UrbanPost -Esteri https://urbanpost.it/tag/esteri/ Thu, 29 Feb 2024 18:03:07 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.2 https://media.urbanpost.it/wp-content/uploads/2017/01/cropped-urbanpost_icon-1-32x32.png UrbanPost -Esteri https://urbanpost.it/tag/esteri/ 32 32 Scandalo! Il riciclo è una truffa, i colossi del settore lo sapevano e nascondevano la verità https://urbanpost.it/riciclaggio-plastica-aziende-mentono-rapporto/ Mon, 26 Feb 2024 09:04:39 +0000 https://urbanpost.it/?p=778440 I grandi produttori sanno da più di 30 anni che il riciclaggio non è una soluzione di gestione dei rifiuti di plastica fattibile né da un punto di vista tecnico né economico. Eppure tutto questo non ha impedito loro di promuoverlo. A dire questa scomoda verità un nuovo rapporto uscito sul «Guardian». “Le aziende hanno… Leggi tutto »Scandalo! Il riciclo è una truffa, i colossi del settore lo sapevano e nascondevano la verità

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riciclaggio plastica aziende mentono

I grandi produttori sanno da più di 30 anni che il riciclaggio non è una soluzione di gestione dei rifiuti di plastica fattibile né da un punto di vista tecnico né economico. Eppure tutto questo non ha impedito loro di promuoverlo. A dire questa scomoda verità un nuovo rapporto uscito sul «Guardian». “Le aziende hanno mentito. È tempo di ritenerli responsabili dei danni che hanno causato”, ha detto Richard Wiles, presidente del gruppo di difesa della responsabilità dei combustibili fossili Center for Climate Integrity (CCI), che ha pubblicato la relazione, che sta tanto facendo discutere. Leggi anche: Trucco del magnete per risparmiare l’elettricità: ecco come funziona

Riciclaggio della plastica, i produttori ci mentono da anni: tutta la verità in un rapporto

La plastica, che è fatta di petrolio e gas, è notoriamente difficile da riciclare. Portarla a termine richiede uno smistamento meticoloso, proprio perché la maggior parte delle migliaia di varietà di plastica chimicamente distinte non possono essere riciclate insieme. Non solo, da un punto di vista tecnico tale materiale si degrada ogni volta che viene riutilizzato, il che significa che generalmente può essere riutilizzato solo una o due volte. Secondo il rapporto del Center for Climate Integrity l’industria da tempo sa di queste problematiche, ma le ha beatamente ignorate nelle sue campagne di marketingcome mostra il rapporto, citato sempre dal «Guardian». Una ricerca, che lo sottolineiamo, si basa su indagini  precedenti e su documenti interni appena rivelati che fanno capire chiaramente la portata di questa campagna decennale. Leggi anche: Bonus bollette 2024: Isee, importi, beneficiari. Cosa cambia

Il riciclaggio della plastica tutto un grande inganno?

Gli addetti ai lavori del settore negli ultimi decenni hanno fatto riferimento al riciclaggio della plastica come “antieconomico”; hanno detto inoltre che “non può essere considerato una soluzione permanente per rifiuti solidi” e hanno detto che “non può andare a tempo indeterminato”, mostrano le rivelazioni. Gli autori dichiarano poi che le prove raccolte dimostrerebbero che le compagnie petrolifere e petrolchimiche, così come le loro associazioni di categoria, potrebbero aver infranto le leggi volte a proteggere il pubblico dal marketing ingannevole e dall’inquinamento. Leggi anche: Bollette luce e mercato libero: vincitori dell’asta delle tutele graduali

“Hanno mentito”: i grandi produttori di plastica hanno ingannato il pubblico sul riciclaggio

Negli anni ’50, i produttori di plastica hanno posto l’accento sul tema dello smaltimento: “Sapevano che se si fossero concentrati sulla [plastica] monouso le persone avrebbero comprato e comprato e comprato”, ha detto Davis Allen, ricercatore investigativo presso la CCI e autore principale del rapporto. In una conferenza industriale del 1956, la Society of the Plastics Industry, un gruppo commerciale, ha detto ai produttori di concentrarsi su “basso costo, grande volume” e “spendibilità” e di mirare a che i materiali finissero “nel carro della spazzatura”. La Society of Plastics è ora conosciuta come Plastics Industry Association. “Come è tipico, invece di lavorare insieme verso soluzioni reali per affrontare i rifiuti di plastica, gruppi come CCI scelgono di livellare gli attacchi politici invece di soluzioni costruttive”, ha detto Matt Seaholm, presidente e CEO del gruppo commerciale, in una risposta via e-mail al rapporto. (continua a leggere dopo le foto)

Il riciclaggio non può andare a tempo indeterminato

Negli anni ’80, quando i comuni hanno iniziato a considerare i divieti sui sacchetti della spesa e altri prodotti in plastical’industria ha iniziato a promuovere una nuova soluzione: il riciclaggio. Soluzione, che come mostra il recente rapporto però, è tutt’altro che fattibile. E qualche avvisaglia c’era stata in passato. Nel 1989, il direttore fondatore del Vinyl Institute disse ad una conferenza commerciale: “Il riciclaggio non può andare andare a tempo indeterminato e non risolve il problema dei rifiuti solidi”. Nonostante questo, rimarca il «Guardian», la Society of the Plastics Industry ha istituito la Plastics Recycling Foundation riunendo aziende petrolchimiche e imbottigliatori, lanciando poi una campagna incentrata sull’impegno del settore per il riciclaggio. (continua a leggere dopo le foto)

Riciclaggio della plastica: ecco cosa salta fuori nel rapporto del Center Climate Integrity

E nel 2003 un consulente commerciale di lunga data ha criticato l’industria per aver promosso il riciclaggio chimico, definendolo “un altro esempio di come la non scienza sia entrata nella mente dell’industria e degli attivisti ambientali”. “Questo è solo un altro esempio, una nuova versione, dell’inganno che abbiamo visto prima”, ha dichiarato sempre Davis Allen. Seaholm, della Plastics Industry Association, ha affermato che il rapporto è stato messo a punto da un’organizzazione attivista e anti-recycling e ignora gli incredibili investimenti nelle tecnologie di riciclaggio effettuati dalla nostra industria. “Purtroppo, usano informazioni obsolete e affermazioni false per continuare a fuorviare il pubblico sul riciclaggio”, ha evidenziato, senza però scendere nel dettaglio. Rimane il fatto che lo smaltimento della plastica rimane un problema urgente. Anche perché gli effetti devastanti del cambiamento climatico sono sotto gli occhi di tutti. Judith Enck, ex amministratore regionale per l’Agenzia per la protezione dell’ambiente e fondatrice del gruppo di difesa Beyond Plastics, ha definito l’analisi esposta dal Center for Climate Integrity (CCI) “molto solida”. A detta sua “il rapporto dovrebbe essere letto da ogni procuratore generale della nazione e dalla Federal Trade Commission”. Leggi anche: La batteria atomica dura 50 anni senza ricaricarla! L’incredibile scoperta arriva dalla Cina

L’articolo è stato pubblicato inizialmente il 19 febbraio 2024 ed è stato aggiornato in data lunedì 26 febbraio 2024.

