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“Prevenire è meglio che cremare”: la provocatoria campagna pubblicitaria di un’impresa di pompe funebri fa riflettere

21/11/2020 09:21

“Prevenire è meglio che cremare”. E’ il provocatorio slogan di una campagna pubblicitaria di un’agenzia di pompe funebri di Genova, comparsa sugli autobus pubblici cittadini. La foto del cartello esposto su uno dei bus in giro per la città è finita su Twitter ed è immediatamente diventata virale. Pareva un fake, uno di quei tanti fotomontaggi che affollano la rete, ma la cruda semplicità con cui trasmette il messaggio, ci ha portato a verificare se tutto questo fosse invece vero. (segue dopo la foto)

Abbiamo parlato con il sig. Carlo Siffredi, uno dei soci dell’azienda di pompe funebri in questione, che ci ha spiegato la scelta della campagna pubblicitaria ideata dal dipendente Simone Gianelli. “E stata pensata per cercare di sensibilizzare la popolazione all’uso dei dispositivi di sicurezza, prescritti dalla legge in questo momento, che proteggono dal Covid-19 e – sottolinea il sig. Carlo – anche da altre malattie trasmissibili”. Ma il messaggio forte è stato pensato anche per far conoscere la triste realtà che loro, gli impresari di pompe funebri, vivono ogni giorno in questo disgraziato 2020.

Perché dunque effettuare una campagna di sensibilizzazione di questo tipo? Il signor Siffredi racconta l’esperienze vissute in prima persona, dall’inizio della pandemia a oggi. Racconta lo sconforto e il dolore dei familiari delle persone decedute in questo difficile momento caratterizzato dalla pandemia. Dove per via delle restrizioni non possono accudire i loro cari purtroppo andati incontro alla morte, dimostrare il loro affetto, salutare per l’ultima volta le persone che amano. E qui Carlo spiega tutto il disagio della sua categoria. In fondo è il loro mestiere organizzare l’ultimo saluto ai familiari, in modo da rendere il momento di transizione meno doloroso possibile. Con tutto il rispetto che abbiamo in Italia per tradizione popolare verso i defunti, ai quali da secoli dedichiamo cerimonie funebri.

Quel che ci racconta, sono mesi difficilissimi. “Noi non seppelliamo semplicemente i morti, ma assistiamo i loro familiari nel momento dell’ultimo saluto, cercando di offrire il massimo conforto al loro dolore. In questi mesi ci siamo trovati appiccicata addosso l’etichetta di ‘monatti’. La figura di manzoniana memoria, presente nei Promessi Sposi durante la peste”, dice Carlo.

I ‘monatti’ giravano con dei carretti a raccogliere i corpi da portare nelle fosse comuni. Per questo Carlo afferma di aver voluto “recapitare un messaggio chiaro, perché noi la realtà di ciò che succede la viviamo ogni giorno. Realtà nella quale siamo i primi ad essere spiazzati”, dice. Come i soccorritori sul campo “siamo i primi ad essere spaventati da questo virus. Ci proteggiamo come ci dice il buon senso, visto che non siamo stati regolamentati. Ci copriamo con doppi guanti, camici, mascherine, calzascarpe, andiamo in realtà dove spesso nemmeno il medico di base vuole entrare”.

Ci ha molto colpito una risposta del sig. Carlo Siffredi: “Proviamo a sensibilizzare alla realtà ma è dura, fatica anche il presidente del consiglio Conte”. Ecco perché quella campagna pubblicitaria, un autentico ceffone soprattutto ai tanti, troppi “negazionisti” della pandemia.

Far comprendere la realtà è davvero molto difficile. Viviamo in un mondo dove ogni giorno subiamo azioni di de-sensibilizzazione di massa. E sono talmente forti che non ci accorgiamo che stanno morendo circa 600 persone ogni giorno solo in Italia. E per quanto “poco” può essere per qualcuno, se invece di 600 fossero 599, se quella morte in meno dipendesse da noi, non varrebbe la pena per una vita umana rispettare le regole che la legge ora ci impone? Una vita a leggerla come un numero non vale molto, ma se quel numero fosse una persona che ami? >> Gli editoriali su UrbanPost

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