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Il commissario Ue all’Industria chiama Arcuri: “Aumentare produzione vaccini, l’Italia può aiutare”

16/02/2021 12:25

Vaccini anti-Covid. Il commissario europeo all’Industria e Mercato interno Thierry Breton ha contattato il commissario straordinario per l’emergenza Covid Domenico Arcuri, per identificare aziende farmaceutiche italiane che abbiano le caratteristiche e le capacità adatte ad aumentare la produzione di vaccini anti-Covid sul territorio europeo. Lo si apprende da fonti Ue.

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I contatti risalgono alla settimana scorsa e si inquadrano negli sforzi attuati dalla Commissione Europea per aumentare la produzione di vaccini contro Sars-CoV-2 nel territorio europeo. Breton è a capo di una task force ad hoc creata dalla Commissione Europea per lavorare su questo aspetto, cruciale come si è visto all’inizio dell’anno.

Vaccini anti Covid, l’Unione Europea ha fretta di estendere la produzione, ma come? L’ipotesi di “cessazione coatta dei brevetti”

Le strozzature nella produzione su larga scala dei vaccini possono essere superate solo lavorando con l’industria e incoraggiando la tendenza, già presente nel mercato, a consorziarsi per produrre più vaccini: la francese Sanofi ha stretto un accordo per produrre 125 milioni di dosi del vaccino di Pfizer-BioNTech, e il colosso tedesco Bayer ha siglato un’intesa con la biotech di Tubinga CureVac per produrre il vaccino di quest’ultima.

Proprio un problema nella produzione (pare un insufficiente tasso di riproduzione dell’adenovirus su cui si basa il vaccino nello stabilimento di Hénogen/Novasep di Seneffe, in Belgio) sarebbe stato all’origine del taglio delle forniture che la multinazionale anglo-svedese AstraZeneca ha operato sulle consegne di dosi all’Ue previste nel primo trimestre, dimezzate da 80 a 40 milioni. Taglio che si è fatto sentire sui piani vaccinali, nei quali il vaccino AstraZeneca giocava un ruolo rilevante. Breton, che oltre ad aver fatto il ministro dell’Economia in Francia è stato Ceo di grandi gruppi come France Telecom, Thomson Multimedia e Atos, sta lavorando con l’industria farmaceutica e con gli Stati membri a questo scopo, in un’ottica di collaborazione tra il pubblico e il privato.

La possibilità, che in teoria esiste, della licenza obbligatoria, cioè la cessazione coatta del brevetto in cambio di royalties, anche se non viene esclusa viene considerata allo stato poco praticabile, dato che gli stabilimenti per produrre vaccini anti Covid (alcuni dei quali, come quelli a mRna, sono di nuovissima concezione) non si realizzano dall’oggi al domani.

L’Italia può dare una mano nella corsa a produrre i vaccini anti-Covid: i numeri del “pharma” tricolore

L’Italia può dare una mano nella corsa a produrre i vaccini: la farmaceutica è uno dei settori di punta dell’industria nazionale. Secondo dati Farmindustria , l’associazione datoriale di settore, il pharma italiano conta oltre 200 imprese con 66.500 dipendenti, il 90% dei quali laureati, con altri 79mila nell’upstream (dati 2019). Le competenze nel farmaceutico attirano investimenti esteri, tanto che il 59% delle imprese del settore è di proprietà straniera, il 41% italiana.

E’ un settore che investe: oltre 3 miliardi di euro nel 2019, 1,7 mld in ricerca e sviluppo, 1,3 mld in nuovi impianti e macchinari. Il pharma italiano vanta un valore della produzione di 32 mld di euro, per l’80% export. E’ un settore diffuso sul territorio nazionale: anche se la Lombardia, con 29mila dipendenti diretti e 22mila nell’upstream, è in testa, piazzandosi tra le regioni più importanti d’Europa nella farmaceutica, anche Lazio, Piemonte, Liguria, Toscana, Veneto, Emilia-Romagna, Marche, Abruzzo, Puglia, Sicilia giocano un ruolo assai rilevante

Le esportazioni del farmaceutico in Italia nel 2008-2018 sono cresciute del 117%, più della media dei grandi Paesi Ue. Non è quindi una sorpresa che Breton, cercando impianti in Europa che possano ‘dare una mano’ nella produzione di vaccini, guardi, tra gli altri Paesi, anche all’Italia. >> Tutte le notizie sul Coronavirus