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Peste bubbonica, individuato un caso in America: ecco i sintomi e perché preoccupa https://urbanpost.it/peste-bubbonica-cause-e-sintomi-perche-preoccupa/ Wed, 14 Feb 2024 08:44:34 +0000 https://urbanpost.it/?p=778125 Peste bubbonica oggi: un caso in Oregon – Secondo le autorità sanitarie dell’Oregon, è stato identificato nelle ultime 24 ore un caso umano di peste bubbonica. Si tratta di una malattia rara, specialmente nei Paesi sviluppati, potenzialmente pericolosa, che però oggi può essere curata. L’uomo ha contratto la forma più comune e diffusa del morbo,… Leggi tutto »Peste bubbonica, individuato un caso in America: ecco i sintomi e perché preoccupa

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Peste bubbonica oggi: un caso in Oregon

Peste bubbonica oggi: un caso in Oregon – Secondo le autorità sanitarie dell’Oregon, è stato identificato nelle ultime 24 ore un caso umano di peste bubbonica. Si tratta di una malattia rara, specialmente nei Paesi sviluppati, potenzialmente pericolosa, che però oggi può essere curata. L’uomo ha contratto la forma più comune e diffusa del morbo, quella causata dal batterio Yersinia pestis. Di seguito tutti i dettagli sulla vicenda che sta preoccupando il mondo. Leggi anche: La compagnia aerea che pesa i passeggeri (oltre ai bagagli). E la privacy? Divampa la polemica

Peste bubbonica in Oregon

Peste bubbonica in Oregon, le cause e i sintomi: perché preoccupa ancora oggi

Un residente dell’Oregon è risultato affetto da peste bubbonica, forse contratta dal suo gatto domestico. All’uomo e alle persone a lui vicine sono stati dati dei farmaci, hanno dichiarato i funzionari sanitari locali. “Tutti i contatti stretti del ‘paziente’ e del suo animale domestico sono stati contattati e gli sono stati somministrati farmaci per prevenire la diffusione della malattia”, ha spiegato l’ufficiale sanitario della zona Dr. Richard Fawcett. Stando ad indiscrezioni le persone della comunità non sarebbero a rischio. Secondo quanto riferisce «TgCom24» sarebbe stata somministrata una terapia anche per il gatto che, tuttavia, non sarebbe sopravvissuto alle cure. Leggi anche: Biglietti aerei, Ryanair contro le agenzie online: rincari fino al 180%

Peste bubbonica oggi: un caso in Oregon

Peste bubbonica, individuato un caso in Oregon: le possibili cause

Il caso di peste bubbonica in Oregon è stato individuato tempestivamente: per fortuna il rischio di diffusione all’interno della comunità sarebbe molto basso. Come dicevamo, il paziente starebbe rispondendo positivamente alla terapia antibiotica. Ad ogni modo, questo caso ha suscitato parecchia preoccupazione poiché non si registravano episodi di peste in Oregon dal 2015. Allora una ragazza era stata contagiata durante una battuta di caccia: la giovane finì addirittura in terapia intensiva. L’ultima epidemia negli Usa si è verificata nel 1924-1925 a Los Angeles: la malattia si è manifestata in seguito soltanto nelle aree rurali, con una media di 10-15 casi all’anno, specifica “SkyTg24”. In Europa al contrario la malattia non è più presente in forma autoctona da diversi decenni, come spiegato dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss). Leggi anche: Un aiuto alle famiglie, ecco i bonus per il 2024: tutti gli incentivi, i requisiti e come fare domanda

Peste bubbonica in Oregon
peste bubbonica in Oregon

Quali sono i sintomi: perché preoccupa ancora oggi

La peste bubbonica coinvolge il sistema linfatico, e si manifesta con una febbre improvvisa, nausea, debolezza, brividi, dolori muscolari e/o linfonodi gonfi e ingrossati (i famosi bubboni di manzoniana memoria) che possono evolvere in piaghe aperte piene di pus. La più nota è quella “esplosa” in Europa fra il 1347 e il 1353, che decimò quasi un terzo della popolazione e, per questo, denominata “peste nera” o “morte nera“. Quest’ultima venne raccontata minuziosamente da Giovanni Boccaccio nell’arcinota raccolta di novelle “Il Decameron”. Sul sito scientifico “My Personal Trainer”, a proposito di quest’ultima si legge: “La peste è una malattia infettiva ad eziologia batterica causata dalla Yersinia pestis, un coccobacillo appartenente alla famiglia Enterobatteriaceae. Questa zoonosi è generalmente veicolata da pulci di roditoriselvatici e urbani, che rappresentano il serbatoio dell’infezione”. Dopo un periodo di incubazione di 2-6 giorni, la malattia, come dicevamo, si presenta con sintomi simil-influenzali. Nel tempo, possono svilupparsi infezioni secondarie che possono sovrapporsi alle lesioni primarie, complicando il decorso della malattia. Leggi anche: Bonus bollette 2024: Isee, importi, beneficiari. Cosa cambia

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Harry a Londra per il padre Carlo: cosa nasconde tanta fretta https://urbanpost.it/harry-londra-padre-carlo-indiscrezioni/ Tue, 06 Feb 2024 15:57:56 +0000 https://urbanpost.it/?p=777616 «Nella sventura non ti colga sgomento», cantava il grande Franco Battiato nel brano poco noto “Conforto alla vita”. La notizia del cancro di re Carlo ha sconvolto il popolo britannico (e non solo): tg, giornali, agenzie di stampa non parlano d’altro. Alcuni però, gli inguaribili romantici, abituati a film a lieto e fine, sperano che… Leggi tutto »Harry a Londra per il padre Carlo: cosa nasconde tanta fretta

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«Nella sventura non ti colga sgomento», cantava il grande Franco Battiato nel brano poco noto “Conforto alla vita”. La notizia del cancro di re Carlo ha sconvolto il popolo britannico (e non solo): tg, giornali, agenzie di stampa non parlano d’altro. Alcuni però, gli inguaribili romantici, abituati a film a lieto e fine, sperano che almeno questo «dolore» possa servire alla Casa Reale. A che cosa nello specifico? A riavvicinare il sovrano al figlio “ribelle” Harry. Il secondogenito, volato in America qualche anno fa per spezzare le catene dagli “ingombranti” Windsor, sarebbe da poco atterrato a Londra per vedere il padre. I dissapori col fratello William, futuro erede al trono, sembrano oggi finiti in secondo piano. I figli di Carlo e Lady D si troveranno di nuovo insieme al capezzale del padre, al quale, lo ricordiamo, sarebbe stato diagnosticato un “tumore trattabile”. Leggi anche: Re Carlo, spunta ipotesi abdicazione: cosa dice il Regency Act

Harry a Londra per il padre Carlo, ma perché tanta fretta? Le ultime indiscrezioni

I più romantici, come dicevamo, non escludono che la malattia di re Carlo possa rappresentare il momento della pace per Harry e William. C’è da dire che il duca di Sussex non ha esitato: ieri sera, non appena si è diffusa la notizia del tumore, il giovane ha lasciato la casa di Montecito, dove vive con la moglie Meghan e i figli Archie e Lilibet, e, dopo un volo di 11 ore, è arrivato a Londra. Un modo per mostrare tutto il proprio sostegno al padre, ovviamente. Come se quel posto in terza fila in chiesa e il mancato brindisi a Buckingham Palace il giorno dell’incoronazione di Carlo III non ci fossero mai stati. Come se i contrasti, le accuse di razzismo, non fossero mai esistiti. Tantomeno «Spare», la biografia boom di vendite, nella quale dei membri della famiglia reale era venuto fuori un ritratto tutt’altro che lusinghiero. I più maligni hanno visto nell’arrivo repentino di Harry a Londra però anche altro. Leggi anche: Re Carlo ha il cancro, ma non alla prostata: il comunicato di Buckingham Palace

Desiderio di rappacificazione o la malattia di re Carlo è più grave di quanto si pensi?

