Oggi Roma ha detto addio a Stefano D’Orazio: nella chiesetta degli Artisti, a piazza del Popolo, si sono svolti i funerali dell’ex batterista dei Pooh, morto a 72 anni a causa di complicazioni dovute al Coronavirus. Grande commozione tra i presenti: dalla moglie Tiziana ai suoi amici fraterni, ex componenti del gruppo, che più di ogni altro ha segnato la storia della musica leggera. Il giornalista Marino Bartoletti, ospite a ‘Domenica In’, ha definito la band “i Beatles italiani”. Ma per qualche motivo il complesso scelse questa denominazione? I Pooh perché si chiamano così? Nel giorno dell’ultimo saluto a Stefano D’Orazio, autore di testi meravigliosi, vogliamo ricordare l’aneddoto curioso che si cela dietro questa decisione.
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I Pooh perché si chiamano così? Retroscena curioso
Sembra incredibile, ma il nome dei ‘Pooh’ è ispirato all’orsetto Winnie, protagonista della serie di romanzi per ragazzi ideata da Alan Alexander Milne, tra i personaggi più amati della Disney. Ma andiamo con ordine. I Pooh, così come li conosciamo, non si sono sempre chiamati così: la band nacque a Bologna nel lontana 1962. Si chiamavano dei Jaguars, forse per omaggiare i giaguari o in onore di un noto marchio automobilistico, non è chiaro. Il complesso all’inizio nacque dall’incontro tra il batterista Valerio Negrini e il chitarrista Mauro Bertoli. La prima formazione stabile nel ’64: i citati Negrini e Bertoli più Vittorio Costa (voce), Giancarlo Cantelli (basso) e Bruno Barraco (chitarra ritmica e tastiere). Nel 1965 Costa decise di lasciare per proseguire gli studi: subentrarono così in corsa Bob Gillot e Mario Goretti. Gilberto Faggioli subentrò poi al posto di Cantelli. Nel gennaio 1966 il quintetto ottenne un contratto con la Vedette, la casa discografica di Armando Sciascia, che in quel periodo era alla ricerca di un complesso beat, avendo perso l’Equipe 84.
«Pooh perché era un bell’orsacchiotto. A quei tempi, in Italia non lo conosceva nessuno…»
La scelta del nome, come dicevamo, è curiosa: Aliki Andris, segretaria del produttore discografico Armando Sciascia, notando che il gruppo che era stato appena messo sotto contratto, gli Jaguars, aveva un nome già utilizzato da un altro complesso, suggerì per loro “Pooh”, essendo lei fan del personaggio di Winnie The Pooh, appunto. Come riporta R3M (Rock and Roll News), in occasione di un’intervista i Pooh hanno fornito ulteriori particolari:« I nostri omonimi stavano per pubblicare il loro primo 45 giri. La segretaria di Sascia, proprietario della nostra casa discografica, era una ragazza inglese. È cresciuta insieme ai racconti scritti da Alan Alexander Milne, scrittore nato nel 1882 e morto nel ’56. Lui è stato l’autore dell’orsacchiotto Winnie The Pooh e delle sue avventure. Ci propose di chiamarci proprio Pooh perché era un bell’orsacchiotto. A quei tempi, in Italia non lo conosceva nessuno. Ma era un nome molto insolito, suonava bene, il cartone animato ancora non era stato realizzato. Così decidemmo di chiamarci Pooh». E portò fortuna, parecchia fortuna. Tra cambiamenti vari e addii la band conobbe i suoi maggiori successi (tra i quali la vittoria al 40º festival di Sanremo) con Roby Facchinetti (tastiere), Dodi Battaglia (chitarra), Red Canzian (basso) e Stefano D’Orazio (batteria e, occasionalmente, flauto). Altro componente importante il bassista Riccardo Fogli che nel 1972, dopo l’album Alessandra, intraprese la carriera solista. Tra i brani più amati Piccola Ketty, Uomini soli, Tanta voglia di lei, Amici per sempre. Leggi anche —> Red Canzian età, carriera e vita privata: tutto sul “Ballerino per una notte” di Rai 1