Vai al contenuto

Cavanna (dir. Oncologia-Ematologia Piacenza): “Molti pazienti covid potrebbero essere curati a casa”

11/05/2021 12:00

Covid cura domiciliare, è “strategicamente sbagliato gestire pazienti con malattie croniche in ospedale. Anche molti pazienti covid potrebbero essere curati a casa”. Lo sostiene il professor Luigi Cavanna, direttore del dipartimento di Oncologia-Ematologia dell’Ospedale di Piacenza, intervenuto ai microfoni di Cusano Italia Tv per parlare, oltre che di cura del Covid, anche di riaperture e vaccini. (continua a leggere dopo la foto)

Covid cura domiciliare, Cavanna (osp. Piacenza): “Strategicamente sbagliato gestire pazienti con malattie croniche in ospedale”

“Dal 2010 al 2019 ci sono stati tagli continui alla sanità”, ha affermato Cavanna. “Sicuramente ci sono stati e ci sono sprechi in sanità, però se si continua a tagliare poi non si possono portare a casa buoni risultati. La popolazione italiana è costituita in una parte importante da anziani, da malati con patologie croniche, come patologie cardiovascolari e oncologiche. Pensare di gestire la maggior parte di questi pazienti negli ospedali è strategicamente sbagliato”.

“Chi ha una malattia cronica va curato fuori dall’ospedale, sul territorio”, incalza il medico piacentino. “Questo per migliorare la qualità di vita del paziente e per pesare meno sull’ospedale, che così potrebbe concentrarsi su emergenze e malattie acute. Da più di un anno ogni giorno dal bollettino quanti pazienti covid sono ricoverati in ospedale, quanti in terapia intensiva, come se tutti i malati covid dovessero essere curati in ospedale nelle terapie intensive”.

covid cura domiciliare

ARTICOLO | Curare il Covid da casa, casi lievi, casi nei bambini e monoclonali: le linee guida del Ministero della Salute

“Malati di Covid, dobbiamo aspettare che si aggravino al punto da portarli in ospedale o possiamo curarli prima a casa?”

Il punto è questo, avremmo dovuto attrezzarci da subito per la cura domiciliare del Covid ma poco o nulla è stato fatto. “Parliamo di una malattia virale, altamente contagiosa – dice Cavanna – che per fortuna fa ammalare solo una parte di popolazione. Ma questa parte che si ammala dobbiamo aspettare che si aggravi al punto da portarla in ospedale o possiamo curarla prima a casa?”

“Io sono un medico ospedaliero –  dice il direttore di Oncologia-ematologia a Piacenza – e mi rendo conto che molte persone quando è possibile devono essere curate fuori dall’ospedale. Molti ospedali, soprattutto nella prima ondata, sono stati quasi completamente occupati da malati covid, sicuramente una parte di loro poteva essere curata fuori dall’ospedale. Per forza di cose dobbiamo trovare modelli nuovi, il modello della medicina ospedaliera che lavora isolata da quella territoriale sta mostrando tutti i suoi limiti. Se i medici dell’ospedale uscissero in modo organizzato sul territorio sicuramente capirebbero dinamiche che restando sempre in ospedale non capiscono”.

Riaperture e liberalizzazione brevetti vaccini anti Covid

Sulle riaperture Cavanna ha un punto di vista minoritario rispetto alla gran parte di virologi, epidemiologi e titolari di reparti di rianimazione. “Quando sento miei illustri colleghi andare in tv e dire che bisogna chiudere e fare il lockdown provo una tristezza profonda. Perché se un medico si ammala e sta a casa lo stipendio lo prende, ma chi invece chiude la propria attività non lo prende. Chi si occupa di scienza e di medicina deve fare uno sforzo più profondo e vivere nel mondo reale. Anche se io lo stipendio ce l’ho comunque, se incontro il ristoratore che ha chiuso, il barista che ha chiuso, il gestore di palestra che ha chiuso, mi devo chiedere: in che mondo vivo?”.

Infine sulla liberalizzazione dei brevetti dei vaccini anti Covid. “Istintivamente viene da pensare che con una pandemia che ha messo il mondo in ginocchio, bisognerebbe liberalizzarli”, afferma Cavanna. “Però l’industria investe tantissimo nella ricerca, se noi gli togliamo i profitti, attenzione… Ogni farmaco nuovo che viene immesso in commercio, viene immesso perché l’industria sponsorizza studi chimici di fase 3. Se non c’è chi fa la ricerca e porta il farmaco saremmo in una situazione di tragedia, quindi bisogna essere cauti”.