Su «Repubblica» l’intervista di Giuliano Aluffi a Wenfeng Qian, ricercatore dell’Institute of Genetics and Developmental Biology della Chinese Academy of Sciences, che sta per pubblicare sul Journal of Genetics and Genomics uno studio sulle possibili origini di Omicron. Sembra ormai chiaro che la mutazione non si sia evoluta dalle precedenti varianti, ma che abbia avuto un’evoluzione a sé, parallela, che è passata in sordina. Le recenti ricerche spingono gli esperti a credere che Omicron sia l’esito di un doppio salto di specie, che provenga dai topi.
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Omicron, lo scienziato Qian: “Doppio salto di specie, la nuova variante arriva dai topi”
Lo studio del professor Qian e della sua equipe suggerisce che l’origine di Omicron sia da ricercarsi in mammiferi diversi dall’uomo. “La proteina Spike, per la sua capacità di legarsi alle cellule dell’organismo ospite, determina quali e quante specie animali possono essere infettate dal virus. Ora: la variante Omicron ha accumulato il maggior numero di mutazioni nella proteina Spike tra gli oltre 6 milioni di varianti del Sars-CoV-2 che sono state sequenziate e note per essersi evolute nell’uomo. Questa particolarità di Omicron, l’alto numero di mutazioni, potrebbe spiegarsi facilmente se il progenitore di Omicron fosse passato dagli umani a una specie non umana. Perché questo ‘salto’ avrebbe richiesto un notevole numero di mutazioni affinché la Spike si adattasse alla nuova specie”, ha spiegato il ricercatore dell’Institute of Genetics and Developmental Biology della Chinese Academy of Sciences.
Perché si pensa proprio ai topi e non ad altri animali
Sempre a «Repubblica» il professor Qian ha chiarito perché si pensa proprio ai topi: “Le mutazioni nella proteina Spike della variante Omicron si sovrappongono in modo significativo con le mutazioni del Sars-CoV-2 che sappiamo – per studi precedenti – promuovere l’adattamento del virus ai topi. Nel nostro studio noi abbiamo identificato anche le mutazioni della proteina Spike nelle varianti del Sars-CoV-2 isolate in 17 altre specie animali – tra cui gatti, cani, cervi e visoni. Oltre alle varianti trovate nei pazienti umani con infezione cronica. E in nessuno di questi casi abbiamo trovato lo stesso livello di significatività statistica che abbiamo trovato per le mutazioni caratteristiche del virus quando infetta i topi”.
Perché si può scartare che la variante Omicron abbia avuto origine dall’uomo
Il professor Qian ha illustrato infine perché si può scartare l’origine umana: “È implausibile che il progenitore di Omicron si sia evoluto negli umani, come ad esempio in un paziente immunocompromesso: nessuna delle 6 milioni di varianti, comprese quelle che si sono evolute nei pazienti con infezione cronica, è stata soggetta alla stessa forte selezione darwiniana sulla proteina Spike che si vede nel progenitore di Omicron: una selezione che si spiega con la necessità di adattarsi a un’altra specie”. Ma c’è di più: “Lo spettro delle 45 mutazioni puntiformi di Omicron è significativamente diverso dallo spettro di mutazioni che ci aspetteremmo in un virus che si evolve in ospiti umani”, ha aggiunto l’esperto. Ai fini pratici perché è importante sapere che Omicron ha avuto origine dai topi? Qual è il contributo della ricerca che sta per essere pubblicata?
“Il nostro studio enfatizza la necessità di una sorveglianza virale – e di sequenziamenti – negli animali, soprattutto in quelli più a contatto con l’uomo. Inoltre tenere traccia della regione della proteina Spike presente nelle varianti isolate negli animali, e calcolare al computer la loro potenzialità di infettare le cellule umane, può aiutarci a prevenire future diffusioni di nuove varianti del Sars-CoV-2”, le parole dello scienziato Qian. Leggi anche l’articolo —> Come si cura Omicron a casa, Remuzzi: “Antinfiammatori ai primi sintomi”