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Processo Cucchi depistaggi: «Plauso ai carabinieri che arrestarono Stefano. Testimoni timorosi»

14/07/2020 10:22

Processo Cucchi depistaggi. È una ferita che si rinnova ad ogni udienza quella dei familiari di Stefano, il 31enne romano morto nell’ottobre del 2009 dopo esser stato arrestato. La storia è purtroppo nota: Stefano, fermato dai carabinieri per un controllo, viene sottoposto a custodia cautelare per esser trovato in possesso di alcune confezioni di droga. Da quel momento, pochissime le comunicazioni con la famiglia. Il giorno dopo l’arresto, però, durante l’udienza per la conferma del fermo in carcere, Stefano presenta difficoltà a camminare e a parlare e mostra evidenti ematomi agli occhi. Da quell’udienza le condizioni di Cucchi peggiorano quotidianamente fino alla morte, avvenuta solo 7 giorni dopo, il 22 ottobre 2009.

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Processo Cucchi depistaggi, Ilaria: “Se non fosse stato per i loro responsabili, mio fratello forse sarebbe vivo”

Oggi, a distanza di 11 anni, la sorella Ilaria e l’avvocato Fabio Anselmo, al termine dell’ultima udienza del processo sui presunti depistaggi perpetrati da alcuni alti ufficiali dell’Arma, si dicono “stanchi e basiti”. “È terribile – afferma Ilaria sempre in prima linea nella difesa del fratello – sentir ribadire ancora una volta che nei giorni in cui Stefano – non nei giorni subito dopo la morte di Stefano – ma quelli in cui era ancora vivo, già venivano messi in piedi depistaggi per mettere il suo processo in cassaforte. In fondo, – aggiunge – se non fosse stato per i depistaggi e per i loro responsabili, mio fratello forse – ma dico forse – sarebbe ancora vivo”.

Dalle testimonianze del luogotenente Giancarlo Silvia, del Nucleo della compagnia Roma-Casilina, sarebbe infatti emerso come le condizioni fisiche di Cucchi avessero già destato attenzione. “Tutti sapevano – riferisce l’avvocato Anselmo citando la testimonianza di Silvia – l’avevano visto in terribili condizioni dopo averlo portato qui a Piazzale Clodio”.

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“In quest’aula continua a percepirsi un clima pesante dove la scala gerarchica pesa tantissimo”

Non solo. Nei giorni in cui Stefano era agonizzante, – e fino a quattro giorni dopo la sua morte – i responsabili dell’arresto avrebbero ricevuto lettere di plauso da parte dei loro superiori: altissimi ufficiali dell’arma dei carabinieri. Francamente noi oggi siamo basiti, siamo stanchi – ammette il legale della famiglia Cucchiperché questa è una maratona giudiziaria. Siamo grati allo stato, alla procura di Roma. Va detto che ci piacerebbe vedere delle parti civili che rappresentano lo Stato più combattive, un pochino più attive, perché c’è una totale inerzia nel processo. Ci riferiamo alle parti civili che in effetti nel processo non si capisce se si comportino più da parti civili o da responsabili civili”.

“Io posso dire, – aggiunge Ilaria – che temo che ancora una volta si vogliano mettere le mani sul mio processo”. In effetti, conclude l’avvocato: “In quest’aula continua a percepirsi un clima pesante dove anche la scala gerarchica pesa tantissimo sulla serenità dei testimoni. Anche perché si tratta per lo più di carabinieri, sottoufficiali, che si trovano di fronte imputati, ufficiali o altissimi ufficiali, che non sono stati sospesi ma che sono in servizio. E che appena terminano le udienze e si spengono i fari del processo di fronte ad essi devono mettersi sull’attenti. Questo è un dato di fatto”. >> Sentenza Cucchi, consigliere del Lazio: “Ilaria sfrutta il fratello tossico per avere successo”

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