“Impossibilità di ricostruire la vicenda”. Nonostante la sentenza, la storia dell’omicidio di Marco Vannini è ancora circondata da una nube di inquietanti dilemmi. “La morte di Marco ha privato la famiglia Vannini e anche la giustizia di conoscere una eventuale alternativa a quella fornita dalla famiglia Ciontoli”. Tra le 85 pagine che compongono le motivazione della sentenza del 30 settembre 2020 emessa dalla seconda Corte d’Assise di Appello di Roma sul processo bis per la morte di Marco, infatti, si leggono ancora delle diffidenze su quanto ricostruito fino adesso.
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Omicidio Marco Vannini, le motivazioni della sentenza
Lo scorso 30 settembre la famiglia Ciontoli ha ricevuto la condanna per omicidio volontario: 14 anni al padre Antonio per omicidio volontario con dolo eventuale, 9 anni e 4 mesi alla moglie Maria e ai due figli Martina e Federico per concorso anomalo in omicidio volontario. Tutto, si può dire, ha avuto inizio con la pronuncia della Cassazione che il 7 febbraio 2020 ha annullato il verdetto, stabilendo di fatto che il processo doveva essere ripetuto da capo.
Ma quello che colpisce di più tra i vari passaggi trascritti dai giudici per motivare la sentenza sono le incongruenze che attanagliano la vicenda. Si sono scagliati contro la difesa della famiglia Ciontoli, che in tutti questi anni ha sempre sottolineato che la morte del giovane Marco avrebbe fatto fallire il piano di Antonio per salvaguardare il suo posto di lavoro. Per questo secondo gli avvocati, era assurdo che la famiglia avesse premeditato l’omicidio di Marco Vannini. “L’unico in grado di porre in crisi la costruzione di un omicidio per colpa era Marco Vannini, ed ecco perchè il suo decesso, in termini di mera convenienza personale, era da preferire alla sua sopravvivenza”, evidenziano tuttavia i giudici.
Il ruolo di Martina Ciontoli, la fidanzata di Marco
Anche il ruolo di Martina Ciontoli lascia perplessi i giudici. “Era nel bagno e ha assistito al colpo d’arma da fuoco esploso dal padre nei confronti di Marco”, scrivono. A riguardo non ci sono dubbi: la ragazza ha visto lo sparo e, di conseguenza, anche tutto ciò che ha comportato. La fuoriuscita di sangue, la reazione del fidanzato: tutto è successo di fronte ai suoi occhi. “Invece di intervenire per aiutare Marco, aiuta il padre a depistare le indagini, contribuendo ad avvalorare la versione da lui fornita”, si legge nella sentenza. E ad accreditare questa tesi, poi, si è aggiunta anche la testimonianza in aula fornita da Viola Giorgini, la fidanzata di Federico Ciontoli, ascoltata in questo processo bis come testimone.
La ragazza, infatti, ha raccontato di essere uscita dalla stanza insieme al suo fidanzato subito dopo aver sentito un forte rumore, e poi di aver sentito la voce di Antonio e di Martina provenire dal bagno. Anche per questo i giudici sostengono che “Martina si trovava nel bagno nell’immediatezza dello sparo”.
E’ la prima volta che viene scritto nero su bianco che la giovane era sul luogo della tragedia, proprio mentre questa prendeva forma. Era lì, vicino al suo fidanzato quando lui è stato colpito dallo sparo del padre. Un colpo che per Marco è stato fatale. >> Tutte le notizie di UrbanPost