Annunciato per il 26 marzo 2021 lo sciopero dei riders, i fattorini solitamente in biciletta o in motorino che consegnano gli ordini per le note piattaforme online di food delivery. “Venerdì non ordinate cibo online”, chiede la rete nazionale RiderXiDiritti.
Lo sciopero dei rider
“Il 26 marzo i ruoli saranno invertiti, i rider di tutta Italia si fermeranno in attesa che stavolta tocchi a loro ricevere qualcosa: un contratto vero e proprio, con tutele reali, concrete garanzie, equità e rispetto del loro lavoro. In altre parole, un contratto collettivo nazionale – ha scritto la Uiltucs sul suo sito internet -. Ci troviamo in una situazione paradossale, eppure diffusa nel mondo del lavoro contemporaneo, sempre più simile ad una giungla. Siamo pedine nelle mani di un algoritmo, eppure siamo considerati lavoratori autonomi; siamo inseriti in un’organizzazione del lavoro senza alcun potere, eppure non siamo considerati lavoratori dipendenti”. “Il finto lavoro autonomo – spiega ancora il sindacato – è solamente un espediente: consente a multinazionali feroci di non rispettare i contratti e di non riconoscerci tutele quali ferie, malattia, tredicesima, quattordicesima, tfr, salari certi in base ai minimi tabellari e non variabili in base al ricatto del cottimo”.
Firmato un accordo tra sindacati e aziende
Mentre continua la lotta per i diritti dei circa 30mila lavoratori nel settore del food delivery, sindacati e aziende del delivery hanno firmale mercoledì un accordo per eliminare lo sfruttamento. Cgil, Cisl, Uil e Assodelivery hanno sottoscritto, davanti al ministro del Lavoro, il protocollo quadro sperimentale per la legalità, contro il caporalato, l’intermediazione illecita e lo sfruttamento lavorativo nel settore del food delivery.
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Sulle orme della Spagna
“Non ci sono dubbi – ha commentato Mario Grasso, di UILTUCS -. Per noi il contratto collettivo di lavoro di riferimento non può che essere quello dei pubblici esercizi e della ristorazione”. La Spagna è stato il primo Paese europeo, proprio a marzo 2021, a legiferare per rendere i riders dipendenti salariati con i corrispondenti diritti. “Un lavoratore che percorre le nostre strade con un’app non è un imprenditore”, ha detto la ministra del Lavoro spagnola Díaz. D’ora in poi, ha aggiunto, “migliaia di lavoratori saranno dipendenti, avranno i contributi pagati e avranno diritto a tutte le tutele sociali che non hanno oggi”. >> Tutte le news di UrbanPost