E così alla fine Luigi Di Maio si dimette. Da giorni circolano voci del suo possibile passo indietro da capo politico del Movimento 5 Stelle, voci che in queste ore si sono fatte sempre più forti. Domani Di Maio vedrà i ministri pentastellati e annuncerà le sue dimissioni. Fonti confidenziali le danno per sicure e tra poche ore lo sapremo con certezza. Finisce così la parabola del ragazzo di Pomigliano, prima vicepremier nel primo governo Conte, poi ministro degli Esteri nel secondo esecutivo guidato dal professore foggiano. Di Maio lascia un Movimento che i sondaggi danno ormai ridotto ad un terzo dei consensi ottenuti alle politiche del 2018, quel 32,6% che è ormai un lontano ricordo per i pentastellati.
Le dimissioni “infauste” prima delle regionali
A nulla è servito l’intervento di Beppe Grillo e nemmeno il tentativo di parte del Movimento di coinvolgere Alessandro Di Battista per salvare la traballante leadership di Di Maio. Ora per l’M5S, in attesa degli stati generali di marzo, si apre un percorso irto di ostacoli. Il nuovo capo politico sarà nominato, con ogni probabilità, subito dopo la formalizzazione delle dimissioni di Di Maio. E’ impensabile infatti che il M5S si presenti nel giorno del voto per le regionali in Emilia Romagna e Calabria senza una guida politica.
L’esito della competizione elettorale, che già si preannuncia negativo, diventerebbe senza dubbio catastrofico con un Movimento acefalo. Di più, l’assenza di una nuova ed autorevole guida porterebbe allo sfaldamento definitivo dei pentastellati, che da mesi sono in subbuglio tra abbandoni volontari e espulsioni clamorose, come quella di Gianluigi Paragone. Oggi intanto hanno lasciato il Movimento altri due deputati e la prossima settimana, sempre secondo le voci che circolano in queste ore, dovrebbe arrivare l’addio di altri quattro esponenti M5s.
Chi sostituirà Luigi Di Maio alla guida del M5S
Le voci che danno per certe le dimissioni di Luigi Di Maio fanno già anche il nome del suo successore. Sarà Stefano Patuanelli, attuale ministro dello Sviluppo economico ed esponente di quell’area che più crede nella trasformazione del Movimento da forza “antisistema” a forza “riformista”. Insomma, un nuovo capo politico distante da Di Maio e sicuramente ancor di più da Di Battista. Distante anni luce da Gianluigi Paragone, che attorno a sé sta raccogliendo il consenso di chi vuol recuperare proprio la radicalità anti-sistema del primo M5S, la linea che portò alla vittoria nelle elezioni politiche del 2018. >> I retroscena di UrbanPost