Strage di Bologna mandanti chi sono? In occasione del 41esimo anniversario dell’attentato di cui «non tutte le ombre sono state dissipate», come ha osservato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, Concetto Vecchio ha intervistato per ‘Repubblica’ Giuliano Turone, magistrato, scrittore e accademico italiano, che ha scoperto gli elenchi della P2. Questi è tornato a parlare del processo che cerca di fare luce sul ruolo di Licio Gelli come finanziatore del più grande attentato nella storia di Italia. Secondo in Europa solo alla carneficina del 2004 alla stazione di Atocha, Madrid, 191 vittime. «Penso che sia uno dei processi più importanti mai tenuti nel nostro Paese. Quello che più di tutti va a fondo sul ruolo avuto dai piani alti nella strategia della tensione. Gelli, il generale Pietro Musumeci e l’agente segreto Giuseppe Belmonte vennero condannati in passato per depistaggio. Ma stavolta c’è un salto di qualità e il dibattimento potrà finalmente fare luce sui mandanti e i finanziatori. È un fatto nuovo», ha esordito Turone.
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Strage di Bologna, Giuliano Turone: «Finalmente siamo vicini alla verità sui mandanti»
L’orologio della sala d’aspetto della stazione di Bologna è fermo alle 10 e 25, orario in cui avvenne l’esplosione che causò 85 vittime (la più piccola aveva soltanto 3 anni) e oltre 200 feriti. Nonostante i processi e le condanne, ancora restano tanti dubbi. «Menti ciniche che puntavano alla destabilizzazione della democraziaitaliana». Con queste parole il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha definito i mandanti della strage. Il capo dello stato ha poi sottolineato l’impegno dei bolognesi che all’epoca «seppero reagire con sofferto coraggio, offrendo solidarietà a chi aveva bisogno di aiuto, di cure, di conforto».
Durante la commemorazione è intervenuto anche il presidente dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini: «Gli anni passano, ma non passa certo il dolore, la sofferenza e il bisogno di piena verità. Dolore per 85 vite spezzate, 200 feriti, per chi è sopravvissuto e porta dentro di sé ferite insanabili. Dolore di un’intera comunità e istituzioni, che non si arrenderanno mai finché non si arriverà alla piena verità». Sulla verità «oggi ci sono speranze grazie al processo ai mandanti. Che può rappresentare un passo in avanti decisivo. Se ci si è potuti arrivare è grazie all’impegno dell’associazione delle vittime. Sappiate che l’Emilia-Romagna vuole arrivare alla piena verità a partire dai mandanti. Sappiate che sarà sempre al vostro fianco», ha aggiunto Bonaccini.
Il ruolo di Licio Gelli nel terribile attentato
A proposito del processo è di queste ore l’intervista a Giuliano Turone uscita su “Repubblica”. La prova del finanziamento di Gelli ai Nar, autori della strage, starebbe in un appunto sequestrato al Venerabile nel settembre 1982, che solo adesso sarebbe entrata nel processo. «Fu trovato addosso a Gelli dalle autorità svizzere, dopo il suo arresto a Ginevra. E soltanto nel 1986 arrivò nelle mani dei magistrati milanesi che indagavano sulla bancarotta del Banco ambrosiano. I quali chiesero alla Guardia di Finanza di redigere una relazione, che arrivò l’anno successivo. Già nelle prime pagine si metteva in evidenza la particolare importanza dell’appunto che recava la scritta Bologna con accanto il numero di un conto corrente 525779-X.S. Conteneva nomi e date di una fitta serie di transazioni. I finanzieri sottolinearono che allo stato non era ben chiaro il significato della parola Bologna, lasciando intendere che era un punto da approfondire», ha detto Turone.
Strage di Bologna, Turone: «Bisogna considerare il contesto storico»
I soldi per finanziare la strage provenivano dal Banco ambrosiano. Come arrivarono a Gelli? «Attraverso una serie di complesse operazioni condotte da un coacervo di figure legate anche ai servizi segreti controllati dalla P2. Vi ebbe un ruolo centrale l’imprenditore Marco Ceruti, considerato il cassiere di Gelli, che è riparato negli Stati Uniti, in Florida». Come ricorda Concetto Vecchio nell’intervista a ‘Repubblica’ Gelli versò 5 milioni di dollari a Ceruti, che era iscritto alla P2. «È la riprova del ruolo che vi ebbe la P2. Anche se fino a questo punto non era mai stato scoperto. Consideri il contesto storico nel quale opera la loggia, l’alternanza di potere al governo era invisa a un certo tipo di atlantismo esasperato. Aldo Moro venne minacciato da Kissinger se avesse portato a termine il progetto del compromesso storico. E allo stesso tempo, nel 1973, a Sofia, Berlinguer fu vittima di un attentato fatto passare per un incidente stradale», ha chiarito Turone.
Mandanti, organizzatori e finanziatori
Ma non solo Licio Gelli, come ricorda “Il Resto del Carlino”. Ci sono i “mandanti, organizzatori e finanziatori”: di mezzo anche il suo braccio destro Umberto Ortolani, come pure l’ex potente prefetto a capo dell’ufficio Affari riservati del ministero dell’Interno, Federico Umberto D’Amato. E ancora il direttore del Borghese, Mario Tedeschi, Paolo Bellini di Avanguardia Nazionale, che avrebbe agito “in concorso” con gli ex Nar già condannati per l’attentato. Da Francesca Mambro a Giusva Fioravanti (ergastolo), da Luigi Ciavardini (30 anni, tutti e tre definitivi) a Gilberto Cavallini (ergastolo, primo grado). E altre zone d’ombra da chiarire. «Sarà un processo epocale, l’ultimo passo per la verità totale che svelerà chi organizzò e finanziò la strage», il commento di Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione delle vittime. Leggi anche —> Strage di Bologna, il dramma dell’attentato in musica e parole: da De Andrè a Guccini, da Zanzotto a Benni