Qualcuno ha giudicato la velocità dell’arrivo a Londra del secondogenito come un segnale negativo: Harry sarebbe rientrato in fretta e furia per stare accanto al padre, che verserebbe in condizioni ben più gravi di quanto il comunicato di Buckingham Palace voglia far credere. Ma è davvero così? Per ora non restano che supposizioni. Si tratta di rumors, mere indiscrezioni di qualche tabloid. Il premier Rishi Sunak, tra i primi ad inviare un messaggio di vicinanza al sovrano, nelle scorse ore ha sottolineato che il cancro di re Carlo è stato scoperto «presto». È altrettanto vero però un altro fatto: il re pare abbia già lunedì iniziato la terapia (si presume chemioterapia o radioterapia), ed è un dettaglio questo che confermerebbe che l’equipe medica non voglia perdere tempo. (l’articolo prosegue dopo le foto)

Harry a Londra dal padre Carlo: William “fa le prove da re”

C’è poi un ultimo elemento da rimarcare, così che il lettore possa avere un quadro completo della situazione: Harry potrà dedicarsi totalmente al padre nelle prossime ore; mentre William, che sta facendo i conti anche con la convalescenza della moglie Kate, operata all’addome nei giorni scorsi, dovrà presenziare ad alcuni eventi pubblici. I primi impegni di William riguarderebbero una cerimonia di investitura in programma mercoledì prossimo al castello di Windsor. Nella serata dello stesso giorno il primogenito di Carlo dovrebbe partecipare al gala annuale di raccolta fondi della London Air Ambulance nel centro di Londra, di cui il principe è patron. E viste le condizioni del sovrano è chiaro che il calendario di William potrebbe via via intensificarsi. “Prove da re”, come ha osservato qualcuno. Un fatto è certo: per Harry sarà più facile trovare un punto di incontro col padre, che superare i conflitti col fratello. Gli inglesi, però, lo dicevamo, sperano sul serio che la malattia di Carlo serva a segnare il disgelo tra i principi. Leggi anche: Indietro Savoia! La querelle per riavere i gioielli della Corona: un tesoro di oltre 6mila brillanti

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Protesta dei trattori, retromarcia di Von der Leyen: qual è la controproposta https://urbanpost.it/protesta-trattori-retromarcia-von-der-leyen/ Tue, 06 Feb 2024 10:46:43 +0000 https://urbanpost.it/?p=777571 “I nostri agricoltori meritano di essere ascoltati. So che sono preoccupati per il futuro dell’agricoltura e per il loro futuro. Ma sanno anche che l’agricoltura deve passare a un modello di produzione più sostenibile, in modo che le loro aziende rimangano redditizie negli anni a venire”. Lo ha detto la presidente della Commissione Ue Ursula von… Leggi tutto »Protesta dei trattori, retromarcia di Von der Leyen: qual è la controproposta

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“I nostri agricoltori meritano di essere ascoltati. So che sono preoccupati per il futuro dell’agricoltura e per il loro futuro. Ma sanno anche che l’agricoltura deve passare a un modello di produzione più sostenibile, in modo che le loro aziende rimangano redditizie negli anni a venire”. Lo ha detto la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen alla Plenaria del Pe, annunciando che proporrà al collegio dei commissari “il ritiro” della proposta legislativa sui pesticidi. Un passo indietro importante quello di von der Leyen, che ha sottolineato che “una nuova proposta, più matura”, sarà fatta in futuro. Leggi anche: Intelligenza artificiale, via libera alle nuove regole Ue

Protesta dei trattori, retromarcia di Von der Leyen: qual è la controproposta

“La proposta è stata rigettata dall’Eurocamera, e non ci sono progressi neanche in Consiglio”, ha dichiarato von der Leyen che ha dedicato buona parte del suo intervento alle proteste degli agricoltori. “Molti di loro si sentono messi all’angolo .Gli agricoltori sono i primi a risentire degli effetti del cambiamento climatico. Siccità e inondazioni hanno distrutto raccolti e minacciato il bestiame. Gli agricoltori risentono dell’impatto della guerra di Russia, l’inflazione, l’aumento del costo dell’energia e dei fertilizzanti. Ciononostante, lavorano duramente ogni giorno per produrre il cibo di qualità che mangiamo. Per questo, dobbiamo loro apprezzamento, ringraziamento e rispetto”, ha sottolineato la presidente della Commissione Ue. Leggi anche: Sciopero trattori, perché gli agricoltori stanno protestando in Italia e in Europa (VIDEO)

Protesta dei trattori, Von der Leyen: “Ascoltiamo gli agricoltori”, l’annuncio del ritiro del regolamento sui pesticidi

“Abbiamo lanciato il Dialogo strategico sul futuro dell’agricoltura nell’Ue. Abbiamo invitato i rappresentanti del settore agricolo, delle comunità rurali, dell’industria delle sementi e dei fertilizzanti, del settore alimentare, ma anche del settore finanziario, dei consumatori e del settore alimentare, dei gruppi di consumatori e ambientalisti e della scienza. Abbiamo bisogno di analizzare insieme la situazione, condividere idee e sviluppare scenari per il futuro. Dobbiamo andare oltre un dibattito polarizzato e creare fiducia. La fiducia è la base fondamentale per soluzioni praticabili. La posta in gioco è alta per tutti noi. Il nostro sistema di produzione alimentare è unico”, ha spiegato sempre von der Leyen. (l’articolo prosegue dopo le foto)

L’idea dell’etichettatura premium

Gli agricoltori, secondo von der Leyen, hanno bisogno di un’argomentazione commerciale più valida per le misure di miglioramento della natura: “Forse noi non l’abbiamo fatta in modo convincente”. La stessa ha spiegato che i contadini hanno necessità di “un vero e proprio incentivo che vada oltre la semplice perdita di resa. I sussidi pubblici possono fornire tali incentivi”. Da qui l’idea di “un’etichettatura premium, ad esempio in collaborazione con i rivenditori e i trasformatori”. La presidente della Commissione Ue ha concluso il suo intervento dicendo: “La conservazione della natura può avere successo solo attraverso un approccio dal basso verso l’alto e basato sugli incentivi. Perché solo se i nostri agricoltori potranno vivere della terra, investiranno nel futuro”. Leggi anche: Ilaria Salis, ultimissime: su che cosa si tratta per il rientro in Italia

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Re Carlo ha il cancro, spunta ipotesi abdicazione: cosa dice il Regency Act https://urbanpost.it/re-carlo-malato-cancro-ipotesi-abdicazione/ Tue, 06 Feb 2024 09:30:50 +0000 https://urbanpost.it/?p=777559 Re Carlo III ha un cancro, la stessa malattia che 72 anni fa si portò via prematuramente il nonno Giorgio VI, sovrano della vittoria nella Seconda Guerra Mondiale, al quale successe poi Elisabetta II, il cui regno è durato 70 anni e 214 giorni. La notizia del tumore diffusa da Buckingham Palace nella tarda serata di… Leggi tutto »Re Carlo ha il cancro, spunta ipotesi abdicazione: cosa dice il Regency Act

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Re Carlo III ha un cancro, la stessa malattia che 72 anni fa si portò via prematuramente il nonno Giorgio VI, sovrano della vittoria nella Seconda Guerra Mondiale, al quale successe poi Elisabetta II, il cui regno è durato 70 anni e 214 giorni. La notizia del tumore diffusa da Buckingham Palace nella tarda serata di ieri, 5 febbraio 2024, apre una serie di interrogativi: quali sono le reali condizioni del monarca? Sarà in grado di continuare a ricoprire il suo ruolo? È prematuro parlare di abdicazione? Leggi anche: Re Carlo ha il cancro, ma non alla prostata: il comunicato di Buckingham Palace

