategia condivisa. Sì, Salvini ha evocato ieri un rimpasto con dentro i leader, ma finché tiene botta l’ipotesi di Berlusconi come candidato del centrodestra, è chiaro che l’iniziativa del leghista non si può considerare nient’altro che un modo per buttare la palla in tribuna. Per questo Sergio Mattarella, che continua a ripetere da mesi di non voler concedere alcun bis, comincia a sentire il fiato sul collo (o sul Colle, come preferite). Il fantasma di un secondo mandato, come spiega Ugo Magri su «La Stampa», è ipotesi che non si può assolutamente scartare. Dem e grillini avrebbero svoltato; lo stesso premier Draghi avrebbe tutto il tempo di mettere in cassaforte il Pnrr e al termine della legislatura proporsi come successore del Mattarella 2. Un compromesso? Beh, non è che la politica italiana comincerebbe nel 2022 a farne. E non sarebbe né il primo né l’ultimo.
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Mattarella bis ora è molto più di un’ipotesi, retroscena dal Palazzo: e Draghi sospira
“Più lui chiede di essere trattato da presidente emerito, da grande «ex», più cresce nei suoi confronti un pressing dettato per metà dalla stima che nei sette anni si è guadagnato, per l’altra metà da tutt’ altro genere di preoccupazione. Il timore è quello di un rovinoso «default» della politica, paralizzata e incapace di scegliere il successore”, scrive Ugro Magri nel suo lungo editoriale uscito su «La Stampa». E come dargli torto? La via di Mario Draghi per il Colle è insidiosa e minata di tanti pericoli: lo stesso Berlusconi è tornato a fare Berlusconi. Vedendo svanito il sogno di poter diventare 13esimo presidente della Repubblica, è disposto a tutto pur di sbarrare la strada al banchiere, che con la lettera della Bce qualche anno fa gli aveva “guastato” la “festa”. Inutile negarlo: il desiderio di rivalsa nel leader azzurro c’è. Anche perché per la prima volta in assoluto forse il centrodestra ha i numeri per poter portare al Quirinale qualcuno che gli vada a genio. Ma considerati i chiari di luna è evidente che le prime tre votazioni andranno quasi certamente a vuoto. E come già successo, dalla quarta in poi, può succedere di tutto: i franchi tiratori sono pronti a colpire e potrebbero impallinare anche uno come l’ex governatore di Bankitalia. Certo un numero eccessivo di chiamate sarebbe da evitare, siamo pur sempre nel pieno di un’emergenza sanitaria. Se non altro per non dare l’impressione agli Italiani che ancora una volta il palazzo sia altro rispetto ai bisogni della gente, esasperata dai giochetti dei partiti e dalle spinte dei singoli.
La “variabile” Covid, ecco quanto può essere decisiva
Ricorderete tutti il doppio mandato di Giorgio Napolitano. Beh, la possibilità che l’esperienza di un bis si ripeta ancora è concreta. Quello di Mattarella resta un «no secco», ma di fronte al bene del Paese, come osserva Magri, l’attuale presidente della Repubblica potrebbe capitolare. “Se votazione dopo votazione lo stallo si trascinasse, se l’Italia si ritrovasse sull’orlo del caos, se l’emergenza dovesse richiedere un ultimo sacrificio per la tenuta delle istituzioni, come farebbe Mattarella a tirarsi indietro? Come potrebbe giustificare i suoi scrupoli? Ecco l’argomento su cui intendono far leva i fautori del bis”, approfondisce il giornalista su «La Stampa». Il ragionamento non fa una piega: gioverebbe anche allo stesso Draghi, tra l’altro, che resterebbe a Palazzo Chigi giusto il tempo di trascinare il Paese fuori dalla pandemia. Contava l’economista di sbrigarsela in meno di dieci mesi, ma pazienza: si sa che tra il dire e il fare ne posson succedere di cose. Bisogna considerare tuttavia anche un altro aspetto: l’influenza che la pandemia potrà avere sulle votazioni stesse delle elezioni del capo di stato. È una “variabile” non da poco il Covid.
Mattarella bis, Magri spiega su «La Stampa» cosa può succedere in caso di mancato accordo tra i partiti
Come spiega Magri, dati alla mano, iniziando il 24 gennaio, saranno consentiti al massimo dieci tentativi prima del 3 febbraio, giorno in cui verrà a scadenza il mandato di Mattarella. Nel caso di mancato disaccordo cosa può succedere? La pandemia è una novità per tutti, non ci sono precedenti a cui appellarsi. “Trattandosi di caso limite, la Costituzione purtroppo non specifica. Una parte della dottrina (Mortati, Virga, Marini) ritiene che subentrerebbe la seconda carica istituzionale in veste di supplente, dunque toccherebbe a Elisabetta Casellati, donna di centrodestra; altri costituzionalisti non meno autorevoli (Paladin, Balladore Pallieri) sostengono invece che resterebbe in carica il presidente uscente, in regime di ‘prorogatio'”, si legge nell’editoriale. Staremo a vedere. Intanto Mattarella continua a traslocare, a portar via le sue cose. Chi pure sta facendo di tutto per sparire dai radar è Draghi, consapevole del vecchio adagio “Chi entra papa, esce cardinale”. Per la serie “meno se ne parla e meglio è”. Pagherà alla lunga il silenzio? Non manca molto al fatidico giorno. Leggi anche l’articolo —> Quirinale, Salvini evoca rimpasto con dentro i leader: Letta disposto, ma resta veto Berlusconi