Vai al contenuto

Vaccini anti Covid-19, quali sono e come funzionano

05/02/2021 08:01

Una panoramica dei principali vaccini che contrastano Sars-Cov-2 sulla base di caratteristiche, differenze, problemi logistici e potenzialità.

Stanno arrivando, pur con ritardi e problemi distributivi, i preparati per immunizzarci dopo un anno di lotta alla pandemia da coronavirus e si può quindi offrire una panoramica di tutti i principali vaccini anti Covid-19 per capire quali sono e come funzionano, sulla base dei dati disponibili.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) precisa che, al 12 gennaio 2021, risultavano 236 vaccini in corso di sviluppo, di cui 173 in fase pre-clinica e 63 in fase clinica (15 di questi ultimi nella fase 3), ma solo Pfizer-BioNTech e Moderna sono già operativi e autorizzati anche in Europa, in attesa di ricevere anche Oxford-Astrazeneca, appena approvato dall’EMA, e il preparato di Johnson & Johnson.

Fa il punto della situazione sui vaccini anti-covid, anche il medico e professore Matteo Bassetti, in un’intervista rilasciata al Quotidianpost.it

Vaccini anti Covid-19, Stati Uniti in pole position con Pfizer

La statunitense Pfizer, in collaborazione con la tedesca BionNTech, ha tagliato il traguardo per prima con il vaccino BNT162b2 lo scorso 9 novembre e, un mese dopo, la Food and Drug Administration ha autorizzato l’uso del farmaco con procedura d’emergenza, visti i risultati incoraggianti della sperimentazione, che promettono un’efficacia al 95%, con l’obbligo di due iniezioni a tre settimane di distanza una dall’altra.

Già usato in Europa, Stati Uniti, Medio Oriente, Singapore e vari Paesi del centro e Sud America, Pfizer ha il problema della conservazione in congelatori speciali a – 70 c°, ma si punta a produrre e distribuire 1,3 miliardi di dosi entro fine anno, anche se l’Italia e altri Paesi stanno soffrendo per i ritardi sulle forniture che si spera di superare al più presto.

Il vaccino Moderna

Altra creazione made in Usa è il vaccino Moderna mRNA-1273 con efficacia del 94,5% che, a differenza di Pfizer-BioNTech, si inietta sempre in due dosi, ma a quattro settimane una dall’altra e si può conservare per 30 giorni in frigorifero, oppure per una durata massima di sei mesi, purché a 20 gradi sotto zero. Approvato, da Food and Drug Administration il 17 dicembre 2020, il vaccino Moderna arriverà in Europa con 160 milioni di dosi e in quantità massiccia anche in Qatar, Giappone e Canada.

Johnson & Johnson

Gli Stati Uniti stanno perfezionando anche il preparato Johnson & Johnson Ad26.COV2.S che dovrebbe completare la fase 3 di sperimentazione e pubblicare i risultati entro pochi giorni. Ovviamente, non si conosce ancora la reale efficacia, ma si può conservare in frigorifero a temperature più alte di Pfizer, è quindi più gestibile nello stoccaggio e si somministra in una sola dose, garantendo una più veloce immunizzazione.

Novavax

Il quarto asso americano nel campo dei vaccini dovrebbe essere Novavax NVX-CoV2373, a patto che si concluda in tempi brevi la sperimentazione di fase 2, prima di avviare quella conclusiva con i volontari su larga scala che è essenziale per l’approvazione finale. La conservazione del preparato è in frigorifero, senza necessità di scendere fino – 70 c°, ma l’efficacia è ancora sconosciuta e ci sarebbe l’obbligo di fare due iniezioni a 3 settimane una dall’altra, proprio come Pfizer.

Il vaccino europeo sulla rampa di lancio

L’Europa è a sua volta impegnata sul fronte del vaccino anti Covid attraverso AstraZeneca Oxford AZD1222 che dovrebbe offrire protezione intorno al 90%. Anche l’Italia è coinvolta nella produzione di questo vaccino attraverso l’azienda Advent che è specializzata nel trattamento degli adenovirus (virus infettivi a Dna) depotenziati e appartiene al gruppo Irbm con sede a Pomezia, a una trentina di chilometri da Roma. Si tratta di una collaborazione anglo-svedese molto promettente, ha già terminato la sperimentazione del farmaco che si conserva in frigo per 6 mesi, con somministrazione in due dosi ad almeno 4 settimane di distanza.

Lo scorso 29 gennaio, l’Agenzia europea per i medicinali (EMAha autorizzato l’impiego di Astrazeneca contro Sars-Cov-2 per tutti gli adulti a partire da 18 anni considerando che, sui quattro studi clinici effettuati nel Regno Unito, Brasile e Sud Africa, due trials in particolare sono stati decisivi per valutarne l’efficacia su un campione di 24.000 volontari. La sperimentazione clinica ha riguardato soprattutto soggetti tra 18 e 55 anni e solo 13% era over 65, quindi il vaccino potrebbe essere più efficace nelle persone più giovani, ma negli Stati Uniti è in corso uno studio di approfondimento.