Re Carlo ha il cancro, spunta ipotesi abdicazione: cosa dice il Regency Act

Al re Carlo III è stata diagnosticata una forma di cancro. La diagnosi è arrivata dopo il trattamento per un ingrossamento della prostata. Al momento Buckingham Palace non ha confermato quale tipo di tumore abbia il sovrano. Nel comunicato diffuso da Palazzo si legge però che «Sua Maestà ha iniziato oggi un ciclo di trattamenti regolari per la durata dei quali i medici hanno suggerito di rinviare gli impegni pubblici (esterni)». Re Carlo, è stato specificato, continuerà a svolgere anche durante la terapia i suoi doveri costituzionali da «capo di Stato». La nota sottolinea infatti come il sovrano sia «grato ai medici» «rimanga totalmente» ottimista sull’evoluzione delle cure. Il figlio di Elisabetta II sembra sia in attesa di «tornare a svolgere pienamente gli impegni pubblici quanto prima possibile». I medici però avrebbero suggerito al monarca di non prendere parte a nessuno dei impegni pubblici, mentre si sottopone al trattamento. E non è chiaro quanto dureranno le cure di Re Carlo. Da qui tutta una serie di dubbi: sarà capace di continuare a governare? L’ipotesi di abdicazione è ancora remota? (l’articolo prosegue dopo le foto)

Sarà capace di continuare a governare?

Il Regno Unito, ma in realtà un po’ tutto il mondo, si interroga sui possibili scenari alla luce del cancro di Re Carlo scoperto dopo una serie di accertamenti. Le ipotesi sul destino della dinastia britannica, che nelle scorse settimane è stata colpita anche dalla malattia misteriosa di Kate Middleton, moglie dell’erede al trono William, sono molteplici. Nel caso gli eventi dovessero precipitare per motivi di salute, bisognerà guardare quanto contenuto nel Regency Act, la cui ultima versione del 2022 ha aggiornato la precedente del 1937. Esso prevede che siano i “Counsellors of State”sostituire il Re. Stiamo parlando di membri della Royal Family che fanno le veci del sovrano quando lui è impossibilitato. In questo caso assumerebbe un ruolo importante, oltre William, anche la regina Camilla. Alla morte della Regina Elisabetta II, qualcuno lo ricorderà senz’altro, è stato proprio Carlo III a chiedere peraltro al Parlamento di poter aggiornare la lista dei “Counsellors of State” e allargare la possibilità di sostituire il sovrano anche alla sorella Anna e al fratello Edoardo. Sono esclusi chiaramente da tale elenco Harry e Andrea per via degli scandali che li hanno travolti. (l’articolo prosegue dopo le foto)

La successione, il ruolo di Camilla, i “Counsellors of State”

Nel caso in cui gli eventi dovessero precipitare per motivi di salute, William prenderebbe il posto del re e primo nella successione al trono diventerebbe il figlio George. A seguire ci sono la principessa Charlotte, il principe Louis, il Duca di Sussex Harry, il principe Archie, la principessa Lilibet e, infine, il Duca of York Andrea. Sia Harry che Andrea rimangono infatti nella linea di successione al trono nonostante le controversie che hanno caratterizzato gli ultimi anni. (l’articolo prosegue dopo le foto)

Re Carlo malato di cancro, ipotesi abdicazione: i precedenti

L’esempio della regina Margherita di Danimarca, che a 83 anni ha abdicato a favore del figlio Fredrick, potrebbe guidare le scelte di Carlo III. Il biografo reale Phil Dampier aveva parlato, prima della notizia del cancro, della possibilità di un addio al trono entro cinque anni. «Se dovesse avere problemi di salute o credesse che sia il momento giusto, potrebbe lasciare il trono a William. Sua madre Elisabetta non poteva farlo, perché suo padre Giorgio VI diventò re dopo l’abdicazione del fratello, e dunque era qualcosa da non ripetere. Ma i tempi cambiano», ha spiegato Dampier. Secondo i media britannici William sarebbe pronto a prendere il suo posto. L’ultima abdicazione risale al 1936, quando l’allora re Edoardo VIII rinunciò alla corona per sposare Wallis Simpson, attrice americana e divorziata. 

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Re Carlo ha il cancro, ma non alla prostata: il comunicato di Buckingham Palace https://urbanpost.it/re-carlo-cancro-no-prostata-comunicato/ Mon, 05 Feb 2024 18:22:31 +0000 https://urbanpost.it/?p=777544 Al re Carlo III è stata diagnosticata una forma di cancro. La dichiarazione arriva da Buckingham Palace. La diagnosi arriva dopo il trattamento per un ingrossamento della prostata. Al momento il Palazzo non ha confermato quale tipo di cancro abbia il sovrano. (l’articolo prosegue dopo le foto) Re Carlo ha il cancro, ma non alla… Leggi tutto »Re Carlo ha il cancro, ma non alla prostata: il comunicato di Buckingham Palace

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Al re Carlo III è stata diagnosticata una forma di cancro. La dichiarazione arriva da Buckingham Palace. La diagnosi arriva dopo il trattamento per un ingrossamento della prostata. Al momento il Palazzo non ha confermato quale tipo di cancro abbia il sovrano. (l’articolo prosegue dopo le foto)

Re Carlo ha il cancro, ma non alla prostata: il comunicato di Buckingham Palace

Re Carlo III ha un cancro, lo riferisce anche la «Bbc». A pochi giorni dall’operazione alla prostata subita dal sovrano 75enne britannico, i medici avrebbero scoperto il nuovo problema di salute. Un portavoce del Palazzo ha dichiarato: “Sua Maestà è stata curato per un ingrossamento benigno della prostata. È stato durante questo intervento che è stato notato il problema separato e successivamente diagnosticato come una forma di cancro. Questa seconda condizione riceverà ora un trattamento adeguato”. I medici hanno consigliato al monarca di sospendere qualsiasi incarico rivolto al pubblico. Nel comunicato di Buckingham Palace si legge: “Il Re è grato alla sua équipe medica per il loro rapido intervento, reso possibile grazie al suo recente intervento ospedaliero”. (l’articolo prosegue dopo le foto)

Gli ultimi aggiornamenti sulle condizioni di sua Maestà

“Rimane totalmente positivo riguardo al suo trattamento e non vede l’ora di tornare al pieno servizio pubblico il prima possibile. Sua Maestà ha scelto di condividere la sua diagnosi per prevenire speculazioni e nella speranza che possa aiutare la comprensione pubblica per tutti coloro in tutto il mondo che sono affetti da cancro”, si legge nelle battute finali del comunicato. Il re si è recato questa mattina, lunedì 5 febbraio 2024, da Sandringham a Londra per iniziare le cure ambulatoriali. Domenica, riferisce la «BBC», il re è stato visto durante una funzione religiosa proprio a Sandringham. Al sovrano sono già giunti messaggi di solidarietà. Il primo ministro Rishi Sunak, in un tweet su X, ha augurato a Carlo “un rapido e completo recupero. Non ho dubbi che tornerà pienamente in forma in breve tempo, e so che tutto il Paese gli augura il meglio”. Leggi anche: Sofia Goggia, infortunio in allenamento: intervento immediato, cosa dice il medico

