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Stretta sul Green Pass, Draghi guarda al modello austriaco: le tre proposte sul tavolo

16/11/2021 10:33 - Aggiornamento 16/11/2021 10:40

Fino a tre giorni fa non era prevista nessuna revisione del certificato verde a stretto giro. Palazzo Chigi aveva chiesto semplicemente un parere agli scienziati sull’ipotesi di non rilasciare più il certificato verde con i tamponi rapidi. Oggi però qualcosa è cambiato: benché la curva epidemica non sia allarmante come in altri paesi, il governo Draghi pare sia pronto a varare la stretta sul Green pass seguendo il modello austriaco. Ipotesi da mettere in campo soltanto in caso di contagi e ricoveri in aumento. I dati di ieri, in tal senso, si sono mostrati incoraggianti: 5.144 rispetto ai 7.569 di domenica, ma bisogna tener conto che nel week il numero dei tamponi è dimezzato.

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Stretta sul Green Pass, Draghi guarda al modello austriaco: le tre proposte sul tavolo

Tutto si deciderà venerdì. L’esecutivo attende il monitoraggio settimanale dell’Istituto Superiore di Sanità e del ministero della Salute: se l’indice di contagio Rt è cresciuto al punto da far prevedere un’impennata dei casi. Solo a quel punto il governo Draghi si concentrerà sul nuovo decreto che potrebbe portare ad una stretta sul Green pass. Le proposte sul tavolo del premier sono sostanzialmente tre:

  • il ridimensionamento della durata del certificato da 12 a 9 mesi (così da spingere gli over 40 verso la dose «booster» senza perdere troppo tempo);
  • la delibera sul tampone rapido o molecolare;
  • il lockdown sullo svago per i No vax con il certificato verde differenziato.

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Fedriga: «Non possiamo far pagare il prezzo di nuove chiusure anche ai vaccinati»

Ed è proprio quest’ultima ipotesi, quella di un Green Pass diverso rispetto a quello dei vaccinati, la misura più dura. Essa limiterebbe i no vax: i non vaccinati non potrebbero più frequentare ristoranti, bar, cinema, teatri, eventi e stadi. Il governo non ha in animo decisioni affrettate, ma Draghi è ad un bivio ancora una volta e non c’è segnaletica: fare non ciò che è facile, ma ciò che è necessario. Intanto cinque regioni italiane vanno verso la zona gialla. E giovedì potrebbe arrivare il decreto per l’obbligo ai sanitari. Con quel dpcm si rende necessaria la terza dose per sanitari, ospiti delle Rsa e chi ci lavora, anche se dipendente da ditte esterne. Mentre l’ordinanza di ieri a doppia firma Salute e Infrastrutture non fa salire più di due persone sul taxi e blocca i treni se a bordo c’è un caso sospetto. Purtroppo sembra che il virus, che ha in ostaggio le nostre vite da circa due anni, abbia ripreso a correre e ancora una volta pare andare più veloce di noi. «Siamo a un passo dalla zona gialla e questo è dato dal numero dei ricoveri Covid in area medica, molto vicino al 15% dei letti disponibili», ha ammesso il governatore del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga. «Non possiamo far pagare il prezzo di nuove chiusure anche ai vaccinati», l’affondo del presidente leghista. Dichiarazioni che fanno capire un’adesione al modello austriaco al quale guarda con interesse anche Draghi.

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Stretta sul Green Pass, contro la quarta ondata urge un nuovo «Whatever it takes»

L’imperativo del momento è uno: non perdere troppo tempo. Come riporta «La Stampa» i numeri mostrano una perdita di protezione da parte dei vaccini dopo sei-otto mesi dalla seconda dose. “In due mesi i contagi tra gli operatori sanitari, tra i primi a vaccinarsi, sono aumentati del 192,3%, passando dai 936 casi del 14 settembre ai 2.736 del 14 novembre”, informa la Fnopi, la federazione degli ordini degli infermieri. Lo capirebbe anche un bambino, la situazione è tutt’altro che rosea: per questo ogni mezzo per spingere gli italiani verso il vaccino e la terza dose è da ritenersi lecito. Non dobbiamo dimenticare le perdite della prima ondata, le terapie intensive al collasso. «Dopo aver avuto 132 mila morti io credo che, in coscienza, bisogna fare tutto il possibile e quello che è necessario», aveva detto Mario Draghi, rispondendo in Aula ad alcune obiezioni sul Green Pass e rivisitando il suo “whatever it takes” che aveva pronunciato alla Bce avvertendo gli speculatori che avrebbe fatto ogni cosa per salvare l’euro. Leggi anche l’articolo —> Sondaggi politici: il leader più apprezzato Draghi che si lascia alle spalle Conte