Resta da risolvere una disputa tra Ue e azienda produttrice per il ritardo delle forniture che la prima addebita a inadempienze contrattuali e la seconda giustifica, garantendo l’impegno a ricuperare il ritardo nei prossimi mesi. Si spera che, da aprile, tutti i vaccini disponibili sul mercato siano finalmente a regime produttivo.

Le differenze tra Pfizer, Moderna e AstraZeneca Oxford

I vaccini Pfizer-BioNTech e Moderna sono basati su RNA messaggero (mRNA). In pratica, si inietta una piccola parte di acido ribonucleico (RNA) del virus in grado di trasmettere il messaggio ai ribosomi, dentro le nostre cellule, che sintetizzano le proteine e agiscono come una fotocopiatrice, creando la proteina Spike del Covid-19. Una volta entrata in circolo, il sistema immunitario reagisce eliminandola, ne conserva memoria e ci permette di essere immunizzati, in caso di attacco del virus vero e proprio.

L’istituto superiore di Sanità precisa che AstraZeneca Oxford agisce in modo diverso perché è un vaccino a vettore virale, cioè usa una versione modificata dell’adenovirus dello scimpanzé, che è non più in grado di replicarsi, come vettore per fornire le istruzioni che servono a sintetizzare la proteina Spike di SARS-CoV-2. Una volta prodotta, la proteina può stimolare una risposta immunitaria anticorpale o cellulare.

Questa tecnologia è anche alla base del primo vaccino approvato per Ebola, alla fine del 2019, ha costi di sviluppo molto inferiori rispetto ai vaccini mRNa ed è molto più stabile a livello di conservazione e trasporto, perché non ha bisogno di temperature troppo basse.

I vaccini anti Covid cinesi

La Cina è stata la prima a subire la pandemia di Sars-Cov-2, ha già sviluppato vari vaccini e, secondo la ricostruzione di Alberto Bellotto e Federico Giuliani per Inside Over,  l’esercito cinese ha approvato a giugno 2020 il preparato Ad5-nCoV dell’azienda CanSino che, a partire da agosto, ha eseguito test di fase 3 in vari Paesi tra i quali Arabia Saudita, Russia e Pakistan. Si tratta di un vaccino a dose singola basata sulla tecnologia a vettore virale e il preparato si conserva in frigo, ma di cui sappiamo poco a livello di efficacia.

Sinopharm è un altro importante nome della farmacologia cinese che ha puntato su due vaccini BBIBP-CorV e New Crown Covid-19, basati su coronavirus inattivati di cui si attesta un’efficacia all’86%, prevedono 2 iniezioni a 3 settimane di distanza come Pfizer con test su persone a rischio, ma si attendono tutti i risultati di fase 3 per la commercializzazione su larga scala in Cina.

L’azienda cinese privata Sinovac Biotech ha inoltre prodotto un vaccino (Coronavac) dall’efficacia ancora sconosciuta, sempre basato su coronavirus inattivati, che prevede due dosi a distanza di un paio di settimane con studi già in fase 3 in patria, Brasile, Indonesia e Turchia. Il governo cinese ha concesso solo un’approvazione d’emergenza limitandone l’uso su persone ad alto rischio come i sanitari.

La risposta russa al Covid-19

Il presidente Vladimir Putin ha autorizzato l’uso del vaccino Sputnik V che ha battuto il record mondiale di brevetto, ancora prima che la fase 3 fosse conclusa, tra lo scetticismo generale. Tuttavia, la federazione russa aveva già confermato lo scorso ottobre che nessuno dei duemila volontari, sottoposti a prima dose e richiamo, si erano infettati e, tra questi, c’era anche una delle figlie del leader russo come maggiore garanzia.

L’istituto di ricerca Gamaleya ha sviluppato il vacchino che mostrerebbe un’efficacia del 91,4%, si conserva in congelatore, prevede due dosi a distanza di 3 settimane ed è il preparato di punta russo, in attesa che si completi lo studio della fase 3 di EpiVacCorona, già approvato dal governo lo scorso 14 ottobre.

I vaccini russi interessano Germania e Israele

Vari Paesi cominciano a interessarsi ai vaccini russi per ampliare il ventaglio dell’offerta, riducendo il rischio di effetti collaterali su pazienti ipersensibili agli altri preparati, e per avvantaggiarsi dei costi più abbordabili. E’ la stessa strategia commerciale che la Cina adotta per aumentare la sua influenza geopolitica, rendendo accessibile il prezzo dei suoi preparati per diffonderli più facilmente nei Paesi più poveri in Asia, Africa e America Latina.

Per queste ragioni, La redazione di Piccole Note conferma l’apertura della cancelliera Angela Merkel riguardo “accordi sulla produzione e anche sull’uso” del vaccino russo, dopo l’approvazione dell’Agenzia del farmaco europeo, mentre Israele ha già confermato di aver aperto un confronto con Mosca per la produzione congiunta di vaccini.