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Tutte le (altre) guerre in Medio Oriente – SCHEDA https://urbanpost.it/tutte-le-guerre-in-medio-oriente-scheda/ Sun, 04 Feb 2024 17:19:22 +0000 https://urbanpost.it/?p=777441 Esteri, tutte le guerre in Medio Oriente. Non solo Israele e Palestina, Giordania, Siria e Libano del sud: nel teatro del Medio Oriente, che la storia recente ha consegnato come il più conflittuale del globo, le guerre si moltiplicano. E se le preoccupazioni e l’interesse dell’opinione pubblica occidentale, come ricorda il giornalista esperto di Medio… Leggi tutto »Tutte le (altre) guerre in Medio Oriente – SCHEDA

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conflitti in medio oriente houthi

Esteri, tutte le guerre in Medio Oriente. Non solo Israele e Palestina, Giordania, Siria e Libano del sud: nel teatro del Medio Oriente, che la storia recente ha consegnato come il più conflittuale del globo, le guerre si moltiplicano. E se le preoccupazioni e l’interesse dell’opinione pubblica occidentale, come ricorda il giornalista esperto di Medio Oriente Ugo Tramballi su ISPIonline, si concentrano sulla carneficina che si sta consumando tra israeliani e palestinesi, dallo Yemen al Belucistan, dalla Siria all’Iraq del nord altri focolai di guerra si diffondono con episodi sempre più gravi e preoccupanti. Li riassumiamo in questa scheda dettagliata.

Leggi anche: Biden dice che non c’è un’escalation della guerra in Medio Oriente, ma è davvero così?

guerre in medio oriente iran pakistan belucistan

La guerra tra Iran e Pakistan in Belucistan

Guerre in Medio Oriente, immaginiamo siano in pochi a conoscere il Belucistan anche solo come toponimo, prima ancora di saperlo individuare su una carta geografica. La regione del Belucistan copre oltre 347mila chilometri quadrati divisi attualmente su tre stati, Afghanistan, Iran e Pakistan. A nord si trova la linea Durand, che separa il Belucistan dall’Afghanistan; a ovest c’è il confine con l’Iran; mentre a nord ed a est si trova il fiume Indo, che separa quella regione rispettivamente da Sindh e Punjab; mentre, a sud, si trova il Mar Arabico, dove si trova lo Stretto di Hormuz, così prezioso nella geopolitica contemporanea per essere la rotta più vicina tra Medio Oriente e Asia Centrale.

Nel diciottesimo secolo la comunità di Baloch fu divisa e il suo territorio distribuito tra Iran, Afghanistan e quello che oggi conosciamo come Pakistan. Dopo che l’Impero britannico si ritirò dall’India e ebbe luogo la divisione del paese che portò alla formazione del Pakistan, immediatamente i pakistani annetterono il Belucistan. Dal 1949 iniziò la lotta dei Baluci per la loro indipendenza. Quello sforzo perdura ancora oggi ed è strettamente collegato ai nuovi scontri armati tra Iran e Pakistan nell’area di confine tra i due paesi.

Il 16 gennaio 2023 l’Iran ha compiuto alcuni attacchi aerei contro le basi del gruppo “terrorista” sunnita Jaish al-Adl, uno degli elementi della galassia irredentista dei beluci, in territorio pachistano. La reazione di Islamabad non si è fatta attendere e due giorni le forze armate pachistane hanno sferrato un attacco missilistico contri i “gruppi di terroristi” insediati a Saravan nella provincia iraniana del Sistan-Belucistan, al confine con il Pakistan, uccidendo almeno nove persone. Il governo pachistano, come ha riportato il collega Luca Miele su Avvenire, si è affrettato a precisare di aver portato a termine una “serie di attacchi militari di precisione altamente coordinati e mirati contro i nascondigli dei terroristi” e che l’iniziativa non rappresenta un attacco diretto all’Iran.

Perché questo improvviso incendio al confine tra Iran e Pakistan e il precipitare delle relazioni, peraltro mai buone, tra i due stati islamici dell’estremo Medio Oriente? L’iniziativa è partita dall’Iran: Teheran si sente sotto pressione e si mostra incapace di comprendere il complicato scenario in cui è maturato l’attentato suicida alla tomba del generale Solemaini, il “martire” della rivoluzione eliminato dagli Stati Uniti con un attacco aereo mirato all’aeroporto di Baghdad, il 2 gennaio 2020. Nonostante le rivendicazioni arrivate da Al-Qaeda, l’Iran ha deciso di mostrare i muscoli contro qualsiasi segnale di recrudescenza terroristica interna al paese. Ha quindi “puntato il dito e alzato gli aerei”, osserva Miele, contro il gruppo terroristico sunnita Jaish al-Adl, colpevole secondo l’Iran di aver attaccato ripetutamente le forze di sicurezza iraniane nella zona di confine con il Pakistan. Innescando, di fatto, un nuovo conflitto di area.

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Tutte le guerre in Medio Oriente: gli Houthi e l’escalation nel Mar Rosso

Gli Houthi, nati nello Yemen come movimento di revival culturale negli anni ’90 per la setta islamica zaydita, negli anni a seguire sono diventati via via sempre più frustrati dalla crescente importanza dell’Islam salafita dell’Arabia Saudita nel paese, fino a ritenere represso il loro patrimonio culturale e religioso. In trent’anni, dalla contestazione al regime Yemenita sotto molti aspetti, tra cui la dilagante corruzione, sono di fatto diventati un gruppo “ribelle” armato.

Il passo finale, è stata la scelta di cercare visibilità nello scenario geopolitico Mediorientale attaccando quello che più avevano a portata di mano, il traffico commerciale del Mar Rosso, pensando così di mettere in difficoltà crescente la catena delle alleanze saudita e di conseguenza il governo di Sana’a. Gli Houthi hanno ben assimilato e potenziato la strategia nota degli attacchi al naviglio commerciale ad opera dei pirati somali nel golfo di Aden. Attaccano navi occidentali, con obiettivo primario quelle che battono bandiera israeliana. Perché? Per emergere come attori protagonisti nello scenario del conflitto tra Israele e Palestina, ma anche per destabilizzare gli odiati Sauditi, nel momento in cui stanno cercando di accreditarsi come mediatori e stanno nornalizzando le relazioni con Tel Aviv.

In risposta alla guerra nella Striscia di Gaza, gli Houthi hanno iniziato a lanciare droni e missili contro Israele, dalle acque del Mar Rosso, utilizzando mezzi navali veloci di piccole dimensioni che gli osservatori più acuti notano somigliare molto a quelle dei Pasdaran iraniani attivi come componente d’assalto della marina di Teheran. La maggior parte è stata intercettata. Il 19 novembre 2023, gli Houthi hanno dirottato una nave commerciale nel Mar Rosso e da allora ne hanno attaccate più di due dozzine con droni, missili e motoscafi. Gli Houthi affermano di prendere di mira le navi di proprietà, battenti o gestite da Israele, o che sono dirette ai porti israeliani. Tuttavia, molte delle navi attaccate non hanno alcun legame con Israele. Hanno colpito anche navi statunitensi ed inglesi, innescando di fatto uno dei tanti conflitti in Medio Oriente, una nuova guerra di area che rischia di protrarsi per lungo tempo.

