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Ilaria Salis, lettera choc dal carcere di Budapest: sevizie e dettagli raccapriccianti

01/02/2024 10:13

Le immagini di qualche giorno fa di Ilaria Salis in un’aula di tribunale con mani e piedi legati hanno fatto il giro del mondo. Un trattamento che le è stato riservato dalle autorità ungheresi ad ogni trasferimento, secondo quanto riportato da «Il Corriere della Sera», che menziona una lettera della militante antifascista milanese: «Qui ti mettono un cinturone di cuoio con una fibbia a cui legano le manette». A tutto ciò si aggiungerebbero «due cavigliere di cuoio chiuse con due lucchetti». E poi l’insopportabile «guinzaglio» legato ad un polso, tenuto all’altra estremità da un agente per tutta la durata dell’udienza. La maestra ora chiede aiuto ai legali italiani, ma invita tutti alla prudenza: «Bisogna stare attenti che un’azione intrapresa a mio favore non abbia effetti indesiderati: non vorrei essere trasferita in un carcere magari più nuovo ma fuori città perché sarebbe più complicato per gli avvocati e per la mia famiglia farmi visita». C’è di più, la donna teme anche delle pesanti «ritorsioni» finché si trova a Budapest. Leggi anche: Chi è Ilaria Salis, la maestra detenuta in Ungheria: di cosa è accusata esattamente

Ilaria Salis e la lettera dal carcere di Budapest: condizioni inaccettabili

La lettera, pubblicata ieri, mercoledì 31 gennaio 2024, dal Tg La7, era stata scritta il 2 ottobre scorso ed era rivolta ad un ex politico italo-ungherese che ora lavora al consolato italiano: lo scopo di Ilaria Salis era di farla avere al suo avvocato italiano, Eugenio Losco, che fino ad allora non aveva mai potuto vedere per un colloquio. La missiva, che possiamo definire anche memoriale, oltre a denunciare la situazione di degrado in cui versa Ilaria Salis, proverebbe che le autorità italiane almeno da ottobre erano state informate delle condizioni della maestra. Dopo l’arresto nel febbraio del 2023, Salis scriveva: «Sono stata costretta a rivestirmi con abiti sporchi, malconci e puzzolenti che mi hanno fornito in questura e a indossare un paio di stivali con i tacchi a spillo che non erano della mia taglia».

Misure incompatibili con uno stato democratico

Salis ha spiegato anche di essere stata spinta a restare con quegli abiti per circa «cinque settimane» e ha affermato anche di essere rimasta per altrettante «senza ricevere il cambio lenzuola». Per i primi 3 mesi di detenzione la donna ha dichiarato di essere stata tormentata «dalle punture delle cimici da letto. Oltre alle cimici, nelle celle e nei corridoi è pieno di scarafaggi. Nei corridoi esterni spesso si aggirano topi». Condizioni inaccettabili, misure incompatibili con uno Stato democratico. (continua a leggere dopo le foto)

Ilaria Salis e la lettera dal carcere di Budapest: «Nel cibo pezzi di plastica e capelli»

Ilaria Salis ha denunciato nella lettera anche di aver chiesto più volte gli «strumenti per pulire (mocio, paletta, secchio, scopetta per il wc)», ma di non averli mai ricevuti. C’è poi il problema della cella, le porte restano chiuse «23 ore su 24»: «Le due finestre si aprono solo di qualche centimetro. E qui si sta in cella completamente chiusa, compreso lo sportellino ad altezza cintura da cui ti passano il cibo». E ancora: «C’è una sola ora d’aria al giorno e la socialità non esiste. Tutte le mattine ci svegliamo alle 5:30. Ogni volta che dobbiamo sostare in corridoio dobbiamo stare rivolte verso il muro». Il solo modo di sopravvivere in cella è affidarsi a quanto le danno in carcere. Lei al momento, infatti, non ha denaro: «Il carrello passa per la colazione e per il pranzo ma non per la cena». A colazione «una fetta di salume, spesso in cattivo stato». A pranzo due piatti, «sabato e la domenica solo uno». Si parla di «brodi e zuppe molto acquose. Ma dove in compenso spesso si trovano pezzi di carta e di plastica, capelli o peli». In cella non è consentito cucinare, contrariamente a quanto avviene nel nostro paese e nei «pacchi» che arrivano dall’esterno possono esserci solo beni comprati nello «shop del carcere». (continua a leggere dopo le foto)

«Ho un nodulo al seno e non mi danno il referto»

Prima di essere arrestata, in Italia, Ilaria Salis era stata visitata per un «nodulo benigno» che i medici le avevano comunque consigliato di tenere sotto controllo. Da qui la richiesta del suo legale alle autorità competenti affinché venisse sottoposta a una ecografia. L’esame è stato effettuato «a metà giugno, in un ambulatorio»: «La dottoressa mi ha detto a voce che andava tutto bene. E che non dovrei svolgere ulteriori controlli, il che mi è sembrato strano, visto che diversi dottori in Italia mi hanno raccomandato di farli periodicamente». Leggi anche: Liliana Segre racconta Auschwitz: ecco come è riuscita a sopravvivere