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Klaus Davi, il libro sui killer della ‘Ndrangheta: “Ho amato uno di loro”

26/11/2020 16:39

Il giornalista e massmediologo Klaus Davi ha raccontato di aver avuto una breve relazione con quello che solo anni dopo ha capito essere un appartenente alla ‘Ndrangheta. Davi lo ha affermato nel programma televisivo di Manila Gorio, conduttrice di Antenna Sud, in una puntata dedicata al nuovo libro del giornalista, appena uscito nelle librerie col titolo I Killer della ‘Ndrangheta, e al suo impegno nella lotta alla malavita organizzata.

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klaus davi

Klaus Davi: “Ho amato un ‘ndranghetista senza sapere chi fosse”

“Cinque anni fa andai a Reggio Calabria per realizzare un servizio per la Rai. Non conoscevo nessuno in città, per me era tutto nuovo. Non sapevo molto di questo argomento. Una sera, in una chat per incontri, conobbi un uomo – ha detto Davi – Aveva allora sui 40 anni e dalla foto mi sembrava un uomo interessante. Ci demmo appuntamento la sera dopo, mi raggiunse lui in albergo. Era un tipo di poche parole, diceva di lavorare per le forze dell’ordine. In questo tipo di incontri solitamente non si fanno tante domande. La storia tra noi andò avanti per qualche settimana”.

“Ci incontravamo sempre in alberghi sperduti della Piana di Gioia Tauro o anche della Sila –  prosegue Davi – Una notte notai che sulla sua mano sinistra, tra il pollice e l’indice, c’era un tatuaggio, una sorta di cubo delimitato da cinque puntini. Uno al centro e quattro ai lati. Incuriosito gli domandai cosa fosse; mi spiegò che era un portafortuna, una metafora dei ‘dadi’. La cosa finì lì e col tempo lo persi di vista. Qualche mese più tardi, infatti, cambiò improvvisamente numero di telefono e non riuscii più a raggiungerlo”.

“Il colpo di scena arrivò qualche anno dopo”

“Il colpo di scena arrivò qualche anno dopo: una sera accesi la tv e scoprii dal telegiornale che erano stati arrestati alcuni esponenti della potentissima ‘Ndrangheta, e dalle immagini mi tornò alla mente quel tatuaggio, ricordai quel simbolo. Fui scioccato, non avrei mai pensato una cosa simile. Feci delle ricerche e scoprii dopo tanti anni il significato di quei cinque punti disegnati sulla sua mano. Non si trattava di un dado, ma di un vero e proprio simbolo che i detenuti si fanno tatuare quando sono in carcere”.

“I 4 punti esterni  –  spiega Klaus Davi – rappresentano le mura della cella, mentre il punto centrale rappresenta la persona che è rinchiusa al suo interno”. Più in generale, sulla presenza di omosessuali nelle mafie Davi ha detto nell’intervista che “l’omosessualità è molto diffusa nella mafia ma nessuno ne parla. Lo Stato continua a veicolare l’immagine del boss mafioso tutto d’un pezzo. Ma spesso non è così. Ogni grande famiglia di ‘Ndrangheta ha almeno un omosessuale o una lesbica in casa”.

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Klaus Davi, il libro sui killer della ‘Ndrangheta

Nel suo libro Klaus Davi, che da tempo è impegnato in una “caccia” personale agli ‘ndranghetisti e in rischiose interviste condivise sul suo canale YouTube, racconta la storia di alcuni tra i killer più spietati dalla ‘Ndrangheta. Tra questi Gino Molinetti, Giovanni Tegano, Nino Fiume, Gennaro Pulice, Donato Giordano. E poi Domenico Paviglianiti, noto anche come “Don Mico”, pezzo da novanta della ‘ndrangheta trapiantata al nord, recentemente uscito di carcere dopo 23 anni di detenzione nonostante scontasse l’ergastolo e un cumulo di pene per 168 anni.

Per arrivare a lui, “Don Mico”, e intervistarlo il massmediologo ha pure offerto una ricompensa. «Offro un premio, una crociera per chi mi conduce da don Mico. Ho necessità di intervistarlo ma dopo la sua scarcerazione è irreperibile», ha detto Klaus Davi in un estratto dell’intervista a Ore 14 su Raidue, pubblicata sul suo profilo Facebook. >> Le notizie sulla ‘ndrangheta