Riaprire o non riaprire, questo è il dilemma. Se da una parte il governo ha già annunciato il piano delle riaperture, molti virologi stanno facendo le sfilate tra giornali e televisioni per dimostrare il loro disappunto. Tra i più, ci sono i nomi che nell’ultimo anno si sono fatti conoscere grazie alla loro presenza sugli schermi: in particolare Massimo Galli e Andrea Crisanti, ma anche Fabrizio Pregliasco. Perché Draghi ha dichiarato che le riaperture del Paese il 26 aprile sono un “rischio calcolato”, se per gli esperti questa decisione ci costringerà a “pagare un caro prezzo? Forse perchè guardano due facce della stessa medaglia.
Riaperture 26 aprile, gli esperti dicono no
Sia secondo Massimo Galli che secondo Andrea Cristanti, le riaperture del 26 aprile espongono il Paese a un pericolo enorme, perchè i contagi torneranno a risalire in un batter d’occhio. Per Galli, direttore di Malattie infettive del Sacco di Milano, addirittura quello di Draghi è un “rischio calcolato male” e “il sistema dei colori non ha funzionato”. Anche perchè in questi giorni “la curva dei contagi vede una flessione appena accennata”, e per questo teme “che presto avremo un segno opposto”. Sulla via del pessimismo c’è anche Crisanti: “Con una situazione di contagio elevato, pensare alle riaperture vuol dire che tra un mese avremo un aumento dei casi di Covid, e l’estate sarà a rischio e saremo costretti a richiudere”. Non solo: Crisanti ha pure affermato che “siamo governati da persone che non hanno gli strumenti conoscitivi giusti”, e che il Cos è composto da persone “competenti solo in minoranza”.
Questo è un po’ il quadro generale degli esperti. Sostengono che il governo stia sbagliando, e mettono il carico da novanta sottolineando che il Comitato tecnico scientifico sia formato più che altro da incompetenti. Così facendo, però, non fanno altro che disorientare ancora di più i cittadini che, dopo un anno di informazioni contraddittorie, non solo non sanno più a chi credere, ma nemmeno hanno più fiducia nei confronti di chi li governa. E di chi li cura.
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Riaperture 26 aprile, l’estate farà calare i contagi: i dati di un anno fa
Togliendo qualche mese, è oltre un anno che la famosa movida, la grande colpevole di questa pandemia, è ferma. Ma ancora oggi quando si cerca su chi puntare il dito è la prima che viene in mente, insieme ai giovani. Nonostante il fatto che sia tutto fermo. Che i ristoranti non sappiano più contare i giorni delle chiusure, che i bar non tirino fuori i tavoli per far accomodare i propri clienti da mesi. Che il mondo dello spettacolo rischi letteralmente di morire sotto il peso dell’emergenza sanitaria. Probabilmente i virologi guardano il loro prato, e hanno ragione a voler seguire la linea rigorista. Dall’altra parte della staccionata, però, ci sono interi settori con l’acqua alla gola. E quindi sì, forse quella delle riaperture è solamente una decisione politica ed economica, ma necessaria. Anche perchè la scorsa estate abbiamo visto che il virus ha concesso un attimo di tregua.
I dati lo dimostrano: come riporta Il Tempo, quando il governo Conte a maggio stabilì il programma delle riaperture c’erano 72.070 persone positive. Il 15 giugno, un mese dopo, con tutta l’Italia “aperta”, lo stesso numero era calato a 25.909. Il 15 luglio erano meno della metà: 12.493. Ad agosto, poi, erano tornati leggermente a risalire: 14.406. La situazione, fino a quel momento, era comunque sotto controllo. A settembre, invece, i casi scoppiarono: 39.712. Così si continuò fino alla famosa seconda ondata che li fece schizzare a 712.490 a metà novembre. Secondo alcuni esperti, il bel tempo e il caldo però fecero da scudo al virus: “Il caldo non aiuta il virus e i raggi ultravioletti, nel periodo giugno-settembre, hanno un effetto virucida”, aveva infatti spiegato il presidente dell’Aia Giorgio Palù.
E’ ora di smetterla di seminare sfiducia
Tra l’altro, ancora nessuno ha parlato di un “libera tutti”. Il 26 aprile verrà ripristinata la zona gialla, poi tra maggio e giugno, in modo programmato, in base ai dati e ai vaccini somministrati, si riattiveranno i diversi settori. Per ora, infatti, non si parla che di autorizzazioni per le riaperture all’aperto: se è vero che fuori è più difficile essere contagiati, perchè non permettere a coloro che dispongono di spazi dehors di lavorare? Perchè criminalizzarle? Sono gli stessi esperti a sostenere l’abbassamento delle possibilità all’aria aperta. Non bisogna dimenticare che i contagi sono continuati a esserci anche con i ristoranti e i bar chiusi, perchè le persone hanno continuato ad andare in ufficio, a fare le pause pranzo, a prendere i mezzi.
Terrorizzare i cittadini con i bar e i ristoranti, dopo un anno di “Galli ha detto che”, “Crisanti ha detto che”, “Burioni ha detto che”, forse, non è più utile. Piuttosto che seminare la sfiducia, dovrebbero proporre un’alternativa alle chiusure che non sono più sostenibili. Tanto mettere paura alle persone non ferma l’epidemia, questo ormai è chiaro. >> Tutte le notizie di UrbanPost