In questi giorni i russi stanno bussando alle porte dei laboratori scientifici italiani. Qual è il loro obiettivo? Gli uomini commissariati da Krill Dmtriev, l’amministratore delegato del Russian Direct Investment Fund, il fondo sovrano del Cremlino, stanno cercando di trattare con le maggiori aziende farmaceutiche italiane per iniziare la produzione del vaccino anti covid russo, lo Sputnik V, sul nostro territorio. E mentre Palazzo Chigi si irrita per un’operazione priva del consenso governativo, la Lega esulta.
Vaccino russo, il Cremlino tenta la produzione in Italia senza il consenso del governo
Il vaccino russo Sputnik V ancora non è stato approvato dall’Ema. Ma questo non sembra essere un problema per il Cremlino. Il piano, seguito personalmente dal Presidente Vladimir Putin, infatti, è quello di riuscire a iniziare la produzione in Italia per accelerare i tempi e, soprattutto, per dimostrare una supremazia russa sul fronte vaccini. Perché di questo si sta parlando: la Russia vuole dimostrare all’Occidente la forza del suo Paese rispetto alle mancanze delle aziende aziende, che non stanno rispettando i tempi di consegna accordati con gli Stati membri dell’Unione europea. Insomma, come a dire: mentre gli altri non riescono a fornirvi i vaccini, noi siamo pronti a produrveli in casa.
La dimostrazione di questa operazione di colonizzazione è San Marino: lì sono già iniziate le consegne. E quello non è altro che il punto di partenza, visto che alcuni laboratori italiani pare si siano definiti disponibili a incominciare la collaborazione. Una collaborazione, chiariamo, pagata fior fior di quattrini.
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Vaccino russo, la Lega esulta per l’operazione del Cremlino
Ma non è solo questo: il Cremlino ha bisogno dei laboratori italiani per la produzione del vaccino russo. Ne ha bisogno per riuscire a rispettare gli accordi presi con i Paesi africani. Perciò ha iniziato la ricerca tra le aziende in possesso di bioreattori compatibili con lo Sputnik, saltando anche i contatti con i governi. Anche perché, come spiega Repubblica, se volesse vendere il prodotto secondo i canali ufficiali dovrebbe prima attendere l’approvazione dell’Ema. Il che significherebbe aprire le porte dei suoi laboratori agli ispettori europei. Se invece iniziasse la produzione in Italia, allora si aprirebbero solamente quelle di Monza, dove ha sede la Adienne Srl, un’impresa che proprio ieri ha annunciato di aver firmato un accordo per produrre 10 milioni di dosi di Sputnik a luglio. E potrebbe non essere la sola.
In tutto questo, mentre Palazzo Chigi irrita per essere stato letteralmente scavalcato, la Lega esulta per l’arrivo della Russia in territorio europeo. Ma se mai dovesse iniziare veramente la produzione, l’Italia si troverebbe in seria difficoltà: dovrebbe bloccare l’export come ha fatto con AstraZeneca, o autorizzarlo? Tra l’altro, ieri la Camera di commercio italo-russa che ha seguito l’accordo ha fatto sapere di aver svolto tutto sotto gli occhi vigili della Farnesina. Secondo quanto apprende Repubblica, però, pare che l’ambasciata italiana a Mosca abbia messo in contatto gli italiani con il fondo russo per altri provvedimenti, totalmente diversi dalla produzione del vaccino russo. Nemmeno questo potrebbe piacere all’esecutivo italiano. >> Tutte le notizie di UrbanPost