A partire dal 1 gennaio 2022 gli italiani dovranno salutare Quota 100 per riabbracciare, ancora una volta, la tanto criticata Legge Fornero. L’età per abbandonare il mondo del lavoro, quindi, tornerà a essere di 67 anni. Il governo, comunque, sta valutando anche l’ipotesi di introdurre una “rivisitazione” di Quota 100: si tratterebbe di Quota 102, che dà la possibilità di andare in pensione anticipata con 64 anni di età e 38 anni di contributi di cui non più di 2 anni figurativi. Ma come mai la legge sulle pensioni è sempre stata criticata tanto? Cerchiamo di capirlo, ripercorrendola nel dettaglio, come un tutorial dal nome: “La riforma Fornero spiegata in modo facile”.
Riforma Fornero, spiegata in modo facile
Partiamo dagli albori. Nel 2011 Elsa Fornero era Ministro del lavoro e delle politiche sociali con delega alle Pari opportunità del governo tecnico Monti. Esperienza ventennale negli studi dei sistemi pensionistici pubblici, durante il periodo di crisi finanziaria, ha presentato una riforma del sistema pensionistico pubblico che contemplava una serie di misure di taglio della spesa pubblica e di aumento delle entrate tramite l’incremento delle aliquote contributive pensionistiche di finanziamento. Cosa significa questo? Spiegata in modo semplice, la riforma Fornero prevede un sistema di calcolo contributivo nella costruzione della pensione. Con questa legge, quindi, la pensione viene stimata in base a quanti contributi il lavoratore ha versato. E non in base agli stipendi ricevuti durante la carriera.
Proprio qui si cela il nodo delle critiche rivolte alla riforma: dovendo calcolare gli anni di lavoro e non più gli stipendi, si alza notevolmente l’età pensionistica. Questa legge, infatti, prevede un minimo di 20 anni di contributi e di 66 anni di età per le donne con contratti nella pubblica amministrazione, o per gli uomini impiegati nel pubblico o nel privato. L’età si abbassava a 62 per le donne del settore privato, ma nel 2018 anche questa è stata rialzata a 66 anni e 3 mesi. Infine, l’età della pensione per le donne lavoratrici autonome è di 63 anni e 6 mesi.
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Riforma Fornero e il caso degli “esodati”
In sostanza, con la riforma Fornero si è passati dal sistema retributivo (più conveniente per il lavoratore ma più costoso per il sistema) al sistema contributivo, che istituisce tra il lavoratore l’istituto previdenziale un contratto in base al quale più contributi sono stati versati durante la carriera, maggiore sarà la pensione. L’obiettivo, nel 2011, era quello di eliminare il peso del sistema pensionistico dalla spesa pubblica. Una scelta che, tuttavia, si è rivelata a scapito dei cittadini lavoratori.
Nel 2012, poi, a seguito dell’introduzione della riforma Fornero, in Italia è scoppiato il cosiddetto “caso esodati”. Si tratta di coloro che hanno lasciato il lavoro poco prima dell’entrata in vigore delle nuove norme. E che si sono visti in un attimo spostarsi in avanti il tempo del pensionamento. Di conseguenza, si sono trovati in una sorta di limbo, perchè queste persone difficilmente potevano tornare a lavorare, ma allo stesso tempo non potevano nemmeno accedere alla propria pensione. >> Tutte le notizie di UrbanPost