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Zangrillo: “Il virus si batte con cure corrette e tempestive, non con misure coercitive”

11/01/2021 10:33 - Aggiornamento 11/01/2021 10:46

Zangrillo Covid: mantenere i “nervi saldi” per  convivere con il Sars-CoV-2, il coronavirus. E monitorare con attenzione quello che succede negli ospedali, tenendo presente che “un elevato numero di contagi non si traduce necessariamente in un’emergenza sanitaria”. Alberto Zangrillo, primario di terapia intensiva e rianimazione dell’Irccs San Raffaele di Milano e prorettore dell’università Vita-Salute rompe il silenzio stampa dietro cui si era trincerato dopo le polemiche sulle sue esternazioni considerate da molti “contraddittorie”. Il medico milanese chiarisce all’Adnkronos Salute il suo pensiero su quanto potrebbe accadere nei prossimi giorni sulla base delle regole proposte dall’Istituto superiore di sanità (Iss).

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Zangrillo Covid

“Le misure coercitive dovrebbero scattare solo in casi estremi, non preventivamente”

Zangrillo parte subito dall’argomento più delicato e contestato, le restrizioni personali che sono rimaste finora il principale strumento per cercare di arginare la pandemia. “Sulla base di questo, quindi – spiega Zangrillo – fra i diversi fattori su cui si può agire per mitigare l’incidenza di casi gravi di Covid-19, l’applicazione di una “misura coercitiva su base cromatica” dovrebbe scattare “solo in casi estremi”, non preventivamente.  Zangrillo sviluppa un ragionamento molto chiaro per contestare l’impostazione del nuovo Dpcm in arrivo, che potrebbero far scattare già da subito la zona rossa in diverse regioni d’Italia, come per esempio la Lombardia.

Ma qual è la situazione oggi? “Io lavoro e osservo: le strutture sanitarie della mia regione non sono in sofferenza. Dal 22 dicembre – spiega Zangrillo – nel mio ospedale ricoveriamo una media di 4 pazienti Covid al giorno. I medici sul territorio fanno la loro parte e purtroppo continuano a morire molte persone indipendentemente dall’infezione virale”, fa notare Zangrillo.

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Zangrillo Covid: “Un elevato numero di contagi non si traduce necessariamente in un’emergenza sanitaria”

E riguardo alla possibilità che si entri automaticamente in zona rossa con 250 nuovi contagiati per 100.000 abitanti lo specialista obietta: “Io sono un povero medico ospedaliero che si preoccupa di gestire con tempestività e qualità la diagnosi e la terapia della patologia. Ma credo che la mitigazione dell’incidenza di patologie gravi da infezione virale dipenda nell’ordine: da cure corrette e tempestive, dalla responsabilità di ognuno e solo in casi estremi si debba applicare la misura coercitiva su base cromatica”.

Quindi, conclude l’esperto, “un elevato numero di contagi non si traduce necessariamente in un’emergenza sanitaria. Convivere con i virus, non con il virus richiede: nervi saldi, grande attenzione ai numeri della clinica, profilassi vaccinale con un piano realistico e non utopistico, credere nell’azione di un sistema sanitario che si occupi con tempestività e rigore di tutte le patologie. Basta con i titoli ad effetto dei media che servono solo a disorientare, spaventare e proporre banalità”. >> Le notizie sul coronavirus