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Legge elettorale proporzionale: cos’è e perché se ne torna a parlare dopo 30 anni

04/05/2022 13:28

L’attuale legge elettorale ha i giorni (o forse meglio dire i mesi) contati. Le prossime elezioni nazionali porteranno con sé una serie di novità: cambierà il metodo di voto, certo, ma sopratutto saranno le prime dopo il referendum sul taglio dei parlamentari. Il bipolarismo in Italia ormai non esiste da più di un decennio, e la politica si è stagnata in una lotta perpetua senza risultati. E proprio per questo si è tornati a parlare di legge proporzionale: per ridare dignità alla politica e, soprattutto, per tornare a governare.

fico convoca parlamento

Legge proporzionale, cosa cambierebbe

Riproporre un sistema elettorale basato sulla legge proporzionale significa permettere a ogni partito di presentarsi con il proprio simbolo, con il proprio leader, con il proprio programma e i propri candidati. E prendere voti su quello. Significa che gli accordi verrebbero fatti direttamente in Parlamento, non precedentemente per convincere gli elettori. Allo stesso tempo, però, significa anche mettere fuori gioco i micro partiti e quei movimenti che in questi anni sono stati in grado, nonostante percentuali bassissime, di ribaltare interi governi. Come Italia Viva di Matteo Renzi. Vuol dire fare un tentativo per contrastare il trasformismo e l’ingovernabilità: d’altronde, dall’inserimento della legge maggioritaria nel 1993, il Mattarellum, solamente un esecutivo è riuscito ad arrivare a fine legislatura, quello del 2001-2006 con a capo Berlusconi. Tutti gli altri sono caduti precocemente.

Ripristinare una legge proporzionale quindi è forse l’unico modo possibile per restituire una politica degna (e dei politici degni) agli italiani, che finalmente potrebbero smettere di accusare i governi di “non essere stati eletti”, perché potrebbero scegliere direttamente il loro rappresentante. Si abbandonerebbero così le coalizioni pre-elettorali, i premi di maggioranza, ci sarebbe di nuovo una forte soglia di sbarramento, e di conseguenza si andrebbe a ricreare (almeno in teoria) un rapporto tra le parole e i fatti, tra i politici e la politica. In teoria, appunto: nella realtà, infatti, tutto dipenderà poi dal come la legge elettorale proporzionale verrà studiata ed eventualmente votata.

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Berlusconi Quirinale

Legge proporzionale, perché è fondamentale l’appoggio del centrodestra

Al momento sul tavolo ci sono alcune ipotesi sul modo in cui potranno essere scelti i parlamentari. Si parla di preferenze, capilista bloccati, doppia preferenza di genere, liste corte, collegi uninominali di partito. La legge ferma in Commissione Affari costituzionali di Montecitorio prende il nome da Giuseppe Brescia, il presidente grillino della Affari costituzionali, autore appunto del “Brescellum”. E le discussioni, a riguardo, non mancano: sicuramente l’obiettivo numero uno è quello di riuscire a convincere il centrodestra che una legge proporzionale oggi è più conveniente, anche se questo significa rinunciare alla coalizione capitanata dalla leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni. Anche perché se il centrodestra non mollerà, per la riforma non ci sarà alcun destino.

Per ora tra chi si è schierato già a favore spicca sicuramente il nome di Enrico Letta, insieme al Movimento 5 Stelle, da sempre proporzionalista, come la sinistra. Ma a dieci mesi dalle prossime elezioni, senza l’appoggio di Salvini-Meloni-Berlusconi, non si va da nessuna parte. “Chi ha stretto il patto per il proporzionale può contare su 252 voti alla Camera e 118 al Senato. Non bastano. Perciò occorre che nel centrodestra alcuni accettino questa soluzione”, ha infatti sottolineato Federico Fornaro, capogruppo di Articolo Uno, il partito di Roberto Speranza e Pierluigi Bersani.

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L’obiettivo è tornare a far scegliere chi rappresenta

Per Fausto Raciti, ideatore insieme a Matteo Ordini del seminario dem dell’associazione Left Ming sul proporzionale, poi, la strada da intraprendere è quella dell’introduzione di un sistema proporzionale con capilista bloccati e doppia preferenza. Idea che si trasformerà in emendamenti al Brescellum. “In questo modo possiamo garantire a ciascun partito la possibilità di assicurarsi una quota parte della propria classe dirigente da mandare in Parlamento. E’ un importante correttivo al sistema delle preferenze che garantisce la possibilità di scegliere di mandare in Parlamento anche personalità capaci di svolgere un ruolo essenziale, magari per la loro preparazione tecnica o culturale, e che non avendo una propria visibilità sui media o sui social o sui territori, difficilmente supererebbero un sistema interamente basato sulle preferenze”, ha spiegato.

Infine, Giuseppe Brescia, ricorda che l’obiettivo è e rimane sempre lo stesso: dare agli elettori la possibilità di scegliere chi li rappresenta. Motivo per cui, anche a parere suo, è necessario sbloccare le liste. Sulla stessa lunghezza si posiziona anche Andrea Giorgis, responsabile riforme del PD. “L’importante è comprendere che la legge elettorale non è una astrusità rispetto ai problemi più immediati e concreti dei cittadini. Riguarda le regole della convivenza e della democrazia. Quindi riformarla non significa parlare d’altro, ma discutere le basi politiche“, ha infatti dichiarato. >> Tutte le notizie di UrbanPost