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Omicidio Poggi, la famiglia di Chiara: “Pronti a denunce per calunnia, colpevole è Stasi”

21/03/2021 10:30

Cinque processi, tre gradi di giudizio e la Cassazione che rigetta la richiesta di una revisione del caso: la giustizia mette la parola fine sull’omicidio di Chiara Poggi e riconosce Alberto Stasi come l’unico colpevole. Eppure una parte della stampa e la difesa del giovane condannato in via definitiva a 16 anni di carcere per il delitto della fidanzata – uccisa il 13 agosto 2007 nella villetta di via Pascoli a Garlasco (Pavia) – proseguono a gettare ombre sulla sentenza. Dubbi che la famiglia di Chiara non è più disposta a tollerare. (prosegue dopo la foto)

ARTICOLO | Alberto Stasi, è finita: anche la Cassazione dice ‘no’ alla richiesta di revisione

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Omicidio Chiara Poggi, la famiglia contro alcuni media e la difesa di Stasi: “Valuteremo se procedere per calunnia”

“Valuteremo se chiedere di procedere per calunnia atteso che in queste iniziative si adombra la responsabilità di altri mentre è nota e certa la responsabilità di Stasi”, spiega all’Adnkronos l’avvocato Gian Luigi Tizzoni, legale della famiglia Poggi, che dal primo minuto si è speso per far emergere la verità. Dopo la doppia assoluzione per Stasi, detenuto nel carcere milanese di Bollate, Tizzoni ha ‘vestito’ i panni dell’accusa facendo emergere elementi – ad esempio la sostituzione dei pedali della bici utilizzata da Stasi per tornare a casa dopo il delitto – che hanno concorso alla condanna diventata definitiva con la sentenza del 12 dicembre 2015.

“I numerosi tentativi di ribaltare l’esito del processo effettuati in questi anni non hanno avuto effetto. La decisione della Cassazione conferma ancora una volta la responsabilità di Stasi al di là di ogni ragionevole dubbio. Basta leggere l’ordinanza di Brescia, che aveva respinto la richiesta di riaprire il processo, per capire che la difesa di Stasi non ha portato elementi nuovi che sono imprescindibili per chiedere di riaprire il caso”, conclude l’avvocato Gian Luigi Tizzoni.

In particolare, la suprema Corte non ha ritenuto rilevanti per la riapertura del caso gli elementi portati dalla difesa di Alberto Stasi. Si trattava di una consulenza tecnica che individuava frammenti di impronte vicino a quelle di Stasi; una nota tecnica, allegata al verbale delle operazioni eseguite dalla polizia scientifica nel 2007, che si riferiva a “micro crosticine di sapone sul dispenser”, e una fotografia del Ris che mostrava quattro capelli nel lavandino del bagno. >> Le notizie di cronaca nera