Nel Mar Rosso incrociano navi militari americane, britanniche e ora anche una missione navale della Ue, la “Aspides”, al momento condotta dalle navi da guerra italiane Martinengo e francese Languedoc, cui presto si aggiungerà anche la tedesca Hessen e una unità della Marina Greca, oltre a velivoli da ricognizione navale italiani che opereranno congiuntamente ai caccia Mirage francesi rischierati sulla base aerea di Gibuti. Ha detto il ministro della difesa italiano, Guido Crosetto: “La crisi del Mar Rosso va vista come effetto del conflitto in atto nella Striscia di Gaza, ma ha una portata molto più ampia. Siamo nel mezzo di un conflitto ibrido globale che si gioca contemporaneamente su più fronti in differenti parti del mondo, in Medio Oriente, nell’Indo-Pacifico e nella guerra tra Russia e Ucraina”. Riguardo agli Houthi, Crosetto ha reso pubbliche informazioni che i servizi di intelligence conoscono dall’inizio del nuovo fronte di crisi nel Mar Rosso: ” (Gli Houthi, ndr) Sono il gruppo più organizzato dell’entourage iraniano, molto più di Hezbollah, hanno capacità propria di produzione di armi, hanno resistito per anni agli attacchi di Arabia Saudita ed Emirati Arabi”. Al punto che “valgono dieci volte Hamas” e negli ultimi due mesi hanno sferrato oltre 30 attacchi contro mercantili in transito.

conflitti in medio oriente

Il sempiterno conflitto tra Curdi e Turchia

Tra i conflitti in Medio Oriente che durano da più tempo, merita di essere ricordato quello che vede protagonisti i Curdi, nell’incudine tra Turchia Siria e Iraq, nazioni in cui è diviso questo popolo decimato da decine di guerre, e il governo Turco. La guerra di Ankara contro i curdi della Siria, accusati di essere all’origine del dell’attività terroristica del PKK in Turchia, dura da decenni, l’ultimo episodio solo tre settimane fa. E’ di fatto un fronte mai chiuso delle guerre in Medio Oriente e certamente quello più sanguinoso per via della sua durata. Inoltre, la guerra di Ankara contro i Curdi non fa che alimentare lo scontro tra la stessa Turchia e la Siria, dove si rifugiano i gruppi curdi che a suo tempo hanno dato un notevole contributo alla guerra all’ISIS guidata degli Usa.

A differenza dei curdi iracheni, che da diverso tempo hanno una loro regione autonoma all’interno dell’Iraq (il Kurdistan Iracheno), i curdi siriani sono riusciti a ottenere una certa autonomia solo negli ultimi anni, dopo l’inizio della guerra in Siria, rafforzando il loro controllo sulla regione che abitano, il “Rojava”, versione breve di “Rojava Kurdistan” (cioè “Kurdistan occidentale”). Nel momento della loro massima espansione i curdi siriani controllavano buona parte del nord della Siria, da est a ovest, lungo il confine con la Turchia. “I curdi del PKK, e quindi anche i curdi siriani, non sono solo uno dei nemici del governo turco guidato dal presidente Recep Tayyip Erdoğan; sono il nemico per eccellenza, quello principale e da sconfiggere a ogni costo”, scriveva Il Post in un bell’approfondimento di qualche anno fa.

Lo scorso 13 gennaio 2024, la Turchia ha bombardato con le sue forze aeree diverse località presumibilmente legate a gruppi curdi in Siria e nel nord dell’Iraq, come rappresaglia per la morte di nove soldati turchi in Iraq avvenuta qualche giorno prima. Il ministero della Difesa turco ha affermato che gli attacchi hanno preso di mira 29 località, tra cui “grotte, bunker, rifugi e installazioni petrolifere” appartenenti al fuorilegge Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK) e alle Unità di protezione popolare (YPG), un gruppo curdo siriano che è stato un elemento centrale nella coalizione alleata degli Stati Uniti contro l’ISIS.

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Biden dice che non c’è un’escalation della guerra in Medio Oriente, ma è davvero così? https://urbanpost.it/guerra-in-medio-oriente-ultime-notizie-biden/ Sat, 03 Feb 2024 12:30:55 +0000 https://urbanpost.it/?p=777422 Ultime notizie esteri, guerra in Medio Oriente, oggi tutti i principali media occidentali non fanno che parlare degli attacchi Usa in Siria e Giordania in risposta all’uccisione di tre militari americani avvenuta proprio al confine tra i due paesi. E delle conseguenti dichiarazioni del Presidente americano Joe Biden, in visita ai familiari delle vittime in… Leggi tutto »Biden dice che non c’è un’escalation della guerra in Medio Oriente, ma è davvero così?

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joe biden

Ultime notizie esteri, guerra in Medio Oriente, oggi tutti i principali media occidentali non fanno che parlare degli attacchi Usa in Siria e Giordania in risposta all’uccisione di tre militari americani avvenuta proprio al confine tra i due paesi. E delle conseguenti dichiarazioni del Presidente americano Joe Biden, in visita ai familiari delle vittime in compagnia della first lady Jill. “Non c’è un’escalation della guerra in Medio Oriente”, ha detto Biden ai cronisti alla Dover Air Force Base nel Delaware. Ma le cose stanno davvero così? Facciamo un punto dettagliato della situazione.

Leggi anche: Tutte le (altre) guerre in Medio Oriente – SCHEDA

guerrra in medio oriente bombardamento americano in siria 2 febbraio 2024

Guerra in Medio Oriente, gli attacchi americani in risposta all’uccisione dei tre militari in Giordania

Gli Stati Uniti nella giornata di ieri hanno colpito in Siria ed Iraq obiettivi delle milizie filo-iraniane considerate responsabili dell’uccisione, nei giorni scorsi, di tre militari statunitensi al confine tra Giordania e Siria. I raid, che hanno visto anche l’impiego dei bombardieri strategici B-1, erano attesi da giorni e proseguiranno ancora rappresentando di fatto l’escalation della guerra in Medio Oriente negata da Joe Biden. “La nostra risposta continuerà nei tempi e nei modi che decideremo”, ha detto lo stesso numero uno della Casa Bianca in visita ai familiari dei militari americani uccisi.

 “Gli Stati Uniti hanno colpito unità iraniane d’elite e milizie alleate di Teheran in raid effettuati in Siria e Iraq:”, ha annunciato il Comando centrale militare americano, il Centcom, in un post su X, senza fornire il numero dei morti e sottolineando che le forze armate di Washington continueranno a colpire i miliziani filo-iraniani ancora per giorni. Il New York Times afferma che nei raid sono rimasti uccisi “almeno 18 membri di gruppi sostenuti dall’Iran” e che il ministero della Difesa siriano ha parlato di vittime “civili e militari”.

Gli attacchi sono stati condotti dall’Usaf con le sue punte di diamante, i bombardieri strategici B-1B “Lancer” in grado di colpire a lungo raggio anche con armi balistiche e munizioni guidate di precisione. Gli attacchi di venerdì 2 febbraio 2024 (notte tra venerdì e sabato in Italia) non hanno colpito alcun obiettivo all’interno dell’Iran. Sia la Casa Bianca che Teheran hanno chiarito nei giorni scorsi che non vogliono un conflitto diretto, ma l’escalation della guerra in Medio Oriente è un dato di fatto nonostante le parole controverse di Joe Biden. Infatti, ad ulteriore dimostrazione della capacità militare americana di colpire praticamente ovunque, i bombardieri strategici B-1 che hanno bombardato i miliziani filo-iraniani in Siria sono volutamente partiti dal territorio americano: sono decollati infatti decollati dalla base Usaf di Dyess, in Texas, per poi colpire dopo 9000 km di volo. La scelta di far partire i bombardieri dal suolo americano è stata motivata dal Centcom con la necessità di mantenere liberi i velivoli schierati dall’Usaf nelle basi del golfo per ulteriori attacchi. Tuttavia, ai più attenti a Teheran, il messaggio deve essere arrivato forte e chiaro.

