Al programma “A sua immagine”, su Raiuno, ieri, domenica 8 novembre 2020, è stata raccontata la storia di Elisabetta Cipollone, madre che ha perso il proprio figlio in un incidente stradale, causato da un pirata della strada. Il suo Andrea ha perso la vita nel 2011: aveva soltanto 15 anni. È stato travolto mentre attraversava sulle strisce pedonali, fuori dall’oratorio, sotto gli occhi attoniti del fratello gemello. Questa mamma coraggio ha raccontato di essersi fatta “matita” per realizzare il disegno del figlio: costruire pozzi per i bambini africani. Era il suo sogno, il grande progetto, contenuto in un diario. Attraverso la campagna di raccolta fondi “Un pozzo per Andrea”, dal 2011 ad oggi sono stati costruiti ben 24 pozzi in Etiopia.
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La storia di Elisabetta che costruisce pozzi in Africa per il figlio morto in un incidente
Andrea è morto il 29 gennaio 2011, investito da un pirata della strada. Viveva con la sua famiglia a Peschiera Borromeo, in provincia di Milano. «Mio figlio aveva un cuore grande e pensava a questa bella opera sulle pagine del suo diario. Era un ragazzo splendido e pensava agli altri», ha raccontato Elisabetta Cipollone, che è stata premiata come ufficiale dell’ordine al merito dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. «Siamo stati insieme due volte in Africa e vedendo la povertà estrema in cui vivono migliaia di persone, Andrea chiedeva il perché. Tra i vari motivi, rispondevamo che la mancanza d’acqua, la siccità e le difficoltà nelle coltivazioni erano la causa di tanta sofferenza. Per questo avrebbe voluto costruire un pozzo», ha raccontato la signora tempo fa all’Ansa. Un retroscena spiegato anche in collegamento al programma di Lorena Bianchetti. Ed è un’iniziativa meravigliosa. L’obiettivo quello di promuovere il diritto all’acqua pulita in aree colpite duramente da carestia e siccità, come l’Etiopia e l’Eritrea.
A tu per tu con l’assassino del suo Andrea: «Ero assetata di giustizia, poi…»
Tempo fa ‘Fanpage’ aveva dedicato un articolo alla signora Elisabetta Cipollone, raccontando del suo incontro dietro le sbarre con l’uomo che ha assassinato suo figlio. La donna ha raccolto firme in tutt’Italia perché venisse riconosciuto l’omicidio stradale: «Sono entrata in carcere assetata di giustizia, mi sono sentita riconosciuta nel mio bisogno proprio da chi ha commesso il reato che mi aveva portato via mio figlio. Lo so che è incredibile da credere, ma il desiderio di vendetta e il rancore si sono trasformati in liberazione e comprensione», raccontò nel 2017 la mamma di Andrea, che scelse di partecipare al Progetto Sicomoro, promosso dall’associazione Prison Fellowship, che è presente in 136 nazioni. Si tratta di uno strumento di “giustizia riparativa”. Leggi anche l’articolo —> Covid-19, in Rsa a Castelfranco Veneto arriva “la stanza degli abbracci”