Alex Zanardi come sta oggi. Terza notte trascorsa in terapia intensiva per Alex Zanardi al policlinico di Siena, dove si trova ricoverato da venerdì sera dopo l’intervento neurochirurgico per i traumi al cranio e al volto riportati a seguito dell’incidente con l’handbike contro un tir lungo la stra provinciale 146 nel comune di Pienza (Si). “Non si sono registrate novità significative”, fanno sapere i medici dell’ospedale Misericordia. Le condizioni di Zanardi anche se stabili restano gravi. L’ex pilota di Formula 1 continua ad essere tenuto in coma farmacologico. Un nuovo bollettino medico sarà emesso oggi intorno alle 12.
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Alex Zanardi come sta oggi: un’imprudenza fatale forse all’origine dell’incidente
Intanto sul fronte dell’inchiesta sull’incidente in cui è rimasto coinvolto l’ex stella dell’automobilismo, spunta l’ipotesi di un’imprudenza fatale. Lo riferisce l’agenzia Adnkronos, secondo cui Alex Zanardi avrebbe avuto un momento di distrazione fatale. Al vaglio degli investigatori tra le possibili concause dell’incidente vi sarebbe infatti l’uso del telefonino che sarebbe stato utilizzato dall’atleta per riprendere la Val d’Orcia. Ipotesi che sarebbe suffragata anche da un testimone.
“Tu pensa il fato. Alex quella tappa non doveva neanche correrla, non era in programma. Ma si è lasciato coinvolgere dall’entusiasmo dei ragazzi. Ora, se esiste un Dio, che compia un altro miracolo per favore e lo aiuti subito”. Lo afferma, in un’intervista a ‘la Repubblica’, Piero Dainese, direttore sportivo di ‘Obiettivo3’, la squadra di Zanardi. Dainese ha anche replicato alle accuse rivolte alla sua organizzazione. “Per chi ci accusa, chi parla di gara, comunicazioni a sindaci, scorte o permessi mancanti, vorrei dire che non ha alcun senso metterci alla gogna: la nostra era solo una biciclettata da bar fra amici. Non c’era bisogno della scorta. Sappiamo perfettamente cosa vuol dire organizzare una gara. Alex è il primo a rispettare le regole”.
Dainese insiste, Alex quella tappa non doveva correrla: “No, non era in programma, non quel pezzo di strada. Ma era lì e si è lasciato coinvolgere dall’entusiasmo dei nostri atleti e così ha deciso di esserci per onorare il messaggio che volevamo mandare con la staffetta”.
“Non avevamo il dovere di avvertire nessuno”
Sulla tappa “non avevamo il dovere di avvertire nessuno, era solo una passeggiata in bicicletta fra amici. Avevamo due soli regolamenti da rispettare, quello stradale e quello del Covid. Dunque per favore non parlate di scorte o permessi mancanti. Io le organizzo le gare paralimpiche, so cosa vuol dire fare un circuito, avere permessi, ambulanza, sicurezza, giudici di gara. Questa cosa era l’opposto, solo una scampagnata. Ma essendoci di mezzo un campione famoso come Alex ed essendo accaduta questa tragedia, ora partono accuse, magistratura, clamore. E questo ci fa male”. >> Le breaking news di UrbanPost