In molti se lo chiedono da tempo, e dopo la strage messa in atto dalla Russia a Bucha, la domanda è diventata ancora più frequente: perché l’Onu non interviene in Ucraina? Per riuscire a rispondere a questa domanda, bisogna innanzitutto ricordare che cosa sono le Nazioni Unite, e come vengono prese le decisioni all’interno dell’Organizzazione.
Che cos’è l’Onu e perché non interviene in Ucraina
L’Organizzazione delle Nazioni Unite, meglio conosciuta come Onu, nasce nel 1945 in seguito alla seconda guerra mondiale. Lo scopo primario è quello di rafforzare la pace a livello internazionale, la sicurezza e le buone relazioni tra gli Stati, promuovere lo sviluppo economico e sociale e garantire il rispetto dei diritti umani. Composta inizialmente da 51 Stati, negli anni la sua influenza si è ampliata a 193. Al suo interno è presente anche un Consiglio di Sicurezza formato da cinque membri permanenti e dieci non permanenti eletti in rappresentanza. E’ la struttura con maggiore capacità decisionale, e tra i membri fissi fanno parte gli Stati vincitori della seconda guerra mondiale: Francia, Regno Unito, Stati Uniti insieme a Cina e Russia.
Questo passaggio è fondamentale per comprendere il mancato intervento dell’Onu in Ucraina: le decisioni del Consiglio, infatti, necessitano di una maggioranza di almeno nove su quindici. Ma soprattutto del voto di tutti e cinque i membri permanenti che, se vogliono, possono anche esercitare il diritto di veto e bloccare una risoluzione. Per esempio, la Russia ha già votato contro la mozione sulla condanna dell’aggressione militare in Ucraina, ponendo il veto. Di conseguenza, il documento non è stato approvato dall’Assemblea. Non è difficile capire, quindi, perché al momento risulta praticamente impossibile che le Nazioni Unite mandino i caschi blu in terra ucraina.
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Onu, perché non verranno inviati i caschi blu
In linea teorica l’Onu potrebbe attivarsi e scavalcare, di fatto, la votazione. Tuttavia, molto probabilmente non succederà per evitare di aggravare ulteriormente il conflitto. “L’Onu potrebbe attivarsi facendo riferimento alla violazione, da parte della Russia, delle norme di diritto internazionale che proteggono la sovranità degli Stati. E, conseguentemente, richiamando l’applicabilità del Capitolo VII dello Statuto delle Nazioni Unite. Il Consiglio di Sicurezza risulta paralizzato e incapace di agire efficacemente poiché la crisi riguarda direttamente un membro permanente”, ha infatti spiegato il professore di International Institutional Law e di Diritto internazionale umanitario e tutela dei diritti umani all’Università di Torino Edoardo Greppi.
Il capitolo VII dello statuto dell’Onu regolarizza le azioni da intraprendere per mantenere il rispetto della pace, contro la violazione di essa e gli atti di aggressione. Tra i compiti principali del Consiglio di Sicurezza, infatti, c’è proprio il principio di peacekeeping. E in base al capitolo VII l’Onu può decidere di intervenire con operazioni mediante forze aree, navali o terrestri di membri delle Nazioni Unite. Letteralmente, l’articolo 42 cita: “Se il Consiglio di Sicurezza ritiene che le misure previste nell’art. 41 siano inadeguate o si siano dimostrate tali, esso può intraprendere, con forze aeree, navali o terrestri, ogni azione che sia necessaria per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale. Tale azione può comprendere dimostrazioni, blocchi ed altre operazioni mediante forze aeree, navali o terrestri di Membri delle Nazioni Unite”.
Rimane il fatto, però, che le decisioni vengono prese dal Consiglio. E la Russia eserciterebbe il potere di veto, rendendo così impossibile ogni azione da parte delle Nazioni Unite sul territorio ucraino.
Alcuni esperti hanno riportato alla memoria la risoluzione 377A, la “Uniting for peace”, che conferirebbe di fatto all’Assemblea i poteri del Consiglio. Superando, quindi, in linea teorica, lo stallo dovuto dai veti. Nella pratica, però, questa mozione non è mai stata applicata, e lo stesso destino probabilmente si verificherà adesso. >> Tutte le notizie di UrbanPost