Cosa ha detto Joe Biden a proposito della guerra in Medio Oriente

Guerra in Medio Oriente, il Presidente Usa Joe Biden ha fatto visita ai familiari dei tre militari americani uccisi nei giorni scorsi al confine tra Siria e Giordania le cui salme sono rientrate alla Dover Air Force Base nel Delaware. “I tre militari americani che abbiamo perso erano patrioti nel senso più alto del termine. E il loro ultimo sacrificio non sarà mai dimenticato dalla nostra nazione – aveva dichiarato il Presidente Usa in una nota ufficiale all’indomani dell’uccisione dei militari americani in Giordania. “Insieme, manterremo il sacro obbligo che abbiamo nei confronti delle loro famiglie. Ci sforzeremo di essere degni del loro onore e valore. Porteremo avanti il ​​loro impegno nella lotta al terrorismo. E non abbiate dubbi: chiederemo conto a tutti i responsabili nel momento e nel modo da noi scelti”. E così è stato.

Oggi Biden ha aggiunto diversi carichi pesanti al suo discorso, pur cercando di minimizzare affermando che la risposta a queste uccisioni deliberate di militari americani non sarebbe un’escalation della guerra in Medio Oriente. Gli Stati Uniti “non vogliono il conflitto in Medio Oriente o in qualsiasi altra parte del mondo. Ma – ha detto – tutti coloro che vogliono farci del male sappiano questo: se fate del male a un americano, reagiremo”.

Guerra in Medio Oriente Joe Biden rende omaggio ai militari americani uccisi in Siria 2 febbraio 2024

La questione Houthi e lo “scacco matto” nel Mar Rosso

Ma i fronti della guerra in Medio Oriente sono più d’uno, non si combatte solo tra Gaza, Libano meridionale, Siria, Giordania e Iraq, Il nuovo fronte aperto nel Mar Rosso dai “ribelli” Houthi filo-iraniani dello Yemen, è una ferita forse ancora più profonda per le implicazioni sul commercio globale: potrebbe rappresentare un vero e proprio “scacco matto” alla strategia americana nel’area. I ribelli Houthi sono una delle due principali fazioni che controllano il territorio nel mezzo della guerra civile in corso nello Yemen, in cui si scontrano gli interessi delle due potenze regionali contrapposte (Arabia Saudita e Iran, insomma). Attualmente gli Houthi controllano la costa occidentale del paese, compresa la capitale Sana’a, e quindi l’affaccio sul Mar Rosso.

Gli Houthi hanno portato a segno decine di attacchi a navi commerciali nel Mar Rosso, in corrispondenza dello stretto passaggio tra questo e il Golfo di Gibuti, costringendo prima Usa e Gran Bretagna, quindi poi anche l’Unione Europea (Italia inclusa, la cui fregata Martinengo prenderà presto il comando della missione “Aspides”), all’invio di navi militari per garantire l’incolumità del proprio naviglio merci e la tutela dell’importantissima rotta commerciale.

Ma perché gli Houthi attaccano le navi da trasporto occidentali nel Mar Rosso? Secondo gli analisti dell’intelligence militare americana lo fanno su espressa indicazione dell’Iran, per aprire appunto un nuovo fronte in grado di destabilizzare l’intervento degli Usa nei conflitti mediorientali. Altri osservatori, invece, sono di tutt’altra opinione. “Hanno una relazione e il sostegno dell’Iran, ma non sono un diretto rappresentante degli interessi iraniani. Hanno i loro interessi definiti a livello locale e quindi penso che le loro azioni negli ultimi due mesi lo abbiano riflesso”, sostiene Stacey Philbrick Yadav, professore di Relazioni internazionali allo Hobart and William Smith Colleges in una recente intervista a Time Magazine.

In realtà, secondo altri analisti, agli Houthi interesserebbe di più destabilizzare gli “odiati Sauditi” nel momento in cui cercano di normalizzare i propri rapporti con Israele e di ritagliarsi un ruolo determinante nello scongiurare un’escalation della guerra in Medio Oriente e in particolare del conflitto tra Gerusalemme e Gaza. E in questo gli attacchi verso le navi occidentali sarebbero un’arma potentissima, anche mediatica, per far guadagnare consensi al campo opposto, quello filo-Hamas. Agli Houthi e al loro ruolo nella guerra in Medio Oriente dedicheremo nei prossimi giorni un approfondimento esclusivo.

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Ilaria Salis, ultimissime: ecco su che cosa si discute per il rientro in Italia https://urbanpost.it/ilaria-salis-ultimissime-rientro-in-italia/ Fri, 02 Feb 2024 17:47:12 +0000 https://urbanpost.it/?p=777414 Ilaria Salis, ultimissime – Giorgia Meloni è intervenuta pubblicamente sulla vicenda di Ilaria Salis. La premier lo ha fatto da Bruxelles, dove i capi di governo dell’Ue hanno raggiunto un’intesa per destinare altri 50 miliardi di euro di aiuti all’Ucraina, vincendo la resistenza dell’ungherese Viktor Orban. Commentando le immagini choc di Ilaria Salis in tribunale con le mani e… Leggi tutto »Ilaria Salis, ultimissime: ecco su che cosa si discute per il rientro in Italia

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Ilaria Salis, ultimissime – Giorgia Meloni è intervenuta pubblicamente sulla vicenda di Ilaria Salis. La premier lo ha fatto da Bruxelles, dove i capi di governo dell’Ue hanno raggiunto un’intesa per destinare altri 50 miliardi di euro di aiuti all’Ucraina, vincendo la resistenza dell’ungherese Viktor Orban. Commentando le immagini choc di Ilaria Salis in tribunale con le mani e i piedi legati, Meloni ha detto che ciò «accade in diversi Paesi, anche occidentali». Non una condanna vera e propria, a dire il vero, quella della leader di FdI, che ha poi aggiunto: «Non è nostro costume, sono certo immagini che impattano, ma in altri Stati sovrani funziona così». Meloni ha fatto sapere di aver chiesto ad Orban che alla Salis sia riservato «un trattamento di dignità, rispetto e un giusto processo». C’è possibilità che la maestra milanese torni in Italia? Un suo trasferimento agli arresti domiciliari a Budapest potrebbe essere il primo passo per farla rientrare nel nostro Paese. Leggi anche: Chi è Ilaria Salis, la maestra detenuta in Ungheria: di cosa è accusata esattamente

Ilaria Salis, ultimissime: su che cosa si tratta per il rientro in Italia

La strategia del governo per risolvere il caso di Ilaria Salis si muove sul filo della diplomazia e delle norme internazionali. Un percorso tortuoso, come confermano le parole di Zoltan Kovacs, portavoce del primo ministro ungherese Viktor Orban: “I reati in questione sono gravi, sia in Ungheria che a livello internazionale. Le misure adottate nel procedimento sono previste dalla legge e adeguate alla gravità dell’accusa del reato commesso”. Come scrive «Il Corriere Della Sera», qualcosa a Roma si sta già muovendo. L’ipotesi, rivela il giornalista Giovanni Bianconi, è “di attendere la fine del dibattimento per scontare l’eventuale condanna in Italia come previsto negli accordi tra paesi dell’Unione europea, o dopo un’espulsione a seguito del verdetto, prevede tempi troppo lunghi. Alla prossima udienza, fissata a maggio, saranno ascoltati i primi testimoni, poi toccherà ai periti e sono state già fissate udienze nel prossimo autunno per visionare e valutare i video che sono il cuore delle prove portate dall’accusa”. La sentenza comunque non potrà arrivare prima della fine dell’anno o nel corso del 2025. (continua a leggere dopo le foto)

Ilaria Salis, ultimissime: ci si muove sul filo della diplomazia e delle norme internazionali

Sempre «Il Corriere della Sera» racconta che con l’avvocato Losco c’è il suo collega Gyorgy Magyar e i due starebbero studiando una strada: “Chiedere gli arresti domiciliari cautelari (cioè a processo in corso) in Italia, sulla base di altre Direttive e accordi europei. Che in realtà parlano di condannati, non di imputati, ma secondo la più recente giurisprudenza italiana si possono applicare anche ai detenuti in attesa di giudizio”. In questo caso decisivo sarebbe l’intervento del ministro della giustizia italiano. (continua a leggere dopo le foto)

Spunta l’ipotesi del braccialetto elettronico

Dopo tre istanze rigettate dall’Ungheria con la motivazione del pericolo di fuga di Ilaria Salis, i legali sono in attesa di un supporto da allegare ad una nuova domanda di domiciliari cautelari; così da poter offrire alla magistratura, garanzie che possano superare i motivi dei rifiuti precedenti. «Il Corriere» specifica in tal senso: “Roma potrebbe assicurare, con una nota scritta, che qualora fossero concessi i domiciliari cautelari non ci sarebbero pericoli di fuga dell’imputata, né di una sua mancata partecipazione al processo. In Italia le si potrebbe infatti applicare il ‘braccialetto elettronico’ per scongiurare tentativi di evasione, e la donna potrebbe essere tradotta in Ungheria ogni volta che fosse richiesta la sua presenza fisica in udienza”. Leggi anche: Ilaria Salis, lettera choc dal carcere di Budapest: sevizie e dettagli raccapriccianti

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Ilaria Salis, lettera choc dal carcere di Budapest: sevizie e dettagli raccapriccianti https://urbanpost.it/ilaria-salis-lettera-choc-carcere-budapest/ Thu, 01 Feb 2024 09:13:08 +0000 https://urbanpost.it/?p=777265 Le immagini di qualche giorno fa di Ilaria Salis in un’aula di tribunale con mani e piedi legati hanno fatto il giro del mondo. Un trattamento che le è stato riservato dalle autorità ungheresi ad ogni trasferimento, secondo quanto riportato da «Il Corriere della Sera», che menziona una lettera della militante antifascista milanese: «Qui ti… Leggi tutto »Ilaria Salis, lettera choc dal carcere di Budapest: sevizie e dettagli raccapriccianti

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Le immagini di qualche giorno fa di Ilaria Salis in un’aula di tribunale con mani e piedi legati hanno fatto il giro del mondo. Un trattamento che le è stato riservato dalle autorità ungheresi ad ogni trasferimento, secondo quanto riportato da «Il Corriere della Sera», che menziona una lettera della militante antifascista milanese: «Qui ti mettono un cinturone di cuoio con una fibbia a cui legano le manette». A tutto ciò si aggiungerebbero «due cavigliere di cuoio chiuse con due lucchetti». E poi l’insopportabile «guinzaglio» legato ad un polso, tenuto all’altra estremità da un agente per tutta la durata dell’udienza. La maestra ora chiede aiuto ai legali italiani, ma invita tutti alla prudenza: «Bisogna stare attenti che un’azione intrapresa a mio favore non abbia effetti indesiderati: non vorrei essere trasferita in un carcere magari più nuovo ma fuori città perché sarebbe più complicato per gli avvocati e per la mia famiglia farmi visita». C’è di più, la donna teme anche delle pesanti «ritorsioni» finché si trova a Budapest. Leggi anche: Chi è Ilaria Salis, la maestra detenuta in Ungheria: di cosa è accusata esattamente

Ilaria Salis e la lettera dal carcere di Budapest: condizioni inaccettabili

La lettera, pubblicata ieri, mercoledì 31 gennaio 2024, dal Tg La7, era stata scritta il 2 ottobre scorso ed era rivolta ad un ex politico italo-ungherese che ora lavora al consolato italiano: lo scopo di Ilaria Salis era di farla avere al suo avvocato italiano, Eugenio Losco, che fino ad allora non aveva mai potuto vedere per un colloquio. La missiva, che possiamo definire anche memoriale, oltre a denunciare la situazione di degrado in cui versa Ilaria Salis, proverebbe che le autorità italiane almeno da ottobre erano state informate delle condizioni della maestra. Dopo l’arresto nel febbraio del 2023, Salis scriveva: «Sono stata costretta a rivestirmi con abiti sporchi, malconci e puzzolenti che mi hanno fornito in questura e a indossare un paio di stivali con i tacchi a spillo che non erano della mia taglia».

Misure incompatibili con uno stato democratico

Salis ha spiegato anche di essere stata spinta a restare con quegli abiti per circa «cinque settimane» e ha affermato anche di essere rimasta per altrettante «senza ricevere il cambio lenzuola». Per i primi 3 mesi di detenzione la donna ha dichiarato di essere stata tormentata «dalle punture delle cimici da letto. Oltre alle cimici, nelle celle e nei corridoi è pieno di scarafaggi. Nei corridoi esterni spesso si aggirano topi». Condizioni inaccettabili, misure incompatibili con uno Stato democratico. (continua a leggere dopo le foto)

Ilaria Salis e la lettera dal carcere di Budapest: «Nel cibo pezzi di plastica e capelli»

Ilaria Salis ha denunciato nella lettera anche di aver chiesto più volte gli «strumenti per pulire (mocio, paletta, secchio, scopetta per il wc)», ma di non averli mai ricevuti. C’è poi il problema della cella, le porte restano chiuse «23 ore su 24»: «Le due finestre si aprono solo di qualche centimetro. E qui si sta in cella completamente chiusa, compreso lo sportellino ad altezza cintura da cui ti passano il cibo». E ancora: «C’è una sola ora d’aria al giorno e la socialità non esiste. Tutte le mattine ci svegliamo alle 5:30. Ogni volta che dobbiamo sostare in corridoio dobbiamo stare rivolte verso il muro». Il solo modo di sopravvivere in cella è affidarsi a quanto le danno in carcere. Lei al momento, infatti, non ha denaro: «Il carrello passa per la colazione e per il pranzo ma non per la cena». A colazione «una fetta di salume, spesso in cattivo stato». A pranzo due piatti, «sabato e la domenica solo uno». Si parla di «brodi e zuppe molto acquose. Ma dove in compenso spesso si trovano pezzi di carta e di plastica, capelli o peli». In cella non è consentito cucinare, contrariamente a quanto avviene nel nostro paese e nei «pacchi» che arrivano dall’esterno possono esserci solo beni comprati nello «shop del carcere». (continua a leggere dopo le foto)

«Ho un nodulo al seno e non mi danno il referto»

Prima di essere arrestata, in Italia, Ilaria Salis era stata visitata per un «nodulo benigno» che i medici le avevano comunque consigliato di tenere sotto controllo. Da qui la richiesta del suo legale alle autorità competenti affinché venisse sottoposta a una ecografia. L’esame è stato effettuato «a metà giugno, in un ambulatorio»: «La dottoressa mi ha detto a voce che andava tutto bene. E che non dovrei svolgere ulteriori controlli, il che mi è sembrato strano, visto che diversi dottori in Italia mi hanno raccomandato di farli periodicamente». Leggi anche: Liliana Segre racconta Auschwitz: ecco come è riuscita a sopravvivere

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